sentenza 15 ottobre 2002

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA’ EUROPEE (LUSSEMBURGO) SENTENZA 15 ottobre 2002.Nei procedimenti riuniti C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P, e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij NV (LVM), DSM NV e DSM Kunststoffen BV, Montedison SpA, Elf Atochem SA, Degussa AG, Enichem SpA, Wacker-Chemie GmbH, Hoechst AG, Imperial Chemical Industries plc (ICI), contro Commissione delle Comunità europee. (La Corte di Giustizia delle Comunità Europee in sede di intepretazione dei diritti fondamentali dei quali la stessa Corte di Giustizia delle Comunità Europee garantisce l'osservanza, deve tener conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che a sua volta interpreta la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo).

   

SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA’ EUROPEE (LUSSEMBURGO)

15 ottobre 2002

Indice

I - Fatti all'origine della controversia I - 7

II - Ricorsi dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata I - 10

III - Conclusioni formulate nei ricorsi di impugnazione I - 11

IV - Motivi dedotti per l'annullamento della sentenza impugnata I - 13

V - Quanto alle impugnazioni I - 17

A - Quanto ai motivi attinenti alla procedura ed alla forma I - 17

1. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison, dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativo alla violazione degli artt. 10, n. 1, e 32, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale I - 17

2. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dall'Enichem e dall'ICI relativo alla violazione dell'autorità del giudicato I - 18

3. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM e dall'ICI relativo alla violazione del principio ne bis in idem I - 20

4. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dalla Elf Atochem, dalla Degussa, dall'Enichem e dall'ICI relativo all'invalidità degli atti del procedimento precedenti l'adozione della decisione PVC I I - 23

5. Quanto al motivo, dedotto da tutte le ricorrenti, relativo alla necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi dopo l'annullamento della decisione PVC I, nonché al motivo, dedotto dall'ICI, relativo al carattere incompleto del fascicolo sottoposto alla deliberazione del collegio dei membri della Commissione in sede di adozione della decisione PVC II I - 24

a) Quanto alla mancanza di una nuova comunicazione degli addebiti I - 25

b) Quanto alla mancanza di una nuova audizione delle imprese interessate I - 25

c) Quanto alla mancanza di una nuova consultazione del comitato consultivo I - 31

d) Quanto alla mancanza di un nuovo intervento del consigliere auditore I - 32

e) Quanto alla composizione del fascicolo sottoposto alla deliberazione del collegio dei membri della Commissione I - 33

6. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dalla Montedison e dall'ICI relativo alla prescrizione delle azioni sanzionatorie I - 34

7. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dalla Degussa e dall'ICI relativo alla violazione del principio del termine ragionevole I - 39

a) Quanto alle doglianze relative all'art. 6 della CEDU I - 40

b) Quanto alle doglianze relative alla sanzione applicabile in caso di violazione del principio del termine ragionevole I - 41

c) Quanto alle doglianze relative al rispetto del principio del termine ragionevole I - 42

i) Doglianze mosse contro il procedimento amministrativo avviato dalla Commissione I - 43

- Suddivisione del procedimento amministrativo in due fasi I - 43

- Mancata verifica della durata del procedimento amministrativo alla luce di tutti i criteri di valutazione del termine ragionevole I - 43

- Violazione del principio del termine ragionevole a motivo della durata del procedimento amministrativo I - 45

ii) Doglianza riguardante il mancato esame da parte del Tribunale, alla luce del principio del termine ragionevole, dei procedimenti giurisdizionali precedenti l'adozione della decisione PVC II I - 47

iii) Doglianza relativa alla violazione da parte del Tribunale del principio del termine ragionevole a motivo della durata del procedimento giurisdizionale conclusosi con la sentenza impugnata I - 48

iv) Doglianza relativa alla violazione del principio del termine ragionevole a motivo della durata complessiva dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali attivati nel caso di specie I - 50

Argomenti delle parti I - 50

Giudizio della Corte I - 51

8. Quanto al motivo dedotto dalla DSM relativo alla violazione del principio dell'inviolabilità del domicilio I - 52

9. Quanto al motivo dedotto dalla LVM e dalla DSM relativo alla violazione del diritto a non contribuire alla propria incolpazione I - 56

10. Quanto al motivo dedotto dalla DSM e dall'ICI relativo alla violazione del segreto professionale e dei diritti della difesa I - 62

11. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dalla Elf Atochem, dalla Degussa e dall'Enichem relativo alla violazione dei diritti della difesa derivante da un accesso insufficiente al fascicolo della Commissione I - 65

12. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo alla violazione del diritto ad un processo equo, degli artt. 48, n. 2, e 64 del regolamento di procedura delTribunale e del principio della responsabilità personale a motivo delle modalità organizzative della fase orale I - 71

13. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo alla violazione del diritto ad un processo equo e dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale nell'ambito della valutazione degli elementi di prova I - 72

14. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo alla violazione dell'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale I - 76

15. Quanto al motivo dedotto dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativo all'incompleta valutazione dei fatti I - 78

16. Quanto al motivo dedotto dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativo allo snaturamento degli elementi di prova I - 80

17. Quanto ai motivi dedotti dalla Montedison, dalla Elf Atochem, dalla Degussa, dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativi all'omessa pronuncia del Tribunale su alcuni motivi dinanzi ad esso proposti, nonché alla contraddittorietà e all'insufficienza di talune parti della motivazione della sentenza impugnata I - 81

a) Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo all'omessa pronuncia del Tribunale sul motivo riguardante il definitivo trasferimento al giudice comunitario del potere di infliggere sanzioni dopo la decisione della Commissione I - 81

b) Quanto al motivo dedotto dalla Elf Atochem relativo all'omessa pronuncia del Tribunale sul motivo riguardante alcune differenze esistenti tra le decisioni PVC I e PVC II I - 83

c) Quanto al motivo dedotto dalla Degussa relativo all'omessa pronuncia del Tribunale sulla censura riguardante il mancato intervento del consigliere auditore prima dell'adozione della decisione PVC II I - 84

d) Quanto al motivo dedotto dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativo alla contraddittorietà e all'insufficienza della motivazione della sentenza impugnata per quanto riguarda la valutazione di alcune prove documentali I - 84

18. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dall'Enichem e dall'ICI relativo all'insufficiente o erronea motivazione del rigetto di un motivo relativo alla violazione, da parte della Commissione, dell'art. 190 del Trattato CE per quanto riguarda la scelta di quest'ultima di adottare la decisione PVC II dopo l'annullamento della decisione PVC I I - 85

19. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison, dalla Degussa e dall'Enichem relativo all'erronea valutazione della portata dell'obbligo di motivazione incombente alla Commissione quanto alle modalità di calcolo dell'ammenda I - 88

Argomenti delle ricorrentiI - 88

Giudizio della Corte I - 89

20. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo all'erroneo rigetto, perché irricevibili, delle sue conclusioni dirette ad ottenere la condanna della Commissione al risarcimento dei danni  I - 91

B - Quanto ai motivi attinenti al merito I - 92

1. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo al mancato esame, da parte del Tribunale, del contesto economico I - 92

2. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo al fatto che le sarebbe stata imputata una responsabilità collettiva I - 96

3. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo all'erronea imputazione dell'infrazione all'Enichem stessa, considerata quale holding di un gruppo, nonché all'erronea esclusione, da parte del Tribunale, della rilevanza del fatturato della holding ai fini della determinazione dell'importo dell'ammenda I - 99

4. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo all'errore di diritto commesso dal Tribunale circa le conseguenze che esso ha tratto dalla propria constatazionedella mancanza di correlazione tra due documenti posti a base dell'accusa della Commissione  I - 102

Elementi della decisione PVC II in questione dinanzi al Tribunale I - 102

Punti contestati della motivazione della sentenza impugnata I - 103

Argomenti della ricorrente I - 104

Giudizio della Corte I - 105

5. Quanto al motivo dedotto dalla Waker-Chemie e dalla Hoechst relativo alla violazione degli artt. 85, n. 1, del Trattato CE e 15, n. 2, del regolamento n. 17 I - 108

6. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo alla violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, a motivo di un errore del Tribunale quanto al rapporto esistente tra il fatturato dell'esercizio precedente la decisione PVC II e l'importo dell'ammenda I - 110

7. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo alla violazione del principio di proporzionalità nella fissazione dell'importo dell'ammenda I - 112

8. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo al carattere sproporzionato e iniquo dell'ammenda rispetto alla gravità e alla durata dell'infrazione I - 113

9. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo alla violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda l'ammontare dell'ammenda I - 114

10. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo all'erronea interpretazione e applicazione del diritto comunitario e all'insufficiente valutazione delle prove per quanto riguarda il rapporto tra l'ammenda inflitta alla ricorrente e la sua quota di mercato I - 115

Argomenti della ricorrente I - 115

Giudizio della Corte I - 116

11. Quanto al motivo dedotto dall'ICI relativo al mancato annullamento o alla mancata riduzione dell'ammenda da parte del Tribunale come conseguenza di una violazione del principio del termine ragionevole I - 120

VI - Quanto alle conseguenze degli annullamenti parziali della sentenza impugnata I - 120

A - Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo alla violazione del suo diritto di accesso al fascicolo della Commissione I - 120

B - Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo al definitivo trasferimento al giudice comunitario del potere di infliggere sanzioni dopo la decisione della Commissione I - 126

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Concorrenza - Policloruro di vinile (PVC) - Art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE) - Annullamento di una decisione della Commissione - Nuova decisione - Atti che hanno preceduto la prima decisione - Autorità del giudicato - Principio ne bis in idem - Prescrizione - Termine ragionevole - Motivazione - Accesso al fascicolo - Processo equo - Segreto professionale - Autoincolpazione - Vita privata - Ammende»

Nei procedimenti riuniti C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P, e C-254/99 P,

Limburgse Vinyl Maatschappij NV (LVM), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dall'avv. I.G.F. Cath, advocaat, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-238/99 P),

DSM NV e DSM Kunststoffen BV, con sede in Heerlen (Paesi Bassi), rappresentate dall'avv. I.G.F. Cath, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-244/99 P),

Montedison SpA, con sede in Milano, rappresentata dagli avv.ti G. Celona e P.A.M. Ferrari, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-245/99 P),

Elf Atochem SA, con sede in Parigi (Francia), rappresentata dall'avv. X. de Roux, avocat, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-247/99 P),

Degussa AG, già Degussa-Hüls AG, e prima ancora Hüls AG, con sede in Marl (Germania), rappresentata dall'avv. F. Montag, Rechtsanwalt, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-250/99 P),

Enichem SpA, con sede in Milano, rappresentata dagli avv.ti M. Siragusa e F.M. Moretti, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-251/99 P),

Wacker-Chemie GmbH, con sede in Monaco di Baviera (Germania),

Hoechst AG, con sede in Francoforte sul Meno (Germania),

rappresentate dall'avv. H. Hellmann, Rechtsanwalt, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-252/99 P),

Imperial Chemical Industries plc (ICI), con sede in Londra (Regno Unito), rappresentata dai sigg. D. Vaughan e D. Anderson, QC, dal sig. K. Bacon, barrister, nonché dal sig. R.J. Coles e dalla sig.ra S. Turner, solicitors, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-254/99 P),

ricorrenti,

aventi ad oggetto vari ricorsi diretti all'annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Terza Sezione ampliata) il 20 aprile 1999 nelle cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (Racc. pag. II-931),

procedimento in cui l'altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. J. Currall e W. Wils, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. M.H. van der Woude, avocat (C-238/99 P e C-244/99 P), dall'avv. R.M. Morresi (C-245/99 P e C-251/99 P), dall'avv. E. Morgan de Rivery, avocat (C-247/99 P), e dall'avv. A. Böhlke, Rechtsanwalt (C-250/99 P e C-252/99 P), nonché dal sig. D. Lloyd-Jones, QC (C-254/99 P), con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE,

composta dai sigg. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.-P. Puissochet, presidente di sezione, C. Gulmann (relatore), D.A.O. Edward, A. La Pergola e P. Jann, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, nonché dal sig. S. von Bahr, giudici,

avvocato generale: J. Mischo


cancelliere: sig.ra D. Louterman-Hubeau, capodivisione, e sig.ra L. Hewlett, amministratore

