San Marino

 

                                                             

 

Corte europea dei Diritti dell'Uomo sentenza 18 febbraio 1999
CASO BUSCARINI ED ALTRI contro SAN-MARINO

 
Con la sentenza del 18 febbraio 1999 nel caso Buscarini ed altri contro San-Marino, la Corte europea dei Diritti dell'Uomo ha dichiarato all'unanimità che vi è stata violazione dell'articolo 9 (libertà di pensiero, di coscienza e di religione) della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, con riferimento all'imposizione ai membri del Parlamento eletti dal popolo di prestare giuramento sui Vangeli .

1. Principali fatti

I ricorrenti, Signori Cristoforo Buscarini, Emilio Della Balda e Dario Manzaroli, cittadini san-marinesi, sono nati rispettivamente nel 1943, 1937 e 1953, e risiedono a San-Marino.

Il 18 giugno 1993, i ricorrenti , eletti al Parlamento (" Consiglio Grande e Generale "), prestarono giuramento per iscritto senza tuttavia riferirsi ai Vangeli, come prescritto dall'articolo 55 della Legge elettorale. Il 26 luglio 1993, il Parlamento ingiunse ai ricorrenti di ripetere il giuramento e di giurare questa volta sui Vangeli, a pena di decadenza del loro mandato. I ricorrenti si assoggettarono all'intimazione, pur denunciando segnatamente una violazione della loro libertà di religione e di coscienza, garantita dall'articolo 9 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo.

Nell'ottobre 1993, la Legge n° 115 ha introdotto la facoltà di scelta per i membri del Parlamento, tra la formula di giuramento tradizionale e quella sostitutiva del riferimento ai Vangeli, con la frase "sul mio onore". La formula tradizionale è sempre in vigore per le altre cariche pubbliche.

2. Procedura

Il ricorso è stato introdotto davanti alla Commissione europea dei Diritti dell'Uomo il 17 novembre 1993. Dopo aver dichiarato ricevibile il ricorso, la Commissione ha adottato, il 2 dicembre 1997, un rapporto esprimendo il parere che vi era stata violazione dell'articolo 9 della Convenzione (all'unanimità).

Il caso è stato deferito alla Corte dal primo ricorrente il 10 marzo 1998, dal Governo della Repubblica di San-Marino il 16 marzo 1998, successivamente dal secondo ricorrente il 3 aprile 1998. Il terzo ricorrente ha dichiarato di non voler partecipare alla procedura.

Conformemente alle disposizioni transitorie del Protocollo n° 11 aggiuntivo alla Convenzione, il caso è stato trasmesso alla Grande Camera della Corte europea dei Diritti dell'Uomo alla data d'entrata in vigore del Protocollo, il 1° novembre 1998. La sentenza è stata resa dalla Grande Camera composta da diciassette giudici.

3. Sintesi della sentenza

Doglianze

I ricorrenti lamentano che l'obbligo di prestare giuramento sui Vangeli a pena di decadenza del loro mandato di parlamentari viola il loro diritto alla libertà di coscienza e di religione, previsto dall'articolo 9 della Conventione europea dei Diritti dell'Uomo.

Decisione della Corte

Le eccezioni preliminari del Governo

La Corte rigetta innanzi tutto le eccezioni preliminari del Governo convenuto, fondate rispettivamente sul preteso carattere abusivo del ricorso, della sua tardività così come del non esaurimento delle vie di ricorso interne.

Fondatezza della doglianza.

La Corte ricorda innanzitutto la sua giurisprudenza pertinente (sentenza Kokkinakis c. Grecia del 25 maggio 1993, serie A n° 260-A, p. 17, § 31).

Con riferimento agli argomenti del Governo, che sottolinea segnatamente l'importanza del giuramento degli eletti dal popolo, la particolarità di San-Marino, la cui storia e le tradizioni nazionali hanno dei legami con la religione cristiana, essendo stata fondata la Repubblica da un santo, ed il fatto che oggi il valore religioso del giuramento sarebbe sostituito dalla "necessità di proteggere l'ordine pubblico, cioè la coesione sociale e la fiducia dei cittadini nelle loro istituzioni tradizionali ", la Corte osserva, che a prescindere dal carattere legittimo dei fini indicati dal Governo, sul quale essa non ritiene necessario pronunciarsi, nessuno può dubitare che il diritto nazionale in causa garantisce, in generale, la libertà di coscienza e di religione. Nella presente fattispecie, il fatto di aver imposto ai ricorrenti il giuramento sui Vangeli equivale comunque all'obbligo per due eletti dal popolo di fare adesione ad una determinata religione e questo non è compatibile con l'articolo 9 della Convenzione. Come è stato affermato giustamente dalla Commissione nel suo rapporto, sarebbe contradittorio sottomettere l'esercizio di un mandato che tende a rappresentare nell'ambito del Parlamento differenti visioni della società, alla condizione di aderire innanzitutto ad una visione determinata del mondo. La restrizione incriminata non potrebbe essere d'altronde giustificata siccome " necessaria in una società democratica ".

Quanto all'argomento del Governo secondo cui il ricorso sarebbe divenuto senza oggetto in conseguenza dell'adozione della legge n° 115/1993, la Corte constata che la prestation del giuramento oggeto della lite era anteriore a questa legge.

Articolo 41 della Convenzione

La Corte stima che nelle circostanze di causa, la constatazione della violazione dell'articolo 9 della Convenzione costituisce una equa soddisfazione sufficiente. Quanto alle spese legali, la Corte decide di non pronunciarsi non avendo i ricorrenti quantificato la loro domanda al riguardo.