domande equa riparazione della legge n 89/2001

LEGGE PINTO- N.89/2001- LE DOMANDE DI EQUA RIPARAZIONE PER LE CONTROVERSIE DAVANTI AI GIUDICI AMMINISTRATIVI SI PROPONGONO TUTTE  DAVANTI ALLA CORTE D’APPELLO DI ROMA (a cura dell’avv. Giovanni Romano)

   

Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Ordinanza del 4 febbraio 2003 n. 1653 sulla competenza territoriale nell'ipotesi di proposizione della domanda di riconoscimento del diritto ad un'equa riparazione ai sensi della Legge 89/01 conseguente all'eccessiva durata di un procedimento pendente in grado d'appello dinanzi al Consiglio di Stato e piu' in generale dinanzi ad un giudice diverso da quello ordinario

La massima 

L'art. 3 della Legge 89/01, che detta i criteri per la determinazione della competenza territoriale nell'ipotesi di proposizione della domanda di riconoscimento del diritto ad un'equa riparazione conseguente all'eccessiva durata di un procedimento, si applica unicamente ai soli giudici ordinari stante il riferimento in tale citato articolo al "distretto". Ed infatti solo gli uffici di tali giudici ordinari sono ripartiti in distretti. 
Se ne ricava che la competenza territoriale per la trattazione dei ricorsi riguardanti ritardi verificatisi nel corso di giudizi svoltisi dinanzi a giudici diversi da quello ordinario deve essere individuata, secondo i principi generali, con riferimento all'art. 25 c.p.c. il quale, nel disciplinare il foro della P.A., prevede, quando essa e' convenuta, la competenza del giudice del luogo in cui e' sorta o deve eseguirsi l'obbligazione ed in cui si trova la cosa mobile od immobile oggetto della domanda, in applicazione quindi dei criteri previsti dagli artt. 20 e 21 c.p.c., sia pure con l'ulteriore specifico riferimento al luogo dove ha sede l'ufficio dell' Avvocatura dello Stato. 
Qualora penda avanti al Consiglio di Stato il procedimento della cui non ragionevole durata si discute, deve ritenersi, in applicazione degli esposti principi, che in Roma si realizza la fattispecie considerata dalla Legge n. 89/01 ai fini della richiesta d'indennizzo e cioe' e' sorta l'obbligazione, cosi' come in Roma deve o ritenersi che debba essere eseguita l'obbligazione medesima ai sensi dell'art. 1182 u.c. c.c. in quanto, riguardando una somma di denaro non determinata, essa e' esigibile al domicilio del debitore. 
Tale normativa e' l'unica applicabile anche in considerazione del fatto che l'art. 3 della citata legge, derogando ai principi generali sulla competenza, non puo' essere applicata in via analogica o estensiva e quindi non puo' trovare applicazione oltre ai casi in essa espressamente previsti (a cura di Nicola Graziano). 
 

L'ORDINANZA 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE I CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
Dott. Mario DELLI PRISCOLI - Presidente - 
Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO - Rel. Consigliere - 
Dott. Ugo VITRONE - Consigliere - 
Dott. Mario Rosario MORELLI - Consigliere - 
Dott. Mario ADAMO - Consigliere - 
ha pronunciato la seguente 

ORDINANZA 

sul ricorso per Regolamento di Competenza proposto da: 
Libertucci Maria Assunta, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini 132, presso l'avvocato Stefania Iasonna, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Romano, giusta procura a margine del ricorso; 

- ricorrente - 

contro 

Presidenza Del Consiglio Dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore elettivamente domiciliato in Roma via Dei Portoghesi 12, presso L'Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis; 

- resistente - 

avverso il decreto della Corte d'Appello di Bari, depositato il 20/12/01 (N. 2168/01 R.G.); 
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 12/11/2002 dal Consigliere Dott. Ugo Riccardo Panebianco; 
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Guido Raimondi che chiede che la Corte di Cassazione, in Camera di Consiglio, dichiari la competenza della Corte d'Appello di Roma, con le conseguenze di legge. 

