Caso Selim Sadak

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Strasburgo) CASO Selim SADAK ed altri c. TURCHIA SENTENZA dell’ 11 giugno 2002  Ricorsi  (n° 25144/94, da 26149/95 a 26154/95, 27100/95 e 27101/95) Violazione dell’articolo 3 del Protocollo n° 1 ( diritto a libere  elezioni) aggiunto alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, a seguito della declaratoria di decadenza dal loro  mandato parlamentare di  alcuni deputati,  indipendentemente  dalle loro attività politiche individuali, per il solo fatto di essere membri di un partito, a sua volta sciolto  dalla  Corte costituzionale in ragione dei discorsi tenuti all’estero dal vecchio presidente del partito, e di una dichiarazione scritta promanante dal suo  comitato centrale, aventi natura tale da attentare all’integrità dello Stato ed all’unità della nazione.

 

Lo Stato Turco,  in applicazione dell’articolo 41 (equa soddisfazione) della Convenzione, deve versare a ciascuno dei ricorrenti 50.000(cinquantamila) (EURO) ivi compresa ogni ragione di pregiudizio,  oltre le spese legali, liquidate in  10.500 (diecimilacinquecento) EURO globalmente a sette tra loro, e 9.000(novemila) EURO globalmente ai sei  altri ricorrenti.

QUARTA SEZIONE

Sentenza dell’ 11 giugno 2002 sui ricorsi (n° 25144/94, da 26149/95 a 26154/95, 27100/95 e 27101/95)
presentati da 
 Selim SADAK ed altri contro TURCHIA  
(traduzione non ufficiale del comunicato stampa a 
cura dell’avv. Maurizio de Stefano)

 

1.  Principali fatti

I ricorrenti sono tredici  cittadini turchi : Selim Sadak nato nel 1954 a Şırnak, Sedat Yurttaş nato nel 1961 a Diyarbakır, Mehmet Hatip Dicle nato nel 1955 a Diyarbakır, Sırrı Sakik nato nel 1957 a Muş, Orhan Doğan nato nel 1955 a Mardin, Leyla Zana nata nel 1961 a Diyarbakır, Ahmet Türk nato nel 1942 a Mardin, Nizamettin Toguç nato nel 1951 a Siirt, Naif Güneş nato nel 1956 a Kurtalan-Siirt, Mahmut Kilinç nato nel 1946, Zübeyir Aydar nato nel 1961 a Siirt, Ali Yiğit nato nel 1959 a Nusaybin, e Remzi Kartal nato nel 1954 a Şırnak.

Essi erano  deputati della Grande Assemblea nazionale turca e membri del Partito della democrazia (DEP - Demokrasi Partisi). Alcuni mesi dopo  la creazione del DEP nel 1993, il pubblico  ministero  chiese lo scioglimento di questo partito. Si rimproverava a tale partito di aver violato i  principi della Costituzione e quelli della legge sui  partiti politici, in conseguenza delle  dichiarazioni di certi suoi  membri così come del suo vecchio presidente, dichiarazioni aventi natura tale da attentare all’integrità dello Stato ed all’unità della nazione . Il  2 e 4 marzo 1994, a seguito della perdita della loro  immunità parlamentare, i ricorrenti, Signori Dicle e Doğan, poi Signori Sakık, Türk e la Signora  Zana furono arrestati  e posti in stato di detenzione provvisoria alla loro uscita dal parlamento. Lo scioglimento del DEP così come la scadenza dei mandati parlamentari  dei ricorrenti furono pronunciati il  16 giugno 1994 dalla Corte costituzionale. Frattanto alcuni ricorrenti, nel timore di essere perseguiti penalmente, fuggirono all’estero, i Signori  Sadak e Yurttaş si presentarono al pubblico ministero e furono arrestati.

Accusati di  separatismo e  di attentato all’integrità dello Stato , alcuni ricorrenti furono condannati l’ 8 dicembre 1994 dalla corte di sicurezza  dello Stato di Ankara, in applicazione della legge relativa alla lotta contro il terrorismo. Il sig. Sakık si vide infliggere tre  anni di reclusione  per propaganda separatista, i sig.ri Türk, Dicle, Doğan, Sadak e la sig.ra Zana 15 anni di reclusione per appartenenza a banda armata, ed il sig. Yurttaş sette anni e mezzo di reclusione per aiuto e sostegno ad  una banda armata. Il 26 ottobre 1995, la Corte di cassazione cassò le condanne dei sig.ri  Türk e Yurttaş ed ordinò la loro messa in libertà provvisoria, ma confermò quelle  degli altri ricorrenti.

