Caso Marshall

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
CASO MARSHALL contro REGNO UNITO
DECISIONE del 10 luglio 2001 SULLA RICEVIBILITA’ del Ricorso n° 41571/98

- NON ammissibilità dell’ esame nel merito, della violazione allegata dal ricorrente circa la sua detenzione di sei giorni senza le condizioni dell’articolo 5 § 3 della Convenzione, in ipotesi di deroga ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione.

 

La decisione così motiva
(traduzione non ufficiale a cura del dott. Carlo Corazza )
QUARTA SEZIONE
DECISIONE SULLA RICEVIBILITÀ
Del ricorso n° 41571/98
presentato da Gary MARSHALL 
contro REGNO UNITO

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo (seconda sezione), riunitasi il 10 luglio 2001 in una camera composta da
G. RESS, Presidente, I. CABRAL BARRETO, Nicolas BRATZA, V. BUTKEVYCH, J. HEDIGAN, M. PELLONPÄÄ, S. BOTOUCHAROVA, giudici e V. BERGER, cancelliere di sezione,
Visto il ricorso di cui sopra presentato presso la Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo il 5 Marzo 1998 e registrato il 9 Giugno del 1998,
Visto l’Articolo 5 § 2 del Protocollo n. 11 della Convenzione, per cui la competenza ad esaminare il ricorso stesso è stato trasferito alla Corte,
Viste le osservazioni presentate dal Governo convenuto e le osservazioni in replica presentate dal ricorrente,
Dopo averla deliberata, rende la seguente decisione:

I FATTI

Il ricorrente, Sig. Gary Marshall, è di nazionalità Irlandese, è nato nel 1968 e risiede in Lurgan, Irlanda del Nord. Egli è rappresentato davanti alla Corte dal Sig. Paul Mageean, un avvocato del Comitato di Amministrazione della Giustizia, una organizzazione non governativa che ha sede a Belfast, Irlanda del Nord. Il Governo è rappresentato dal suo Agente, Sig. C. Whomersley, del Ministero degli Esteri e Commonwealth, Londra.

A. Circostanze del caso

I fatti del caso, secondo quanto esposto dalle parti, possono essere riassunti come segue.
Il 21 Febbraio del 1998, all’incirca alle 15,15 il ricorrente fu arrestato secondo quanto stabilito dalla Legge di Prevenzione del Terrorismo, sezione 14 (Misure Provvisorie), del 1989 (“la Legge del 1989”), dalla polizia militare accompagnata da un ufficiale della Royal Ulster Constabulary (“RUC”). Il ricorrente fu tradotto al Centro di Detenzione Castlereagh a Belfast, dove fu interrogato circa il suo coinvolgimento in gravi attività paramilitari comportanti anche il rapimento e l’assassinio di un uomo.
Il mattino del 23 Febbraio 1998 fu presentata al Segretario di Stato, secondo il dettato della sezione 14(5) della Legge del 1989, una richiesta di proroga della detenzione del ricorrente di ulteriori tre giorni. Notizia della richiesta fu data al ricorrente, il quale consultò il proprio avvocato secondo i termini della richiesta stessa. Nessuna protesta fu presentata dall’interessato al Segretario di Stato, il quale concesse la richiesta di proroga.
Alle 11,40 del 26 Febbraio 1998 al ricorrente fu comunicato che era stata presentata al Segretario di Stato un’ulteriore richiesta di proroga della carcerazione per un periodo di quarantotto ore, al fine di verificare l’attendibilità dell’alibi che il ricorrente aveva menzionato durante l’interrogatorio e di attendere i risultati dei test della polizia scientifica. Nessuna rimostranza fu presentata dal ricorrente al Segretario di Stato, il quale concesse la richiesta di proroga.
Il 27 Febbraio del 1998 alle 17,05 il ricorrente fu rilasciato senza accusa. Il suo periodo di detenzione dal momento dell’arresto era stato di sei giorni, un’ora e quindici minuti.
Durante la detenzione il ricorrente non fu mai portato davanti ad un’autorità giudiziaria. Durante tutto il periodo di detenzione il ricorrente fu messo in condizione di contattare un avvocato anche prima dell’inizio di ogni interrogatorio. Il ricorrente vide il suo avvocato in dieci occasioni durante la sua detenzione. La sua detenzione durante le prime quarantotto ore fu regolarmente verbalizzata da un ufficiale superiore di polizia non direttamente coinvolto nel caso, così come richiesto dalla Legge del 1989 e dal Codice di Procedura emanato sotto la sezione 52 della Legge per il Nord Irlanda ( Misure di Emergenza) del 1996.
Il ricorrente ha richiamato l’attenzione, nelle sue osservazioni in replica a quelle del Governo, sul suo reclamo circa i commenti ingiuriosi ed intimidatori degli ufficiali di polizia nei confronti del suo avvocato durante la detenzione e sul fatto che questa fu successivamente assassinata il 15 Marzo del 1999. Il ricorrente critica inoltre l’austerità delle condizioni di detenzione nel Centro di Castlereagh dove fu detenuto.