ORDINANZA 

Rilevato che: 
- con ricorso proposto avanti alla Corte d'Appello di Bari nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri Maria Assunta Libertucci chiedeva che le venisse riconosciuto il diritto ad un'equa riparazione ai sensi della Legge n. 89/01 in relazione al procedimento da lei promosso avanti al Tribunale Regionale Amministrativo per il Molise con ricorso notificato in data 16.10.1993 ed attualmente pendente in grado d'appello dinanzi al Consiglio di Stato: 
- costituendosi, l'Amministrazione eccepiva, fra l'altro, l'incompetenza territoriale della Corte pugliese, ritenendo competente quella di Perugia; 
- con decreto dell'11-25.12.2001 pronunciato in Camera di Consiglio la Corte d'Appello adita declinava la propria competenza e riteneva competente la Corte d'Appello di Perugia sul rilievo che, riguardando la doglianza fatta valere circa l'eccessiva durata del processa l'intero procedimento (al TAR ed al Cons. di Stato), avendo il Consiglio di Stato sede in Roma e non potendo la norma in esame riferirsi ai soli giudizi promossi avanti al giudice ordinario, la competenza doveva considerarsi radicata ai sensi dell'art. 3 della Legge n. 89/01 presso la Corte d'Appello piu' vicina che e' appunto quella umbra; 
- con ricorso depositato in data 18.2.2002 la Libertucci presentava istanza di regolamento necessario di competenza, sostenendo che la previsione di cui al richiamato art. 3, in cui si fa tra l'altro riferimento "ai gradi di merito", sembra considerarne unicamente i procedimenti avanti al giudici ordinari e non anche i giudizi amministrativi per i quali pero', svolgendosi la fase di appello sempre avanti al Consiglio di Stato e venendo la domanda di riconoscimento dell'equa riparazione ad essere attribuita in tal modo sempre alla Corte d'Appello di Perugia, doveva trovare applicazione analogica il collegamento previsto dall'art. 3 per i gradi di merito del giudizio ordinario e considerarsi quindi competente l'adita Corte d'Appello di Lecce in rapporto al distretto di provenienza del processo; 
- il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto che venisse dichiarata la competenza della Corte d'Appello di Roma in quanto, dovendo i criteri fissati dalla norma trovare applicazione unicamente per i giudizi ordinari e non potendo essere estesi ad uffici giudiziari che operano in un ambito che eccede (o comunque prescinde) da quello distrettuale proprio delle Corti d'Appello, nemmeno estensivamente od analogicamente, in quanto trattasi di norma che fa eccezione alle previsioni ordinarie sulla competenza, questa deve essere determinata con riferimento all'art. 25 c.p.c. che disciplina il foro della P.A., con la conseguente necessita' di far riferimento alla Corte d'Appello di Roma nel cui territorio si svolge il giudizio cui si riferiscono i ritardi lamentati ed e' sorta o deve eseguirsi l'obbligazione e dove ha sede il corrispondente ufficio dell'Avvocatura dello Stato. 