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 13 giugno 2001, nel corso della quale la Limburgse Vinyl Maatschappij NV (LVM), la DSM NV e la DSM Kunststoffen BV sono state rappresentate dall'avv. I.G.F. Cath (C-238/99 P e C-244/99 P), la Montedison SpA dagli avv.ti G. Celona e P.A.M. Ferrari (C-245/99 P), la Elf Atochem SA dall'avv. C.-H. Léger, avocat (C-247/99 P), la Degussa AG dall'avv. F. Montag (C-250/99 P), l'Enichem SpA dagli avv.ti M. Siragusa e F. M. Moretti (C-251/99 P), la Wacker-Chemie GmbH e la Hoechst AG dagli avv.ti H. Hellmann e H.-J. Hellmann, Rechtsanwalt (C-252/99 P), la Imperial Chemical Industries plc (ICI) dagli avv.ti D. Vaughan, D. Anderson, R. J. Coles, dalla sig.ra S. Turner e dalla sig.ra S.C. Berwick, solicitor (C-254/99 P), e la Commissione dai sigg. J. Currall e W. Wils, assistiti dagli avv.ti M.H. van der Woude (C-238/99 P e C-244/99 P), R.M. Morresi (C-245/99 P e C-251/99 P), E. Morgan de Rivery(C-247/99 P) ed A. Böhlke (C-250/99 P e C-252/99 P), nonché dal sig. D. Lloyd-Jones (C-254/99 P),

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 25 ottobre 2001,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.

Con atti introduttivi depositati nella cancelleria della Corte tra il 24 giugno e l'8 luglio 1999, la Limburgse Vinyl Maatschappij NV (in prosieguo: la «LVM»), la DSM NV e la DSM Kunststoffen BV, la Montedison SpA (in prosieguo: la «Montedison»), la Elf Atochem SA (in prosieguo: la «Elf Atochem»), la Degussa AG (in prosieguo: la «Degussa»), già Degussa-Hüls AG, e prima ancora Hüls AG (in prosieguo: la «Hüls»), l'Enichem SpA (in prosieguo: l'«Enichem»), la Wacker-Chemie GmbH (in prosieguo: la «Wacker-Chemie») e la Hoechst AG (in prosieguo: la «Hoechst»), nonché l'Imperial Chemical Industries plc (in prosieguo: l'«ICI») hanno proposto, a norma dell'art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, vari ricorsi di impugnazione contro la sentenza del Tribunale di primo grado 20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (Racc. pag. II-931; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha, in particolare, ridotto le ammende inflitte alla Elf Atochem ed all'ICI dalla decisione della Commissione 27 luglio 1994, 94/599/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/31 865 - PVC) (GU L 239, pag. 14; in prosieguo: la «decisione PVC II»), e respinto per il resto i ricorsi delle dette società diretti all'annullamento di tale decisione.

I - Fatti all'origine della controversia

2.

In seguito ad accertamenti compiuti in data 13 e 14 ottobre 1983 nel settore del polipropilene, ai sensi dell'art. 14 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), la Commissione delle Comunità europee apriva un'istruttoria riguardante il policloruro di vinile (in prosieguo: il «PVC»). Essa effettuava quindi una serie di verifiche presso i locali delle imprese interessate ed inviava a queste ultime svariate domande di informazioni.

3.

Il 24 marzo 1988 la Commissione avviava d'ufficio, a norma dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17, un procedimento contro quattordici produttori di PVC. Il 5 aprile 1988 essa inviava a ciascuna di tali imprese la comunicazione degli addebiti prevista dall'art. 2, n. 1, del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all'articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17(GU 1963, n. 127, pag. 2268). Tutte le imprese destinatarie della detta comunicazione presentavano osservazioni nel corso del mese di giugno 1988. Ad eccezione della Shell International Chemical Company Ltd (in prosieguo: la «Shell»), che non aveva fatto domanda in tal senso, esse venivano sentite nel corso del mese di settembre 1988.

4.

Il 1° dicembre 1988 il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti (in prosieguo: il «comitato consultivo») emetteva il proprio parere sul progetto preliminare di decisione della Commissione.

5.

All'esito del procedimento, la Commissione adottava la decisione 21 dicembre 1988, 89/190/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del Trattato CEE (IV/31.865, PVC) (GU 1989, L 74, pag. 1; in prosieguo: la «decisione PVC I»). Con tale decisione, la Commissione irrogava sanzioni, per violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE), ai seguenti produttori di PVC: Atochem SA, BASF AG (in prosieguo: la «BASF»), DSM NV, Enichem, Hoechst, Hüls, ICI, LVM, Montedison, Norsk Hydro A/S (in prosieguo: la «Norsk Hydro»), la Société artésienne de vinyle SA (in prosieguo: la «Societé artésienne de vinyle»), Shell, Solvay & Cie (in prosieguo: la «Solvay») e Wacker-Chemie.

6.

Tutte queste imprese, tranne la Solvay, proponevano ricorso dinanzi al giudice comunitario per ottenere l'annullamento di tale decisione.

7.

Con ordinanza 19 giugno 1990, causa T-106/89, Norsk Hydro/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), il Tribunale dichiarava irricevibile il ricorso della Norsk Hydro.

8.

Le altre cause venivano riunite ai fini della trattazione orale e della sentenza.

9.

Con sentenza 27 febbraio 1992, cause riunite T-79/89, da T-84/89 a T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89, BASF e a./Commissione (Racc. pag. II-315; in prosieguo: la «sentenza del Tribunale 27 febbraio 1992»), il Tribunale dichiarava inesistente la decisione PVC I.

10.

Su impugnazione della Commissione, la Corte, con sentenza 15 giugno 1994, causa C-137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I-2555; in prosieguo: la «sentenza della Corte 15 giugno 1994»), annullava la sentenza del Tribunale 27 febbraio 1992 e la decisione PVC I.

11.

Il 27 luglio 1994 la Commissione adottava la decisione PVC II nei confronti dei produttori chiamati in causa dalla decisione PVC I, ad eccezione della Solvay e della Norsk Hydro. Tale nuova decisione infliggeva alle imprese destinatarie ammende del medesimo importo di quelle ad esse inflitte dalla decisione PVC I.

12.