B. Diritto interno ed internazionale e prassi pertinenti 

Nella sua sentenza Brogan e altri c. Regno Unito (29 Novembre 1998, serie A, n.145), la Corte stabilì che vi era stata una violazione dell’Articolo 5 § 3 della Convenzione nel caso di tutti e quattro i ricorrenti , che erano stati detenuti secondo la sezione 12 della Legge di Prevenzione del Terrorismo del 1984, normativa precedente alla sezione 14 della Legge del 1989. I ricorrenti erano stati trattenuti in detenzione per un periodo di circa sei giorni e sedici ore e mezza e quattro giorni e sei ore senza essere stati condotti davanti ad un’autorità giudiziaria. La Corte stabilì che anche il più breve dei periodi di detenzione, ovvero quello di quattro giorni e sei ore, oltrepassava le rigide limitazioni di tempo allora permesse dalla prima parte dell’Articolo 5 § 3. Dal punto di vista della Corte, l’indubbio fatto che l’arresto e la detenzione del ricorrente fossero ispirati dal legittimo obiettivo di proteggere la comunità intera dal terrorismo, non è da solo sufficiente ad assicurare conformità alle specifiche esigenze dell’Articolo 5 § 3.
In seguito a quella sentenza, il Regno Unito informò il Segretariato Generale del Consiglio d’Europa il 23 Dicembre 1988 che il Governo si era avvalso del diritto di deroga conferito dall’Articolo 15 § 1 fino al punto che l’esercizio dei poteri secondo la sezione 12 della Legge del 1984 avrebbe potuto essere in contrasto con gli obblighi imposti dall’Articolo 5 § 3 della Convenzione.
Parte di tale dichiarazione afferma quanto segue:

“ … In seguito [alla sentenza Brogan e altri], il Segretario di Stato per il Dipartimento Interno informò il Parlamento il 6 Dicembre 1988 che, contro i precedenti della campagna terroristica, ed il bisogno di primaria importanza di assicurare i terroristi alla giustizia, il Governo non riteneva che il massimo periodo di detenzione dovesse essere ridotto. Egli informò il Parlamento che il Governo stava esaminando la materia con l’intento di rispondere alla sentenza. Il 22 Dicembre 1988, il Segretario di Stato informò inoltre il Parlamento che, se avesse potuto essere raggiunto, era obiettivo del Governo trovare un procedimento giudiziario attraverso cui la proroga della detenzione avrebbe potuto essere esaminata e dove possibile autorizzata da un giudice o da altri incaricati giudiziari. Ma un ulteriore periodo di riflessione e di consultazione era necessario prima che il Governo potesse progredire verso una definitiva e solida prospettiva. Fin dalla sentenza del 29 Novembre 1988 così come in precedenza, il Governo ha giudicato necessario continuare ad esercitare, in relazione al terrorismo collegato alla questione dell’Irlanda del Nord, i poteri di cui sopra i quali abilitano l’autorità del Segretario di Stato a permettere un’ulteriore detenzione senza processo, per un periodo fino ai 5 giorni, fino al punto strettamente richiesto dalle esigenze del caso, per permettere che le necessarie interrogazioni ed investigazioni siano completate in maniera adeguata allo scopo di decidere se instaurare un procedimento penale. Fino al punto che l’esercizio di tali poteri potrebbe essere contrastante con gli obblighi imposti dalla Convenzione il Governo si è avvalso del diritto di deroga conferito dall’Articolo 15 § 1 della Convenzione e continuerà ad avvalersene fino a futura comunicazione…”

In una successiva nota datata 12 Dicembre 1989 il Regno Unito informò il Segretariato Generale che non era stata identificata un’adeguata procedura che prevedesse l’intervento dell’autorità giudiziaria per la revisione della detenzione di sospetti terroristi e che quindi la deroga sarebbe rimasta in vigore per tutto il tempo che le circostanze avrebbero richiesto.
La Legge del 1989 da allora è stata annualmente rinnovata.
La Sezione 14 della Legge del 1989 stabilisce quanto segue: 

“14. (1) Subordinatamente alla sottosezione (2) di cui sotto, un agente di polizia può arrestare una persona che egli abbia il ragionevole motivo di sospettare che possa essere:

(a) una persona colpevole di uno dei reati di cui alle sezioni 2, 8, 9, 10, o 11 di cui sopra.

(b) una persona che è od è stata coinvolta nell’ideazione, preparazione o istigazione di atti di terrorismo a cui si applica questa sezione; ovvero

(c) una persona sottoposta ad un ordine di esclusione.

(2) Gli atti di terrorismo che si applicano a questa sezione sono:

(a) atti di terrorismo collegati alla questione dell’Irlanda del Nord; e 

(b) atti di terrorismo di ogni altra natura eccetto gli atti collegati unicamente con gli affari del Regno Unito o di ogni altra parte di esso che non sia l’Irlanda del Nord.

(3) Il potere di arresto conferito dalla sottosezione (1)(c) di cui sopra, è esercitabile soltanto:

(a) in Gran Bretagna se l’ordine di esclusione è stato emanato secondo la sezione 5 di cui sopra; e 

(b) in Irlanda del Nord se emanato secondo la sezione 6 di cui sopra.