2.  Procedura e composizione della Corte

I ricorsi sono stati presentati davanti alla Commissione europea dei Diritti dell’Uomo il 23 agosto e 16 dicembre 1994. Essi sono stati riuniti il  22 maggio 1995 e trasmessi alla Corte il 1° novembre 1998. Con  una decisione del 30 maggio 2000, la Corte ha dichiarato i ricorsi  ricevibili, salvo il ricorso  n° 25144/94 che è stato dichiarato parzialmente irricevibile per quanto  concerne l’articolo 5 ( diritto alla libertà ed alla sicurezza) della Convenzione.

La sentenza è stata resa da una camera  composta da sette giudici , segnatamente :

Nicolas Bratza (Britannico), presidente
Antonio Pastor Ridruejo (spagnolo),
Jerzy Makarczyk (Polacco),
Riza Türmen (Turco), 
Viera Strážnická (Slovacca), 
Matti Pellonpää (Finlandese),
Stanislav Pavlovschi (Moldavo), giudici

Così come da Michael O’Boyle, cancelliere di sezione.

3.  Riassunto della sentenza

Doglianze

I ricorrenti lamentano di essere stati dichiarati decaduti dal loro  mandato parlamentare in seguito allo  scioglimento del DEP ed  allegano la violazione  degli articoli 7 (nulla pena sine lege), 9 (libertà di pensiero), 10 (libertà d’espressione) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. Essi  denunciano parimenti una violazione del  loro  diritto alla libertà d’associazione garantito dall’articolo 11, e sostengono che la privazione dei loro emolumenti parlamentari ha violato il loro   diritto di proprietà in violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1. Infine, invocando l’articolo 6 § 1, lamentano di non aver goduto di un equo processo.

Con una  decisione del 6 gennaio 2000, la Corte ha deciso che i ricorsi  dovevano essere anche  esaminati con riguardo all’articolo 3 del Protocollo n° 1 alla Convenzione.

Decisione della Corte

Articolo 3 del Protocollo n° 1

La Corte ricorda che  l’articolo 3 del Protocollo n° 1 consacra un principio caratteristico di un regime politico veramente democratico,  e  che esso riveste nel sistema della  Convenzione una importanza capitale. Essa rileva che nella fattispecie i ricorrenti furono dichiarati decaduti automaticamente dal loro mandato parlamentare a seguito dello  scioglimento del DEP, e che questo  scioglimento fu pronunciato dalla  Corte costituzionale in ragione dei discorsi tenuti all’estero dal vecchio presidente del partito, e di una dichiarazione scritta promanante dal suo  comitato centrale. Questa decadenza è indipendente dalle attività politiche individuali  dei ricorrenti e discende unicamente  dallo scioglimento del partito di cui i  ricorrenti erano membri.  La Corte nota parimenti che in forza di  un emendamento costituzionale del 1995, il mandato di un deputato scade soltanto per suoi propositi o atti che hanno comportato lo  scioglimento del partito. La Corte  reputa che la misura adottata nella specie, cioè lo scioglimento immediato e definitivo del DEP così come il divieto fatto ai  membri del partito di esercitare il  loro mandato e le  attività politiche riveste t un carattere di una estrema severità.

La Corte considera che  la sanzione inflitta ai  ricorrenti non potrebbe considerarsi  proporzionata a qualsivoglia fine  legittimo invocato dalla  Turchia , che questa misura è incompatibile con la  sostanza stessa del  diritto di essere  eletto e di esercitare  un mandato, e che essa ha violato il  potere sovrano dell’élettorato che ha eletto i ricorrenti. La Corte  conclude di conseguenza per  la violazione dell’articolo 3 del Protocollo n° 1.

Articoli 7, 9, 10, 11 e 14 e 6 § 1

Avuto riguardo alla sua  conclusione quanto al rispetto dell’articolo 3 del Protocollo n°1, la Corte non ritiene  necessario esaminare queste doglianze.

Articolo 1 del Protocollo n° 1

Considerando che queste  misure sono degli effetti accessori alla decadenza del  mandato parlamentare  dei ricorrenti, costitutiva della violazione dell’articolo 3 del Protocollo n° 1, la Corte stima che non vi è luogo di esaminare questa doglianza separatamente.

Articolo 41

La Corte accorda ad ognuno  dei ricorrenti 50.000 EURO, ivi compresa ogni ragione di pregiudizio. Quanto alle spese legali, essa accorda  globalmente10.500 EURO ai ricorrenti Sadak, Zana, Dicle, Doğan, Türk, Sakık e Yurttaş, così come  globalmente la somma di 9.000 EURO agli altri sei ricorrenti.