La decisione PVC II reca le seguenti disposizioni:

«Articolo 1

BASF AG, DSM NV, Elf Atochem SA, Enichem SpA, Hoechst AG, [Hüls] AG, Imperial Chemical Industries plc, Limburgse Vinyl Maatschappij NV, Montedison SpA, Société [a]rtésienne de [vinyle] SA, Shell International Chemical Co. Ltd e Wacker Chemie GmbH hanno violato l'articolo 85 del trattato CE, partecipando (insieme a Norsk Hydro [A/S] e Solvay & Cie) per i periodi indicati nella presente decisione ad un accordo [e/o ad] una pratica concordata con inizio intorno all'agosto 1980, in base a[i] qual[i] i produttori che forniscono PVC nel territorio della Comunità hanno preso parte a riunioni periodiche intese a fissare prezzi obiettivo e quote obiettivo, a programmare iniziative concordate per aumentare i livelli dei prezzi e a controllare l'esecuzione dei predetti accordi collusivi.

Articolo 2

Le imprese menzionate nell'articolo 1 che operano tuttora nel settore del PVC (...) (eccetto Norsk Hydro [A/S] e Solvay & Cie, che [hanno già ricevuto ordine] di porre fine alle infrazioni) pongono immediatamente fine alle suddette infrazioni (se già non vi abbiano provveduto) e si astengono d'ora in poi, per quanto riguarda le attività che esse svolgono nel settore del PVC, da ogni accordo o pratica concordata che possa avere oggetto o effetto identico o analogo, compreso ogni scambio di informazioni normalmente coperte dal segreto commerciale, mediante il quale i partecipanti poss[a]no conoscere direttamente o indirettamente dati concernenti la produzione, le forniture, l'entità delle scorte, i prezzi di vendita, [i costi o i piani di investimento] di altri (...) produttori, nonché da ogni accordo o pratica concordata con cui essi siano in grado di controllare l'[esecuzione di] qualsiasi accordo espresso o tacito o [di] qualsiasi pratica concordata in materia di prezzi o di ripartizione dei mercati all'interno della Comunità. Ogni sistema di scambio di informazioni generali in relazione al settore PVC al quale i produttori aderiscano deve essere gestito in modo tale da escludere qualsiasi informazione che consenta di individuare il comportamento dei singoli produttori; in particolare, le imprese si astengono dallo scambiarsi informazioni supplementari aventi rilevanza ai fini della concorrenza e non previste in tale sistema.

Articolo 3

Per l'infrazione di cui all'articolo 1, le seguenti ammende vengono inflitte alle imprese menzionate qui di seguito:

i) BASF AG: ammenda di 1 500 000 ECU;

ii) DSM NV: ammenda di 600 000 ECU;

iii) Elf Atochem SA: ammenda di 3 200 000 ECU;

iv) Enichem SpA: ammenda di 2 500 000 ECU;

v) Hoechst AG: ammenda di 1 500 000 ECU;

vi) [Hüls] AG: ammenda di 2 200 000 ECU;

vii) Imperial Chemical Industries plc: ammenda di 2 500 000 ECU;

viii) Limburgse Vinyl Maatschappij NV: ammenda di 750 000 ECU;

ix) Montedison SpA: ammenda di 1 750 000 ECU;

x) Société [a]rtésienne de [vinyle] SA: ammenda di 400 000 ECU;

xi) Shell International Chemical Company Ltd: ammenda di 850 000 ECU;

xii) Wacker Chemie GmbH: ammenda di 1 500 000 ECU».

II - Ricorsi dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

13.

Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale tra il 5 e il 14 ottobre 1994, la LVM, la Elf Atochem, la BASF, la Shell, la DSM NV e la DSM Kunststoffen BV (in prosieguo congiuntamente denominate: la «DSM»), la Wacker-Chemie, la Hoechst, la Société artésienne de vinyle, la Montedison, l'ICI, la Hüls e l'Enichem hanno proposto vari ricorsi dinanzi al Tribunale.

14.

Ciascuna delle ricorrenti ha concluso chiedendo l'annullamento, in tutto o in parte, della decisione PVC II e, in subordine, l'annullamento dell'ammenda inflittale ovvero la riduzione del suo ammontare. La Montedison ha chiesto inoltre la condanna della Commissione al risarcimento dei danni.

15.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha:

- riunito i procedimenti ai fini della sentenza;

- annullato l'art. 1 della decisione PVC II nella parte in cui assumeva che la Société artésienne de vinyle avesse partecipato successivamente al primo semestre 1981 all'infrazione contestata;

- ridotto, rispettivamente, a euro 2 600 000, euro 135 000 ed euro 1 550 000 le ammende inflitte alla Elf Atochem, alla Société artésienne de vinyle e all'ICI;

- respinto i ricorsi per il resto;

- statuito sulle spese.

III - Conclusioni formulate nei ricorsi di impugnazione

16.

La LVM e la DSM concludono che la Corte voglia:

- annullare interamente o parzialmente la sentenza impugnata e porre fine al procedimento o, in subordine, rinviare la causa al Tribunale per la riapertura del procedimento;

- annullare interamente o parzialmente la decisione PVC II;

- annullare le ammende inflitte alle ricorrenti ovvero ridurne gli ammontari;

- condannare la Commissione alle spese del procedimento di primo grado ed a quelle del presente grado di giudizio.

17.

La Montedison conclude che la Corte voglia:

- annullare la sentenza impugnata;

- annullare la decisione PVC II;

- rinviare la causa al Tribunale;

- ridurre l'importo dell'ammenda ad una somma minima;

- condannare la Commissione alle spese del procedimento di primo grado ed a quelle del presente grado di giudizio.

18.

La Elf Atochem conclude che la Corte voglia:

- annullare la sentenza impugnata e statuire in via definitiva sulla controversia;

- condannare la Commissione alle spese.

19.

La Degussa conclude che la Corte voglia:

- annullare la sentenza impugnata nella parte in cui respinge il ricorso della ricorrente e la condanna alle spese;

- annullare gli artt. 1, 2 e 3 della decisione PVC II in quanto riguardanti la detta ricorrente;

- condannare la Commissione alle spese del procedimento di primo grado ed a quelle del presente grado di giudizio.

20.