(4) Subordinatamente alla sottosezione (5) di cui sotto, una persona arrestata in virtù di questa sezione, non può essere detenuta in stato di arresto per più di quarantotto ore dopo il suo arresto.

(5) Il Segretario di Stato può, in casi particolari, prorogare il periodo di quarantotto ore menzionato nella sottosezione (4) di cui sopra per un periodo o per periodi da lui specificati, ma ogni ulteriore periodo non dovrà eccedere in totale i cinque giorni e qualora dovesse essere presentata una richiesta per una simile proroga alla persona detenuta dovrà essere data notizia scritta quanto prima possibile del fatto e del tempo in cui la richiesta è stata presentata.

(6) L’esercizio dei poteri di detenzione conferito da questa sezione sarà soggetto a supervisione, secondo quanto stabilito dall’Allegato 3 della presente Legge.

(7) Le misure di questa sezione non pregiudicano qualsiasi altro potere di arresto esercitabile indipendentemente da questa sezione.

La notifica fatta dal Governo del Regno Unito secondo l’Articolo 15 § 3 della Convenzione fu ritirata il 19 Febbraio 2001, con efficacia dal 26 Febbraio 2001.

C. La situazione politica e di sicurezza in Irlanda del Nord

La situazione politica e di sicurezza negli anni fra il 1974 ed il 1987 è descritta nella 
sentenza della Corte Brannigan e McBride c. Regno Unito del 26 Maggio 1993 (Serie A n. 258, pp. 38-39, §§ 12-15).
Statistiche ufficiali indicano che fra il 1969 ed il 1999 (3 Giugno) un totale di 3.295 persone (militari e civili) sono morte in seguito alla situazione di sicurezza. Il numero delle vittime (militari e civili) dovuto alla situazione di sicurezza fra il 1989 ed il 1999 (3 Giugno) è rappresentabile come segue: 1989: 62; 1990: 76; 1991: 94; 1992: 85; 1993: 84; 1994: 62; 1995: 9; 1996: 15; 1997: 22; 1998: 55; 1999: 6.
Statistiche ufficiali indicano che tra il 1968 ed il 1999 (3 Giugno) un totale di 42.766 persone (militari e civili) sono state ferite come risultato della situazione di sicurezza. Il numero di persone ferite (militari e civili) nel periodo fra il 1989 ed il 1999 (3 Giugno) è rappresentabile come segue: 1989: 959; 1990: 906; 1991: 162; 1992: 1066; 1993: 824; 1994: 825; 1995: 937; 1996: 1419; 1997: 1237; 1998: 1564; 1999: 550.
I resoconti intrapresi dalle autorità della Legge di Prevenzione del Terrorismo (Misure Provvisorie) del 1974 e della Legge di emendamento approvata nel 1976 sono riassunti ai paragrafi da 13 a 15 della sentenza Brannigan e McBride.
Resoconti della operazione della Legge del 1989 furono intrapresi dal Giudice Rowe del Consiglio della Regina (JJ Rowe QC) per ogni anno dal 1993 al 1998.
Nella sua Relazione sul 1996, completata il 4 Febbraio 1997, l’autore notò che c’era stato un marcato incremento del livello dell’attività terroristica sulla scia della decisione dell’IRA di porre fine al cessate il fuoco proclamato nell’Agosto 1994.
Nella sua Relazione sul 1997, completata il 16 Febbraio 1998, l’autore notò che la minaccia del terrorismo continuava ad essere reale e osservò che, mentre in linea di principio, ci sarebbe dovuta essere una partecipazione giudiziale alla proroga della detenzione, “questo non è tuttavia possibile, poiché ai giudici [in Irlanda del Nord] non può essere richiesto di svolgere tale compito.”
Nella sua Relazione sul 1998, completata l’11 Febbraio del 1999, l’autore osservò che, nonostante il cessate il fuoco dichiarato dai maggiori gruppi paramilitari nel 1994 “ci sono elementi dissidenti che hanno intenzione di causare danni fisici e materiali e che hanno la capacità per farlo. Tutto considerato c’è una reale minaccia che una qualche attività terroristica in Irlanda del Nord continuerà … La mia conclusione è la seguente: criminali con tendenza terroristica o paramilitare hanno i mezzi per eseguire attacchi con esplosivi ed armi da fuoco in ogni momento; inoltre alcuni di essi hanno mantenuto un’organizzazione che ha una struttura ed una certa influenza.”
Circa la continuazione dell’uso del potere di proroga della detenzione, l’autore rinnovò il punto di vista espresso nei precedenti rapporti, ovvero che egli caldeggiava un coinvolgimento giudiziale nel processo decisionale. Egli notò che il luogo appropriato per esaminare tale questione in maniera esauriente era il Documento di Consultazione (“Consultation Paper”) che il Governo di allora aveva presentato in Parlamento nel Dicembre 1998.
Il Documento di Consultazione proponeva una partecipazione giudiziale alle richieste per la proroga . Nel suo parere sul caso di specie, il Governo indicò che prevedeva l’introduzione di una legislazione per includere provvedimenti circa una forma di coinvolgimento giudiziale nelle proroghe della detenzione.

