Caso Cabinet-Diot

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Strasburgo) sentenza del 22 luglio  2003, caso Cabinet Diot e  Gras Savoye  contro Francia , ricorsi  n. 49217/1999 e 49218/1999. Diritto di credito al rimborso dell’I.V.A., conseguente al mancato adeguamento dello Stato ad una  direttiva comunitaria. Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n.1 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Ingerenza nel diritto al rispetto dei beni.Sussistenza.

 

Considerato che l’ordinamento giuridico comunitario prevede in genere  il diritto del contribuente di ottenere il rimborso delle somme percepite da uno Stato membro dell’Unione Europea  in violazione delle regole del diritto comunitario (segnatamente la sesta direttiva del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE nel suo articolo 13-B-a), il giudice nazionale che neghi al contribuente detto rimborso, infrange il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui, segnatamente il diritto al rispetto dei beni garantito dall’articolo 1 del Protocollo n° 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.

 

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO (Strasburgo) , sez. II, Presidente Baka, sentenza del 22 luglio  2003, caso Cabinet Diot e  Gras Savoye  contro Francia , ricorsi  n. 49217/1999 e 49218/1999.

(sintesi a cura dell’avv. Maurizio de Stefano)

Violazione del diritto di proprietà in conseguenza dell’indebito versamento dell’I.V.A.

Le ricorrenti società Cabinet Diot e  Gras Savoye, sono mediatori d’assicurazione con sede rispettivamente a Parigi ed a  Neuilly-sur-Seine in Francia.

La loro attività commerciale fu sottoposta alla tassazione dell’I.V.A. (Imposta sul Valore Aggiunto) per l’anno 1978. Le disposizioni della sesta direttiva del Consiglio delle Comunità Europee, in data 17 maggio 1977, nel suo articolo 13-B-a « esoneravano le operazioni d’assicurazione e riassicurazione, ivi comprese le prestazioni di servizio afferenti a quelle operazioni effettuate dai mediatori e dagli intermediari di assicurazione». Esse dovevano entrare in vigore dal 1° gennaio 1978.

Il 30 giugno 1978, la nona direttiva del Consiglio delle Comunità Europee, in data 26 giugno 1978, fu notificata allo Stato francese. Questa nona direttiva accordava alla Francia un termine supplementare per l’attuazione delle disposizioni dell’articolo 13-B-a della sesta direttiva del 1977, fino al 1° gennaio 1979. Non avendo una tale direttiva effetto retroattivo, la sesta direttiva doveva perlomeno applicarsi dal 1° gennaio al 30 giugno 1978.

Le ricorrenti, fondandosi sul testo della sesta direttiva, chiesero la restituzione dell’imposta indebitamente versata per il periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 30 giugno 1978, non comportando, la nona direttiva, alcun effetto retroattivo.

 Ella invocò egualmente la responsabilità dello Stato che, non avendo adeguato il diritto francese alla sesta direttiva entro il termine da questa previsto, aveva commesso una mancanza di natura tale da arrecarle un pregiudizio pari all’ammontare dell’imposta versata. Ella chiese la restituzione dell’ammontare dell’imposta versata o almeno della somma afferente al periodo che va dal 1 gennaio 1978 alla data di entrata in vigore della direttiva.

Il Tribunale amministrativo  e poi il Consiglio di Stato  rigettarono le domande attrici, rilevando che le direttive della Comunità europea non possono essere invocate per opporsi  direttamente ad una disposizione di diritto nazionale.

Invocando  l’articolo 1 del  Protocollo n° 1 (rispetto dei beni) alla Convenzione, le società ricorrenti lamentavano davanti alla Corte Europea di non aver ottenuto il rimborso dell’I.V.A. pagata con riferimento all’anno 1978.

Facendo riferimento alla propria giurisprudenza (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Strasburgo) CASO DANGEVILLE  contro FRANCIA . SENTENZA del 16 aprile 2002, ricorso n. 36677/97.) , la Corte osserva che le ricorrenti  beneficiavano di un credito verso lo Stato in ragione dell’IVA indebitamente versata per il periodo che va dal primo gennaio al 30 giugno 1978 e che comunque esse avevano almeno una legittima speranza di poterne ottenere il rimborso .

 L’ingerenza sui beni delle ricorrenti non rispondeva alle esigenze dell’interesse generale.

Sia l’aver fatto venir meno il credito delle ricorrenti nei confronti dello Stato che l’assenza di procedimenti interni offrenti un rimedio sufficiente per assicurare la protezione del diritto al rispetto dei beni hanno rotto il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.

Pertanto, la Corte Dichiara all’unanimità che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n.1 ;

 

A titolo di equa riparazione la Corte  Dichiara che lo Stato convenuto deve versare 102.807,50 EUR alla  società  Cabinet Diot e  275.991,57 EUR alla  società  Gras Savoye, oltre a 15.244,90 EUR a ciascuna di esse per spese legali.