L'Enichem conclude che la Corte voglia:

- annullare la sentenza impugnata nelle parti contestate da essa ricorrente e, quindi, annullare la decisione PVC II;

- in subordine, annullare la sentenza impugnata nelle parti arrecanti pregiudizio alla detta ricorrente e, quindi, annullare o ridurre l'ammenda inflitta;

- condannare la Commissione alle spese del procedimento di primo grado ed a quelle del presente grado di giudizio.

21.

La Wacker-Chemie e la Hoechst concludono che la Corte voglia:

- annullare i punti 4 e 5 del dispositivo della sentenza impugnata in quanto riguardanti le ricorrenti;

- annullare la decisione PVC II nella parte riguardante le ricorrenti;

- in subordine, ridurre l'importo delle ammende ad esse inflitte;

- in ulteriore subordine, rinviare la causa al Tribunale affinché questo statuisca nuovamente sulla controversia;

- condannare la Commissione alle spese o, in caso di rinvio al Tribunale, riservare la pronuncia sulle spese per lasciare la relativa valutazione a quest'ultimo giudice.

22.

L'ICI conclude che la Corte voglia:

- annullare la sentenza impugnata nella parte riguardante la ricorrente;

- annullare la decisione PVC II nella parte riguardante la ricorrente o, in difetto, rinviare la causa al Tribunale;

- annullare l'ammenda, ridotta ad euro 1 550 000 dal Tribunale, ovvero ridurne ulteriormente l'ammontare;

- condannare la Commissione alle spese del procedimento di primo grado ed a quelle del presente grado di giudizio.

23.

La Commissione conclude che la Corte voglia:

- respingere le impugnazioni;

- condannare le ricorrenti alle spese.

IV - Motivi dedotti per l'annullamento della sentenza impugnata

24.

La LVM e la DSM deducono nove motivi, sostanzialmente identici, per l'annullamento della sentenza impugnata:

- violazione dell'autorità del giudicato;

- violazione del principio ne bis in idem;

- violazione del principio del termine ragionevole;

- invalidità degli atti del procedimento precedenti la decisione PVC I;

- necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi successivamente all'annullamento della decisione PVC I;

- insufficiente motivazione del rigetto di un motivo relativo alla violazione, da parte della Commissione, dell'art. 190 del Trattato CE (divenuto art. 253 CE) per quanto riguarda la scelta di quest'ultima di adottare la decisione PVC II dopo l'annullamento della decisione PVC I;

- violazione del diritto a non contribuire alla propria incolpazione;

- violazione dei diritti della difesa derivante da un accesso insufficiente al fascicolo della Commissione;

- prescrizione delle azioni sanzionatorie.

25.

La DSM deduce anche due ulteriori motivi:

- violazione del principio dell'inviolabilità del domicilio;

- violazione del segreto professionale e dei diritti della difesa.

26.

La Montedison deduce in sostanza undici motivi di annullamento:

- omessa pronuncia del Tribunale sul motivo da essa dedotto relativo al trasferimento definitivo al giudice comunitario del potere di infliggere sanzioni dopo la decisione della Commissione;

- necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi successivamente all'annullamento della decisione PVC I;

- mancato esame, da parte del Tribunale, del contesto economico;

- prescrizione delle azioni sanzionatorie;

- violazione del diritto ad un processo equo, degli artt. 48, n. 2, e 64 del regolamento di procedura del Tribunale e del principio della responsabilità personale a motivo delle modalità organizzative della fase orale;

- violazione del diritto ad un processo equo e dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale nell'ambito della valutazione degli elementi di prova;

- violazione degli artt. 10, n. 1, e 32, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale;

- erronea valutazione della portata dell'obbligo di motivazione incombente alla Commissione quanto alle modalità di calcolo dell'ammenda;

- carattere sproporzionato e iniquo dell'ammenda rispetto alla gravità e alla durata dell'infrazione;

- violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda l'ammontare dell'ammenda;

- erroneo rigetto, a motivo di irricevibilità, delle conclusioni della ricorrente dirette alla condanna della Commissione al risarcimento dei danni.

27.

La Elf Atochem deduce in sostanza quattro motivi di annullamento:

- omessa pronuncia del Tribunale sul motivo da essa dedotto relativo ad alcune differenze esistenti tra le decisioni PVC I e PVC II;

- invalidità degli atti del procedimento precedenti la decisione PVC I;

- necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi successivamente all'annullamento della decisione PVC I;

- violazione dei diritti della difesa derivante da un accesso insufficiente al fascicolo della Commissione.

28.

La Degussa deduce in sostanza sei motivi di annullamento:

- violazione del principio del termine ragionevole;

- invalidità degli atti del procedimento precedenti la decisione PVC I;

- necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi successivamente all'annullamento della decisione PVC I;

- omessa pronuncia del Tribunale sulla censura da essa proposta relativamente al mancato intervento del consigliere auditore prima dell'adozione della decisione PVC II;

- violazione dei diritti della difesa derivante da un accesso insufficiente al fascicolo della Commissione;

- erronea valutazione della portata dell'obbligo di motivazione incombente alla Commissione quanto alle modalità di calcolo dell'ammenda.

29.

L'Enichem deduce tredici motivi di annullamento:

- violazione dell'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale;

- violazione dell'autorità del giudicato;

- invalidità degli atti del procedimento precedenti la decisione PVC I;

- necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi successivamente all'annullamento della decisione PVC I;

- erronea motivazione del rigetto di un motivo relativo alla violazione, da parte della Commissione, dell'art. 190 del Trattato CE per quanto riguarda la scelta di quest'ultima di adottare la decisione PVC II dopo l'annullamento della decisione PVC I;

- errore di diritto commesso dal Tribunale quanto alle conseguenze che esso ha tratto dalla propria constatazione di un'assenza di correlazione tra due documenti posti a base dell'accusa della Commissione;

- imputazione di una responsabilità collettiva;

- violazione dei diritti della difesa derivante da un accesso insufficiente al fascicolo della Commissione;

- erronea imputazione dell'infrazione alla ricorrente, considerata quale holding di un gruppo, ed erronea esclusione, da parte del Tribunale, della rilevanza del fatturato della holding ai fini della determinazione dell'importo dell'ammenda;

- violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, a motivo di un errore del Tribunale quanto al rapporto esistente tra il fatturato dell'esercizio precedente la decisione PVC II e l'importo dell'ammenda;

- erronea valutazione della portata dell'obbligo di motivazione incombente alla Commissione quanto alle modalità di calcolo dell'ammenda;

- erronea interpretazione e applicazione del diritto comunitario e insufficiente valutazione delle prove per quanto riguarda il rapporto tra l'ammenda inflitta alla ricorrente e la sua quota di mercato;

- violazione del principio di proporzionalità nella fissazione dell'importo dell'ammenda.