D. Rimedi in riferimento all’arresto ed alla detenzione secondo la legislazione di prevenzione del terrorismo

Un’analisi dei rimedi legali relativi all’arresto ed alla detenzione secondo la 
legislazione per la prevenzione del terrorismo comprendendo la sezione 14 della Legge del 1989, è contenuta nella summenzionata sentenza Brannigan e McBride (pp. 1645, §§ 16-29).

DOGLIANZE 

Il ricorrente lamenta che la sua detenzione di sette giorni ha violato il suo diritto sancito dall’Articolo 5 § 3 della Convenzione ad essere prontamente condotto davanti ad un’autorità giudiziaria. Inoltre, egli sostiene di non aver avuto un effettivo rimedio per contestare la sua detenzione di fronte ad un tribunale interno. A questo proposito egli invoca l’Articolo 13.
Ad un più generale livello il ricorrente asserisce anche che lo Stato convenuto viola l’Articolo 1 della Convenzione dal momento che promulgando e continuando ad applicare la Legge del 1989 esso è venuto meno alla garanzia dei suoi diritti stabiliti dalla Convenzione alla libertà ed alla sicurezza della persona e di un rimedio per contestare la legalità della sua detenzione. È anche sua opinione che il mantenimento in vigore della Legge 1989 non può più essere giustificata in riferimento all’Articolo 15 della Convenzione. A tale proposito egli sostiene che non vi è più alcuna pubblica emergenza in Irlanda del Nord. Egli sostiene al contrario che anche se ci fosse una pubblica emergenza, la deroga effettuata dallo Stato convenuto non è strettamente richiesta dalle esigenze della situazione contingente ed è incompatibile con gli altri impegni internazionali di questo. A tale proposito il ricorrente asserisce inoltre che lo Stato convenuto viola l’Articolo 15 della Convenzione.

DIRITTO

Il ricorrente afferma che egli fu detenuto per un periodo di sette giorni senza essere condotto davanti ad un giudice, in violazione della sollecitudine richiesta dall’Articolo 5 § 3 della Convenzione, il quale stabilisce:
<<Ogni persona arrestata o detenuta, conformemente alle condizioni previste dal paragrafo 1 (c) del presente articolo, deve essere tradotta al più presto dinanzi ad un giudice o ad un altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie e ha diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere messa in libertà durante la procedura. >>

A. Tesi delle parti

Secondo l’opinione del ricorrente, il Governo convenuto non può confidare nella deroga a tale tutela introdotta il 23 Dicembre 1988 in seguito alla sentenza della Corte nel caso Brogan e altri c. Regno Unito (29 Novembre 1988, Serie A n. 145), poiché la stessa deroga deve essere considerata incompatibile con l’Articolo 15 della Convenzione, avuto riguardo alla radicale trasformazione della situazione di sicurezza in Irlanda del Nord nel periodo pertinente . L’ Articolo15 stabilisce: 
<<1. In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte Contraente può prendere misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in contraddizione con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale.
2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all'articolo 2, salvo per il caso di decesso causato da legittimi atti di guerra, e agli articoli 3, 4 (paragrafo 1) e 7.
3. Ogni Alta Parte Contraente che eserciti tale diritto di deroga tiene informato nel modo più completo il Segretario Generale del Consiglio d'Europa sulle misure prese e sui motivi che le hanno determinate. Deve ugualmente informare il Segretario Generale del Consiglio d'Europa della data in cui queste misure cessano d'essere in vigore e in cui le disposizioni della Convenzione riacquistano piena applicazione.>>