OSSERVA 

La Legge 24.3.2001 n. 89 - che ha introdotto nel nostro ordinamento l'istituto dell'equa riparazione del danno patrimoniale o non patrimoniale conseguente al mancato rispetto della durata ragionevole del processo di cui all'art. 6 paragrafo 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali firmata in Roma il 4.11.1950, resa esecutiva con Legge 4.8.1955 n. 848 ed entrata in vigore per l'Italia il 26.10.1955 - fissa all'art. 3 i criteri per la determinazione della competenza territoriale, prevedendo che la relativa domanda deve essere presentata "dinanzi alla Corte d'Appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell'art. 11 del c.p.p. a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto e' concluso o estinto relativamente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento nei cui ambito la violazione si assume verificata". 
Orbene l'espresso riferimento al distretto, sia per indicarne l'appartenenza dei giudice che si e' occupato o si occupa del procedimento della cui equa riparazione si discute e sia per individuare il giudice competente, comporta necessariamente l'applicazione della richiamata previsione ai soli giudici ordinari, i cui uffici, ad eccezione della Corte di Cassazione, sono appunto ripartiti in distretti. 
I giudici amministrativi infatti, sia che si tratti del Tribunale Amministrativo Regionale che del Consiglio di Stato, non appartengono ad alcun distretto di Corte d'Appello, sussistendo solamente una vicinanza territoriale che non puo' giustificare il previsto spostamento, nemmeno tenendo presente la "ratio legis" in quanto il sospetto sulla autonomia e sulla serenita' del giudice chiamato a decidere non potrebbe prescindere da un collegamento funzionale fra i due uffici. Cio' peraltro e' tanto piu' evidente per i procedimenti, come quello in esame, pendenti avanti al Consiglio di Stato, in quanto, operando tale organo a livello nazionale, non possono considerarsi anche per tale motivo "conclusi" o "pendenti" nell'ambito di un distretto. 
Ne' la normativa in esame potrebbe essere richiamata in via analogica od estensiva in quanto, derogando ai principi generali sulla competenza, non potrebbe trovare applicazione oltre i casi espressamente previsti. 
Le esposte considerazioni sono in linea del resto con l'orientamento di questa Corte (Cass. 324 /96) in materia di competenza territoriale nei procedimenti promossi ai sensi della Legge 13.4.1988 n. 117 sulla responsabilita' Civile dei magistrati, relativamente ai giudizi avanti alla Corte di Cassazione. 
In relazione a tali procedimenti - per i quali l'art. 4 comma 1 di detta Legge 117/88 prevede la competenza del Tribunale della sede della Corte d'Appello piu' vicina a quella nel cui distratto e' compreso l'ufficio giudiziario di appartenenza del magistrato della cui responsabilita' si discute - e' stata esclusa infatti per i giudici della Cassazione l'applicabilita' del criterio di regolamentazione della competenza previsto da detta norma sul rilievo che la Corte Suprema non puo' considerarsi inclusa in alcun distretto. 
Ne' problemi di interpretazione potrebbero sorgere per il fatto che la valutazione in ordine alla ragionevole durata del processo civile coinvolge nel caso in esame entrambi i gradi del giudizio amministrativo. A parte la considerazione che ad analoghe conclusioni si perverrebbe anche in presenza di un procedimento avanti al T.A.R., sia per i motivi sopra esposti che per quanto si dira' nella individuazione del giudice competente, si rileva che ai fini in esame il procedimento deve essere considerato un "unicum", tenuto conto della previsione normativa che fa riferimento, per lo spostamento, al luogo in cui si e' concluso, si e' estinto od e' ancora pendente il procedimento, evidentemente considerato nella sua unita' indipendentemente dai gradi in cui si e' articolato. Consegue che la competenza territoriale per la trattazione dei ricorsi riguardanti ritardi verificatisi nel corso di giudizi svoltisi dinanzi a giudici diversi da quello ordinario deve essere individuata secondo i principi generali con riferimento all'art. 25 c.p.c. il quale, nel disciplinare il foro della P.A., prevede, quando essa e' convenuta, la competenza del giudice del luogo in cui e' sorta o deve eseguirsi l'obbligazione ed in cui si trova la cosa mobile od immobile oggetto della domanda, in applicazione quindi dei criteri previsti dagli artt. 20 e 21 c.p.c., sia pure con l'ulteriore specifico riferimento al luogo dove ha sede l'ufficio dell' avvocatura dello Stato. 
Pendendo avanti al Consiglio di Stato il procedimento della cui non ragionevole durata si discute, deve ritenersi, in applicazione degli esposti principi, che in Roma si e' realizzata la fattispecie considerata dalla Legge n. 89/01 ai fini della richiesta d'indennizzo e cioe' e' sorta l'obbligazione, cosi' come in Roma deve o ritenersi che debba essere eseguita l'obbligazione medesima ai sensi dell'art. 1182 u.c. c.c. in quanto, riguardando una somma di denaro non determinata, essa e' esigibile al domicilio del debitore. 
Deve dichiararsi quindi la competenza della Corte d'Appello di Roma, concorrendo a tale soluzione entrambi i criteri previsti dall'art. 25 c.p.c.. 
In considerazione della novita' della questione si ritiene di compensare fra le parti le spese del presente giudizio di cassazione. 

P.Q.M. 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
Dichiara la competenza della Corte d'Appello di Roma avanti alla quale rimette le parti per il giudizio. 
Cassa il decreto della Corte d'Appello di Bari. Compensa le spese. 
Roma, 12.11.2002. 
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 4 FEBBRAIO 2003

 

BREVI NOTE SULL’ORDINANZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE; SEZ. 1 CIV. DEL 4.02.2003 n. 1653

L’ordinanza della Suprema Corte,  risolvendo la problematica inerente al caso specifico ponendo come criterio base determinativo della competenza l’art.25 c.p.c. è andata ben oltre e,  in un obiter dictum,  ha cercato di individuare un criterio generale e, pertanto, sempre utilizzabile nella determinazione della competenza territoriale per i giudizi ex lege n.89/2001.