30.

La Wacker-Chemie e la Hoechst deducono sei motivi di annullamento:

- violazione degli artt. 10, n. 1, e 32, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale;

- valutazione incompleta dei fatti;

- contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza impugnata per quanto riguarda la valutazione di alcune prove documentali;

- snaturamento degli elementi di prova;

- necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi successivamente all'annullamento della decisione PVC I;

- violazione degli artt. 85, n. 1, del Trattato CE e 15, n. 2, del regolamento n. 17.

31.

L'ICI deduce in sostanza nove motivi di annullamento:

- violazione dell'autorità del giudicato;

- violazione del principio ne bis in idem;

- violazione del principio del termine ragionevole;

- invalidità degli atti del procedimento precedenti la decisione PVC I;

- necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi successivamente all'annullamento della decisione PVC I e carattere incompleto del fascicolosottoposto alla deliberazione del collegio dei membri della Commissione in sede di adozione della decisione PVC II;

- erronea motivazione del rigetto di un motivo relativo alla violazione, da parte della Commissione, dell'art. 190 del Trattato CE per quanto riguarda la scelta di quest'ultima di adottare la decisione PVC II dopo l'annullamento della decisione PVC I;

- violazione del segreto professionale e dei diritti della difesa;

- prescrizione delle azioni sanzionatorie;

- mancato annullamento o mancata riduzione dell'ammenda da parte del Tribunale come conseguenza di una violazione del principio del termine ragionevole.

V - Quanto alle impugnazioni

32.

Dopo aver sentito sul punto le osservazioni delle parti e dell'avvocato generale, occorre, per ragioni di connessione, riunire i presenti procedimenti ai fini della sentenza, ai sensi dell'art. 43 del regolamento di procedura della Corte.

A - Quanto ai motivi attinenti alla procedura ed alla forma

1. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison, dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativo alla violazione degli artt. 10, n. 1, e 32, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale

33.

La Montedison, la Wacker-Chemie e la Hoechst rilevano come la Terza Sezione ampliata del Tribunale, che ha pronunciato la sentenza impugnata, fosse composta di tre membri soltanto, mentre la composizione del collegio era di cinque membri durante la fase orale.

34.

Le dette ricorrenti contestano al Tribunale di avere in tal modo derogato alla composizione normale di una sezione ampliata facendo erronea applicazione dell'art. 32, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale stesso. Quest'ultimo avrebbe considerato come assente o impedito, ai sensi di tale disposizione, uno dei membri della sezione in questione, il quale era cessato dalle sue funzioni a causa della scadenza del suo mandato, intervenuta il 17 settembre 1998, successivamente alla fase orale. Orbene, l'ipotesi della scadenza del mandato di un giudice non sarebbe contemplata dalla disposizione applicata. Pertanto, la sentenza impugnata sarebbe stata pronunciata da una sezione che non era regolarmente composta, in violazione degli artt. 10, n. 1, e 32, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

35.

A questo proposito occorre ricordare che, conformemente all'art. 10, n. 1, del suo regolamento di procedura, il Tribunale costituisce nel suo ambito sezioni composte di tre o cinque giudici.

36.

A norma dell'art. 15 dello Statuto CE della Corte di giustizia, applicabile al Tribunale in forza dell'art. 44 del medesimo Statuto, il Tribunale può deliberare validamente soltanto in numero dispari e le deliberazioni delle sezioni composte di tre o cinque giudici sono valide soltanto se prese da tre giudici.

37.

L'art. 32, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale dispone che se, a causa di assenza o di impedimento, i giudici sono in numero pari, il giudice meno anziano si astiene dal partecipare alla deliberazione, a meno che non sia il giudice relatore, nel qual caso è il giudice che lo precede immediatamente nell'ordine di precedenza ad astenersi dal partecipare alla deliberazione.

38.

Pertanto, la detta disposizione precisa le modalità di attuazione delle regole enunciate dall'art. 15 dello Statuto CE della Corte di giustizia. Orbene, ai fini dell'applicazione di tali regole, il carattere definitivo o temporaneo di un impedimento non è determinante. Se un'assenza o un impedimento a carattere temporaneo giustificano la modifica della composizione affinché i membri rimangano in numero dispari, lo stesso vale, a maggior ragione, nel caso di impedimento definitivo derivante, ad esempio, dalla scadenza del mandato di un giudice.

39.

Dunque, nel caso di specie, la Terza Sezione ampliata del Tribunale ha potuto deliberare validamente in una composizione ridotta a tre membri, a seguito della scadenza - intervenuta dopo la fase orale - del mandato di uno dei cinque membri che componevano inizialmente la sezione medesima.

40.

Ne consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

2. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dall'Enichem e dall'ICI relativo alla violazione dell'autorità del giudicato

41.

La LVM, la DSM, l'Enichem e l'ICI hanno fatto valere, dinanzi al Tribunale, che la Commissione non poteva adottare la decisione PVC II senza con ciò violare l'autorità di giudicato conseguita dalla sentenza della Corte 15 giugno 1994.

42.

Le dette ricorrenti contestano al Tribunale di avere violato, ai punti 77 e seguenti della sentenza impugnata, il principio dell'autorità del giudicato rigettando il motivo da esse dedotto in ordine a tale punto.

43.

A loro avviso, pronunciandosi sulla controversia, a norma dell'art. 54 dello Statuto CE della Corte di giustizia, la Corte, dopo aver annullato la sentenza del Tribunale 27 febbraio 1992, ha definitivamente statuito, con la sua sentenza 15 giugno 1994, sull'insieme dei motivi dedotti dalle imprese in questione.

44.

A questo proposito, occorre rilevare come il Tribunale abbia correttamente ricordato, al punto 77 della sentenza impugnata, che l'autorità di giudicato riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale di cui trattasi (sentenza 19 febbraio 1991, causa C-281/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I-347, punto 14, e ordinanza 28 novembre 1996, causa C-277/95 P, Lenz/Commissione, Racc. pag. I-6109, punto 50).