Il Governo asserisce che l’Articolo 5 § 3 della Convenzione non fu violato nel caso del ricorrente, dovendosi considerare la deroga del 23 Dicembre del 1988. Dal suo punto di vista, la deroga impugnata dal ricorrente era completamente compatibile con le previsioni dell’Articolo 15 e perciò valida.
In primo luogo, nel periodo pertinente la situazione di sicurezza in Irlanda del Nord può essere ancora giustificatamente descritta come una pubblica emergenza che minacci la vita della nazione. Il Governo sottolinea a questo proposito che nel periodo di sette settimane che porta all’arresto del ricorrente nel Febbraio del 1998, tredici omicidi hanno avuto luogo nella provincia. Ci sono stati anche numerosi attentati dinamitardi. Egli inoltre richiama l’attenzione sul fatto che la Relazione Annuale sul 1998 della Legge del 1989 conclude che la minaccia alla sicurezza era sufficientemente seria da richiedere la prosecuzione di tale legislazione.
In secondo luogo, la prolungata detenzione del ricorrente nel contesto dell’investigazione su seri attacchi terroristici deve essere vista nella prospettiva di un giusto equilibrio che doveva essere raggiunto fra la difesa della comunità dalla minaccia di una organizzata e prolungata campagna di terrorismo e i diritti dell’individuo sospetto.
Per quanto riguarda il primo punto, il Governo sottolinea a questo proposito i particolari problemi che tormentano le autorità nel preparare un processo contro sospetti terroristi addestrati a rimanere in silenzio durante gli interrogatori con l’intento di impedire la ricerca di prove e la promozione di accuse contro di loro. Di fronte alla mancanza di collaborazione da parte dei sospetti, le autorità sono obbligate a devolvere una considerevole quantità di tempo e di risorse, nella raccolta di altre prove (che non siano confessioni) che sia possibile utilizzare nel processo. Il Governo inoltre sottolinea che la questione circa il fatto che al relativo tempo la decisione di prorogare la detenzione del sospetto avrebbe dovuto essere presa da un giudice e non dal Segretario di Stato deve essere analizzata sullo sfondo delle preoccupazioni di mantenere l’indipendenza del settore giudiziario. Secondo la sua opinione , il coinvolgimento di giudici nell’approvazione della proroga della detenzione in casi contro terroristi potrebbe dare luogo al rischio che gli stessi giudici siano percepiti come facenti parte del processo di investigazione e accusa, tanto più dal momento che simili decisioni richiederebbero di essere prese sulla base di materie che potrebbero non essere rese conoscibili, per ragioni di sicurezza, al sospetto o al suo avvocato. In ogni caso, la questione dell’intervento giudiziale è stata posta sotto regolare revisione. Il Governo riconosce che sulla questione dell’intervento giudiziale l’opinione è divisa e quindi porta l’attenzione sulla progettata introduzione di una legislazione che predisponga una forma di coinvolgimento giudiziale nell’ proroga della detenzione. Comunque, esso contesta che, anche se desiderabile in via di principio, il coinvolgimento giudiziale nella decisione di prorogare la detenzione del ricorrente nel Febbraio 1998, non era un’impresa praticabile e che, il sistema in vigore nel periodo pertinente, era correttamente applicato entro i margini di apprezzamento dello Stato convenuto.
Per quanto riguarda il secondo punto, il Governo osserva che il ricorrente non fu lasciato in isolamento, ebbe accesso ad una consulenza legale durante la sua detenzione ed anche prima dell’inizio di ogni interrogatorio, la sua detenzione fu regolarmente verbalizzata durante le prime quarantotto ore ed egli fu informato delle richieste di proroga della sua detenzione e del suo diritto di presentare rimostranze al Segretario di Stato su tali proroghe. Non è stato mai asserito che il ricorrente sia stato mai maltrattato durante la detenzione.
Il ricorrente contesta l’affermazione del Governo circa il fatto che la deroga continuava ad essere valida nel 1998. Egli afferma che al tempo della sua detenzione la situazione di sicurezza era completamente mutata. Fin dalla decisione dei principali gruppi paramilitari nel 1994 di proclamare un cessate il fuoco il Governo ha preso e continua a prendere misure che riflettono la molto ridotta minaccia alla sicurezza in Irlanda del Nord, inclusi una marcata diminuzione dell’uso poteri d’emergenza di arresto, ricerca e detenzione, un meno frequente ricorso alla proroga dei periodi di detenzione, la chiusura di basi dell’esercito e la riduzione del numero di personale dell’esercito coinvolto in compiti operativi nella provincia. In aggiunta, nell’Aprile del 1998 i Governi Inglese ed Irlandese hanno concluso l’Accordo di Belfast che predisponeva una struttura istituzionale per la risoluzione del conflitto e non vi è indizio di un ritorno alla violenza da parte dei principali gruppi paramilitari.
Il ricorrente afferma sulla base di tale antefatto che qualsiasi pubblica emergenza che potesse essersi verificata in Irlanda del Nord era effettivamente terminata al momento della sua illegale detenzione e che il Governo convenuto non poteva legittimare il mantenimento della deroga in previsione di possibili future esplosioni di violenza terroristica. Secondo la sua opinione, compete al Governo agire appropriatamente in risposta a tali future esplosioni, se e quando si verifichino. Comunque, al Governo non dovrebbe essere permesso secondo la Convenzione d’imporre un permanente stato di emergenza nella provincia per le rischiose conseguenze che ciò avrebbe nei riguardi del rispetto delle regole giuridiche. Riguardo a ciò, il ricorrente sottolinea che, salvo che per brevi periodi, l’Irlanda del Nord ha subito legislazione d’emergenza e deroghe alle libertà basilari dal 1971. Secondo il ricorrente, questo fattore doveva influire pesantemente sul bilancio nella valutazione della Corte sulla perdurante validità della deroga e deve ridurre considerevolmente l’ambito di qualsiasi richiamo che sia fatto alla teoria del margine di apprezzamento. A questo proposito, il ricorrente esorta la Corte ad effettuare un’accurata indagine sperimentale circa l’affermazione del Governo sull’esistenza di una pubblica emergenza e circa la legalità, nei termini della Convenzione, delle misure prese dallo Stato convenuto il quale usurpa le libertà della Convenzione, come tali garantite dall’articolo 5 § 3.