In relazione ai casi in cui l’oggetto della domanda in sede giurisdizionale sia la richiesta di indennizzo ex lege 89/2001, essendo in tali giudizi una delle parti necessarie sempre un’amministrazione dello Stato,  il criterio da utilizzare per l’individuazione del giudice competente a conoscere della controversia è quello espresso dall’art.25 c.p.c.

La S.C. riferendosi ad un  tale criterio determinativo del foro territoriale di natura funzionale ed inderogabile quale quello stabilito ai sensi dell’art.25 c.p.c. ha inteso spazzare via ogni dubbio interpretativo sulla questione.

Il percorso logico seguito dalla Corte parte dal fatto che il criterio determinativo della competenza per i giudizi sull’equa riparazione di cui all’art.3 legge n.89/2001, facendo perno sulla suddivisione in distretti degli uffici giudiziari sul territorio, restringe la sua portata applicativa alle sole ipotesi in cui il giudice competente sia un giudice ordinario.

 Nel caso di specie risolto dalla Corte, essendo competente a conoscere della questione un giudice amministrativo, il criterio tracciato dalla legge n.89/2001 non può trovare applicazione neppure in via analogica poiché già di per sé derogatorio dei normali criteri individuativi della competenza territoriale.

Di qui lo spunto per fare una volta per tutte chiarezza sui problemi identificativi dell’ufficio giudiziario competente attraverso la scelta del foro qualificato come inderogabile ex lege, (art.25 c.p.c.). Quest’ultimo articolo nel disciplinare il foro della Pubblica Amministrazione prevede che quando essa è convenuta,  ovvero de facto in tutti i giudizi sull’equa riparazione, la competenza del giudice va individuata nel luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione o nel luogo in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda, in applicazione dei criteri previsti ex articoli 20 e 21 c.p.c., o in alternativa nel foro concorrente del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato.

Gli articoli 20 e 21 c.p.c., che risultano indicati ai fini dell’individuazione del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione, pongono un richiamo implicito all’art.1182 c.c., norma inquadrata nel  libro IV del codice civile, nel capo dedicato all’adempimento delle obbligazioni che stabilisce i criteri generali del luogo in cui le obbligazioni devono essere adempiute a seconda della loro natura giuridica.

 Infatti, così come è sancito dal terzo comma della norma in questione, nel caso di obbligazioni di natura pecuniaria ab initio e, pertanto, certe nel loro ammontare, ed esigibili alla scadenza, la prestazione va adempiuta (trattandosi di debiti portabili) al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza.

Ma nel caso di un’obbligazione  di natura riparatoria  e non considerabile ab initio di natura pecuniaria (poiché l’obbligo dello Stato di garantire un giusto processo è monetizzabile solo quando non è adempiuto), deve essere utilizzato l’ultimo comma dell’art 1182  c.c. per individuare il luogo in cui deve eseguirsi l’obbligazione.

Invero, tale ultimo comma fornisce un criterio generale per tutte le ipotesi in cui l’oggetto della prestazione non sia una somma di denaro di ammontare determinato sancendo quanto segue : “ Negli altri casi l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha  al tempo della scadenza “.

L’inciso “negli altri casi” rappresenta una clausola di salvezza predisposta dal legislatore volta ad inglobare tutti gli altri tipi di obblighi ( fare, dare, non fare, debiti di valore in genere) che esulano dalle obbligazioni pecuniarie puramente intese.

Orbene, utilizzando questo criterio fissato dall’ultimo comma dell’art 1182 c.c., si ripete implicitamente richiamato negli art. 20 e 21 c.p.c. a loro volta ricollegati all’art.25 c.p.c., il domicilio del debitore o luogo in cui deve eseguirsi l’obbligo indennitario è Roma visto che il debitore è l’amministrazione statale. Pertanto, giudice competente a conoscere tali giudizi ex lege n.89/2001 risulta essere la Corte di Appello di Roma.

 Allo stesso risultato si arriva anche nel caso in cui ci si voglia avvalere del foro alternativo e concorrente rappresentato dal luogo in cui ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato. Vista, in definitiva lo sbocco univoco dei due criteri ai fini dell’individuazione del medesimo giudice competente non può che sposarsi l’innovativo intervento della Suprema Corte in merito.

 

Benevento, 19.02.2003                

                                                                                    Avv. Giovanni Romano

(avvocato in Benevento)

                                                                     Avv. Margherita Cardona Albini

(avvocato in Benevento)