45.

Il Tribunale ha poi constatato, al punto 78 della sentenza impugnata, come la Corte, nella sentenza 15 giugno 1994, avesse statuito che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto dichiarando inesistente la decisione PVC I e che, di conseguenza, la sentenza del Tribunale 27 febbraio 1992 doveva essere annullata. Il Tribunale ha quindi rilevato, ai punti 78 e 81 della sentenza impugnata, che la Corte, statuendo definitivamente sulla controversia a norma dell'art. 54 dello Statuto CE della Corte di giustizia, aveva annullato la decisione PVC I per violazione di forme prescritte ad substantiam, in quanto la Commissione aveva contravvenuto alle disposizioni dell'art. 12, primo comma, del proprio regolamento interno omettendo di procedere all'autenticazione della detta decisione in conformità a quanto disposto da tale norma.

46.

Pertanto, il Tribunale ne ha giustamente dedotto, al punto 82 della sentenza impugnata, che la sentenza della Corte 15 giugno 1994, la quale aveva espressamente escluso la necessità di esaminare gli altri motivi dedotti dalle ricorrenti, non aveva statuito su questi ultimi.

47.

Il Tribunale ha correttamente aggiunto, al punto 84 della sentenza impugnata, che la Corte, allorché statuisce essa stessa definitivamente sulla controversia in applicazione dell'art. 54 dello Statuto CE della Corte di giustizia, accogliendo uno o più motivi dedotti dalle ricorrenti, non risolve ipso iure tutti i punti di fatto e di diritto prospettati da queste ultime.

48.

Sulla scorta di tali circostanze, il solo obbligo che la sentenza della Corte 15 giugno 1994 comportava per la Commissione - in forza dell'art. 176 del Trattato CE (divenuto art. 233 CE), il quale impone alle istituzioni, in caso di annullamento di un loro atto, di adottare le misure necessarie per eseguire la sentenza della Corte - era quello di rimuovere, nell'atto destinato a sostituirsi all'atto annullato, l'illegittimità effettivamente constatata (v., in tal senso, sentenza 26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Asteris e a./Commissione, Racc. pag. 2181, punto 28).

49.

La LVM e la DSM non possono sostenere che l'art. 174, secondo comma, del Trattato CE (divenuto art. 231, secondo comma, CE) ostava anche ad una nuova decisione della Commissione. Infatti, la detta disposizione non è pertinente nel caso di specie. Essa contempla soltanto la facoltà riconosciuta alla Corte di conservare espressamente taluni effetti di un atto da essa annullato, mentre l'ipotesi in esame nel presente procedimento rientra nelle previsioni dell'art. 176 del Trattato CE.

50.

LA LVM e la DSM non possono neppure invocare la sentenza 23 ottobre 1974, causa 17/74, Transocean Marine Paint/Commissione (Racc. pag. 1063), nella quale la Corte, dopo aver parzialmente annullato una decisione della Commissione, ha rinviato gli atti a quest'ultima. Tale sentenza non può essere interpretata a contrario nel senso che esclude, in assenza di un rinvio espresso, qualsiasi possibilità per l'istituzione interessata di eliminare l'illegittimità constatata ovvero, in caso di annullamento totale, di sostituire l'atto annullato con una nuova decisone. Il fatto che il giudice comunitario rinvii o no gli atti all'istituzione interessata non modifica la portata dell'obbligo imposto a quest'ultima dall'art. 176 del Trattato CE.

51.

L'Enichem afferma che la sua analisi risulta corroborata dall'art. 17 del regolamento n. 17, il quale conferisce alla Corte una competenza giurisdizionale anche di merito quanto ai ricorsi proposti contro le decisioni con le quali la Commissione stabilisce un'ammenda. In tal caso la Corte tratterebbe in ogni suo aspetto la causa portata alla sua cognizione. Ciò è quanto la Corte avrebbe fatto nel caso di specie, come risulterebbe dall'elenco dei motivi attinenti alla forma ed al merito che le erano stati sottoposti, contenuto al punto 56 della sua sentenza 15 giugno 1994. Secondo l'Enichem, poiché la Corte non ha fornito alcuna indicazione circa il prosieguo del procedimento, ad esempio rinviando la causa al Tribunale, la detta sentenza della Corte avrebbe inglobato tutti gli aspetti sviluppati dinanzi a quest'ultima.

52.

Tale argomento non può essere accolto. L'art. 17 del regolamento n. 17 riguarda soltanto l'intensità del controllo esercitato dal giudice comunitario sulle sanzioni applicate in materia di concorrenza, sanzioni che il detto giudice può sopprimere, ridurre od aumentare. Il potere conferito soltanto in tal senso non comporta che il controllo di legittimità altresì esercitato copra la totalità dei motivi dedotti, nel caso in cui il giudice comunitario si sia pronunciato soltanto su taluni di questi.

53.

Da ciò consegue che il motivo di impugnazione qui esaminato deve essere respinto.

3. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM e dall'ICI relativo alla violazione del principio ne bis in idem

54.

Dinanzi al Tribunale, la LVM, la DSM e l'ICI hanno sostenuto che la Commissione aveva violato il principio ne bis in idem adottando una nuova decisione dopo che la Corte aveva annullato la decisione PVC I.

55.

Le dette ricorrenti rilevano come il Tribunale abbia statuito, al punto 96 della sentenza impugnata, che la Commissione non può procedere contro un'impresa sulla base dei regolamenti nn. 17 e 99/63 per violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza né sanzionarla con l'imposizione di un'ammenda a causa di un comportamento anticoncorrenziale che il Tribunale, o la Corte, ha già accertato essere stato, o meno, dimostrato dalla Commissione. Tuttavia, le dette ricorrenti si dolgono che il Tribunale abbia successivamente affermato, ai punti 97 e 98 della sentenza impugnata, che, da un lato, per effetto dell'annullamento della decisione PVC I, la decisione PVC II nonaveva determinato l'inflizione alle ricorrenti di due sanzioni per la medesima violazione e che, dall'altro, la Commissione non aveva avviato l'azione sanzionatoria nei confronti delle ricorrenti due volte per uno stesso complesso di fatti, poiché la sentenza della Corte 15 giugno 1994 non aveva deciso su alcuno dei motivi attinenti al merito da esse dedotti.