Il ricorrente afferma inoltre che il potere di detenzione prolungata non è strettamente richiesto dalle esigenze della situazione dal momento che le statistiche mostrano che nel periodo pertinente la maggior parte degli individui detenuti in base alla sezione 14 della Legge del 1989 sono stati rilasciati senza accusa. Inoltre, egli afferma che normalmente i magistrati rimandano in carcere le persone accusate senza porsi il problema della esistenza di una sostanziale prova contro di essi che giustifichi l’avanzamento di accuse. Nell’opinione del ricorrente, questa conclusione smentisce l’argomentazione del Governo secondo cui una proroga del periodo di detenzione è necessaria al fine di predisporre un processo contro un sospetto. Il ricorrente asserisce che il fatto che la maggior parte delle persone detenute in base alla sezione 14 sia successivamente rilasciata senza accusa significa che la polizia sta usando il potere per raccogliere informazioni, o per arrestare individui contro cui ci sono poche prove se non nessuna.
Sulla base dell’affidamento del Governo sulla revisione annuale attuata sia sulla Legge del 1989 sulla Prevenzione del Terrorismo ( Misure Provvisorie) sia sulla Legge del 1996 sull’Irlanda del Nord ( Misure di Emergenza), il ricorrente afferma che nessuna di tali revisioni ha dato rilievo alla compatibilità del potere di proroga della detenzione con l’Articolo 5 § 3 della Convenzione ed al perdurante bisogno di deroga; tantomeno esso si è dedicato a questioni come quella della capacità dell’ordinario processo penale di occuparsi della situazione di sicurezza. Insomma, le revisioni devono essere considerate una inadeguata base per qualsiasi decisione circa il persistente bisogno di deroga.
Il ricorrente mette in discussione il punto di vista del Governo circa l’adeguatezza delle salvaguardie esistenti a protezione dei diritti degli individui trattenuti per prolungati periodi senza verifica giudiziale. Egli afferma in proposito che è opinabile se la procedura di revisione della detenzione messa in rilievo dal Governo abbia condotto al rilascio di qualsiasi detenuto. Inoltre, le rimostranze presso il Segretario di Stato raramente, per non dire mai, hanno un effetto sul processo decisionale in relazione alle richieste di proroga. Infatti, nel periodo dal 1995 al 1999, tutte le richieste sono state concesse. Secondo il ricorrente, non sono riportati casi in cui una richiesta di revisione giudiziale di una decisione di proroga abbia avuto un esito positivo. L’inadeguatezza delle salvaguardie è chiaramente esemplificata dal fatto che l’accesso alla consulenza legale, come il diritto di contattare un parente o un amico, può essere differito per anche quarantotto ore in conformità con le previsioni della Legge del 1996 sull’Irlanda del Nord ( Misure di Emergenza ) ed all’avvocato del detenuto non è permesso d’essere presente durante l’interrogatorio.
Mentre una richiesta per un decreto di habeas corpus è il solo meccanismo disponibile che può operare per assicurare il rilascio di un detenuto, esso non può, secondo l’opinione del ricorrente, fornire un adeguata protezione contro l’uso o l’abuso arbitrario della proroga del periodo di detenzione dal momento che recenti decisioni di tribunali interni (Cullen vs. Chief Constable [1999] Northern Ireland Law Reports) indicano che le condizioni di detenzione o la negazione dei fondamentali diritti durante la detenzione non possono invalidare la detenzione e conducono ad una richiesta coronata da successo per l’habeas corpus. Un’azione per danni per erronea incarcerazione è un ugualmente limitato rimedio per assicurare risarcimento della violazione dell’Articolo 5 § 3.
Nel suo ultimo parere, il ricorrente si riferisce alle osservazioni del Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (CCPR/C/79/Add.5.5,27 Luglio 1995) dal momento che le previsioni d’emergenza in vigore in Irlanda del Nord, come l’autorizzazione di estesi poteri di detenzione, “sono eccessivi” e dal momento che, l’anticipato ritiro della deroga conforme all’Articolo 4 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici del 1966, dovrebbe essere considerato. Comunque, nessuna misura è stata presa dal Governo convenuto per perseguire questa raccomandazione. In aggiunta a ciò, il ricorrente dichiara che c’è un crescente consenso nel diritto internazionale che ai dovuti diritti processuali, quali le garanzie dell’Articolo 5, deve essere data una posizione accresciuta, simile a quella dei diritti non derogabili. Egli riferisce in questo collegamento, inter alia, con la visione in evoluzione della Corte Inter-Americana in tale campo e con l’adozione delle Norme di Parigi sul Minimo Standard dei Diritti Umani in uno Stato d’Emergenza (Paris Minimum Standards of Human Rights Norms in a State of Emergency), che ha ricevuto l’approvazione dell’ International Law Association. Secondo la visione del ricorrente, queste considerazioni propendono in favore della conclusione che il continuato uso della deroga da parte dello Stato convenuto lo pone in violazione dei suoi altri obblighi derivanti dal diritto internazionale.

B. Valutazione della Corte

La Corte osserva che il ricorrente fu arrestato il 21 Febbraio del 1998 alle 15,15 circa e detenuto nel Centro di Detenzione Castlereagh fino al suo rilascio senza accusa il 27 Febbraio 1998 alle ore 17,05 circa. Durante nessuna fase della sua detenzione fu mai portato davanti ad un giudice.
Riguardo alle conclusioni del summenzionato caso Brogan e Altri c. Regno Unito questo periodo di detenzione prolungata in assenza di un coinvolgimento giudiziale deve essere considerato troppo lungo per gli scopi dell’Articolo 5 § 3 della Convenzione e quindi non compatibile con tale norma. Il Governo specifica, come nella summenzionata sentenza Brannigan e McBride (§ 38), che la mancata osservanza dei requisiti dell’Articolo 5 § 3 nel caso del ricorrente è stata dovuta alla validità della deroga fatta il 23 Dicembre 1983 secondo l’Articolo 15 della Convenzione. La perdurante validità di tale deroga è contestata dal ricorrente.
La Corte ricorda che i principi applicabili alla determinazione della validità di una deroga ex Articolo 15 furono considerati per la prima volta nella sentenza Lawless c. Irlanda del 1 Luglio 1961 (Serie A n. 3, pp. 54-62, §§ 20-47). Questi principi furono poi applicati nel contesto della situazione politica e di sicurezza in Irlanda del Nord nella sentenza Irlanda c. Regno Unito del 18 Gennaio 1978 (Serie A n. 25, pp. 78-85, §§ 204-224) e poi ne fu data concreta espressione nello stesso contesto nella summenzionata sentenza Brannigan e McBride (pp. 49-57, §§ 41-74).
In quest’ultima sentenza, la Corte ha applicato quei principi al fine di accertare se i requisiti dell’Articolo 15 fossero stati soddisfatti dalla deroga impugnata nel caso di specie. Facendo ciò, la Corte investigò, in primo luogo, sia circa l’esistenza di una pubblica emergenza che minacciasse la vita della nazione, e in un secondo momento, anche circa l’ipotesi se il potere di tenere in detenzione sospetti terroristi fino a sette giorni senza un intervento giudiziale fosse una misura strettamente richiesta dalle esigenze della situazione del momento pertinente. Circa quest’ultima questione, la Corte esaminò, inter alia, se la deroga fosse una genuina risposta ad una situazione d’emergenza e se l’assenza di un controllo giudiziale sulla prolungata detenzione fosse giustificata, con riguardo al margine di discrezionalità delle autorità su tale materia e alla natura delle salvaguardie che esistono per prevenire gli abusi.
La Corte non vede la ragione di discostarsi da tale approccio nella considerazione circa la ricevibilità del ricorso del Sig. Marshall. Comunque, ci si deve allo stesso tempo rivolgere con particolare attenzione al fatto che quasi nove anni separano la prolungata detenzione amministrativa dei ricorrenti Brannigan e McBride da quella del ricorrente del caso precedente.
La Corte non è d’accordo con l’affermazione del ricorrente circa il fatto che la situazione di sicurezza in Irlanda del Nord al tempo della sua detenzione fosse migliorata al punto che non vi fosse più giustificazione nel riferirsi ad essa come una pubblica emergenza “che minacciasse la sopravvivenza della nazione”. Essa nota che le autorità continuavano a confrontarsi con la minaccia di violenza terroristica, nonostante una riduzione della sua incidenza. Non può non essere notato che le settimane precedenti la detenzione del ricorrente furono caratterizzate dall’esplosione di una micidiale violenza. Ciò conferma che non vi era stato un ritorno alla normalità dalla data della sentenza Brannigan e McBride tale da condurre la Corte a smentire l’affermazione delle autorità circa l’esistenza di una situazione nella provincia in termini di minacce che violenze organizzate presentavano per la vita della comunità e per la ricerca di un regolamento pacifico. Essa ricorda a tale proposito che a causa del loro continuo e diretto contatto con la realtà pressante del momento, le autorità nazionali sono in via di principio avvantaggiate rispetto al giudice internazionale per decidere sulla presenza di tale pericolo e sulla natura e l’ampiezza della deroga necessaria per scongiurarlo (si veda la summenzionata sentenza Brannigan e McBride, pp. 49-50, § 43; e la sentenza Aksoy c. Turchia del 18 Dicembre 1996, Reports of Judgments and Decisions 1996-VI, p. 2280, § 68).
Quanto alla decisione di prolungare la detenzione del ricorrente in assenza di un intervento giudiziale, la Corte osserva che il Governo fa assegnamento sulle stesse giustificazioni che per tale misura avanzò nel caso Brannigan e McBride. Queste giustificazioni furono accettate dalla Corte in quel caso sulla base del fatto che non era suo compito sostituire la propria visione circa quali misure fossero più appropriate od opportune nel periodo pertinente per occuparsi di una situazione d’emergenza alla visione di un Governo che ha la diretta responsabilità di stabilire l’equilibrio tra da una parte l’attuazione di misure effettive per combattere il terrorismo dall’altra il rispetto dei diritti individuali. La Corte ha considerato che nel contesto dell’Irlanda del Nord, dove la magistratura è ristretta e vulnerabile agli attacchi terroristici, la fiducia pubblica circa l’indipendenza del sistema giudiziario fosse comprensibilmente un principio al quale il Governo attribuiva molta importanza (loc. cit., p. 54, §§ 55-60). 
Secondo l’opinione della Corte, al tempo dell’arresto del ricorrente il continuo affidamento al sistema della detenzione amministrativa di sospetti terroristi per periodi di anche sette giorni non risultava in eccesso rispetto al margine di discrezionalità che è concesso alle autorità nel determinare la risposta alla minaccia verso la comunità. La ragione che il Governo diede contro il controllo giudiziale nel caso Brannigan e McBride continua ad essere rilevante e sufficiente. Essa nota a tal proposito che la minaccia di una violenza terroristica era ancora reale e che i gruppi paramilitari in Irlanda del Nord possedevano la capacità organizzativa di uccidere e mutilare su larga scala. Il ricorrente afferma che sarebbe stato possibile per le autorità contenere il livello di violenza predominante nel periodo pertinente attraverso i mezzi del diritto penale ordinario. Egli osserva a tale proposito che violenze su simile scala in altre parti del Regno Unito sono state prese di mira senza il ricorso alla rimozione delle dovute garanzie processuali. La Corte ha esaminato questa argomentazione. Comunque, essa considera che il ragionamento del ricorrente non tiene sufficientemente conto della specifica natura della violenza che ha assalito l’Irlanda del Nord ed ancor meno le considerazioni politiche e storiche dallo sfondo ambientale alla situazione d’emergenza, considerazioni che la Corte ha lungamente descritto nella sua sentenza Irlanda c. Regno Unito (loc. cit., pp. 9-14, §§ 11-28).
Sebbene il ricorrente contesti l’effettività delle salvaguardie contro l’abuso del potere amministrativo della prolungata detenzione, per come viene utilizzato dal Governo, la Corte, otto anni dopo l’adozione della sua sentenza Brannigan e McBride, continua a rimanere soddisfatta del fatto che tali salvaguardie provvedano ad un’importante misura di protezione contro il comportamento arbitrario e la detenzione in isolamento (si veda la sentenza Brannigan e McBride, p. 55, § 62). Non è stato messo in discussione che il rimedio dell’habeas corpus fosse disponibile per il ricorrente qualora questi avesse scelto di utilizzarlo per contestare la liceità del suo iniziale arresto o della detenzione. Deve essere osservato che sebbene il ricorrente metta in discussione l’effettività del rimedio, egli non ha allegato una violazione dell’Articolo 5 § 4 della Convenzione.
Per questa ragione la Corte considera che non si è in presenza di una violazione dell’Articolo 13 della Convenzione, dato che le prescrizioni di tale articolo sono meno restrittive di quelle dell’Articolo 5 § 4, che deve essere considerato lex specialis rispetto alle denuncie ex Articolo 5 § 4 della Convenzione medesima (si veda la sentenza Brannigan e McBride, p. 57, § 76).
La Corte inoltre nota che le persone la cui detenzione è stata prorogata secondo la sezione 14 della Legge del 1989 hanno un diritto che può essere messo in esecuzione a consultare un avvocato dopo quarantotto ore dal momento del loro arresto. Il Sig. Marshall in effetti ebbe frequente accesso ad un avvocato durante la sua detenzione. Inoltre, egli non ha negato che gli sarebbe stato possibile effettuare ricorso al Segretario di Stato sollecitandolo a rigettare la richiesta di proroga della detenzione e che gli sarebbe stato possibile contestare attraverso la revisione giudiziale la decisione del Segretario di Stato di concedere la richiesta.
La Corte vorrebbe anche osservare che il ricorrente non mette in discussione che i detenuti abbiano il diritto di informare un parente o un amico circa la loro detenzione o di avere accesso ad un medico.
La Corte non accetta neanche l’opinione del ricorrente circa il fatto che le autorità abbiano fallito mancato nel condurre una significativa revisione della perdurante necessità della deroga all’Articolo 5 § 3. Essa è soddisfatta sulla base dei documenti che prima della revisione le autorità hanno esse stesse predisposto a tale problema con sufficiente frequenza. Una revisione annuale sulla operatività pratica della sezione 14 e delle altre previsioni della Legge del 1989 è stata eseguita, il Parlamento ha discusso annualmente ogni rinnovo della legislazione e le autorità hanno eseguito il dettame della Legge del 1989 con un occhio agli sviluppi della situazione politica e di sicurezza in Irlanda del Nord. Essa nota a tale proposito che nel Febbraio 2001 il Governo ha infine ritirato la deroga.
La Corte vorrebbe aggiungere che non trova nulla nel riferimento del ricorrente alle osservazioni del Comitato delle Nazioni Unite dei Diritti Umani che suggerisca che il Governo dovrebbe essere considerato colpevole di violazione dei suoi obblighi derivantigli dal Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici per il fatto di aver mantenuto in vigore la deroga dopo il 1995. A tale proposito il ricorrente non può affermare che il mantenimento in vigore della deroga sia incompatibile con gli obblighi che alle autorità derivano dal diritto internazionale.
Con riguardo alle considerazioni di cui sopra, la Corte conclude che la deroga impugnata soddisfa i requisiti dell’Articolo 15 e che il ricorrente non può quindi validamente lamentare la violazione dell’Articolo 5 § 3. Essa inoltre conclude che non vi è l’apparenza di una violazione dell’Articolo 13.
Ne consegue che il ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato secondo l’Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

Per queste ragioni, la Corte all’unanimità

Dichiara il ricorso irricevibile.
Georg RESS (Presidente)
Vincent BERGER (Cancelliere)