56.

Ad avviso della LVM e della DSM, il principio ne bis in idem si applica in caso di annullamento di una prima decisione, indipendentemente dal fatto che tale annullamento sia stato pronunciato per mancanza di prove o per violazione di forme prescritte ad substantiam. Il detto principio sarebbe infatti inteso a proteggere le imprese dalla duplicazione delle azioni sanzionatorie o delle sanzioni, quale che sia il motivo per il quale le azioni sanzionatorie avviate per prime non siano giunte a conclusione. Tale interpretazione sarebbe confermata dall'art. 4, n. 1, del Protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei dirittidell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), nel frattempo entrato in vigore; in forza della detta disposizione, «[n]essuno può essere perseguito o sanzionato penalmente dai giudici dello stesso Stato per una violazione per la quale egli sia già stato assolto o condannato con decisione definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato». Orbene, nella sentenza della Corte 15 giugno 1994, le ricorrenti sarebbero state «assolte» nel senso proprio di tale disposizione.

57.

L'ICI fa valere altresì che il principio ne bis in idem, principio fondamentale del diritto comunitario applicabile nell'ambito della normativa sulla concorrenza (sentenza 14 dicembre 1972, causa 7/72, Boehringer Mannheim/Commissione, Racc. pag. 1281), è stato sancito dall'art. 4, n. 1, del Protocollo n. 7 della CEDU. L'ICI si duole che il Tribunale abbia dichiarato - per respingere il motivo relativo a tale principio - che essa era stata esonerata dal pagare l'ammenda inflitta con la decisione PVC I dopo che quest'ultima era stata annullata. A suo parere, tale circostanza non era rilevante. La questione determinante sarebbe stata quella di sapere se la decisione PVC II aveva ad oggetto lo stesso comportamento preso in esame dalla sentenza della Corte 15 giugno 1994 (Corte eur. D.U., sentenza Gradinger del 23 ottobre 1995, serie A n. 328 C, § 55). Orbene, secondo l'ICI, tale identità sussisteva nel caso di specie.

58.

L'ICI fa valere, inoltre, che l'art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU si applica in caso di condanna definitiva, vale a dire qualora non siano più esperibili mezzi di impugnazione ordinari oppure qualora le parti abbiano esaurito tali mezzi di impugnazione ovvero abbiano lasciato decorrere i relativi termini. Questo è quanto si sarebbe verificato nel caso di specie, in quanto, dopo la sentenza della Corte 15 giugno 1994, la ricorrente non avrebbe più avuto a disposizione alcun mezzo di impugnazione.

59.

A questo proposito occorre rilevare che, come già risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, il principio ne bis in idem, principio fondamentale del diritto comunitario, sancito peraltro dall'art. 4, n. 1, del Protocollo n. 7 della CEDU, vieta, in materia di concorrenza, che un'impresa venga condannata o perseguita di nuovo perun comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non più suscettibile di impugnazione.

60.

L'applicazione di tale principio presuppone dunque che vi sia stata una pronuncia sui fatti materiali costituenti la violazione o che la legittimità del giudizio formulato intorno a quest'ultima sia stata verificata.

61.

Pertanto, il principio ne bis in idem vieta soltanto una nuova valutazione nel merito dei fatti materiali costituenti la violazione, la quale avrebbe come conseguenza l'inflizione di una seconda sanzione, che si cumula con la prima, nel caso in cui venga nuovamente ritenuta sussistente una responsabilità, ovvero l'inflizione di una prima sanzione, nell'ipotesi in cui la responsabilità, esclusa dalla prima decisione, sia reputata sussistente dalla seconda.

62.

Per contro, il detto principio non osta di per sé ad una riattivazione delle procedure sanzionatorie aventi ad oggetto lo stesso comportamento anticoncorrenziale nel caso in cui una prima decisione sia stata annullata per motivi di forma senza che sia intervenuta una pronuncia sul merito dei fatti contestati, poiché in tal caso la decisione di annullamento non ha valore di «assoluzione» nel senso attribuito a tale termine nelle materie riguardanti la repressione degli illeciti. In un'ipotesi siffatta, le sanzioni irrogate dalla nuova decisione non si cumulano con quelle inflitte dalla decisione annullata, bensì vi si sostituiscono.

63.

Sulla scorta di tali premesse, posto che la Corte, nella sua sentenza 15 giugno 1994, aveva annullato la decisione PVC I, ivi comprese le sanzioni irrogate, senza pronunciarsi su alcuno dei motivi attinenti al merito dedotti dalle ricorrenti, risulta corretta la statuizione del Tribunale secondo cui la Commissione, adottando la decisione PVC II previa correzione del vizio di forma censurato, non aveva né sanzionato né perseguito due volte le imprese per i medesimi fatti.

64.

La LVM e la DSM fanno valere anche che il Tribunale, laddove ha affermato, in sede di esame del motivo relativo alla violazione del principio ne bis in idem, che la decisione PVC I in seguito al suo annullamento si reputava non essere mai esistita, ha svolto un ragionamento in contraddizione con quello sviluppato al punto 1100 della sentenza impugnata in ordine al motivo da esse dedotto relativo alla prescrizione.

65.

Tale censura non è fondata. La questione di diritto risolta dal Tribunale al punto 1100 della sentenza impugnata riguardava i presupposti per la sospensione della prescrizione prevista dall'art. 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), in forza del quale «[l]a prescrizione dell'azione rimane sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso contro la decisione della Commissione».

66.

Al punto 1098 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sottolineato come l'oggetto stesso del detto articolo sia di consentire la sospensione della prescrizione quando la Commissione sia impossibilitata ad intervenire per una ragione oggettiva ad essa non imputabile, relativa al fatto che un ricorso è pendente.

67.

Il Tribunale, aggiungendo, al punto 1100 della sentenza impugnata, che «[l]a sospensione è giustificata dal fatto stesso che un ricorso è pendente dinanzi al Tribunale o alla Corte, e non dalle conclusioni cui giungono queste giurisdizioni nelle loro sentenze», non ha fatto altro che constatare che il meccanismo di sospensione previsto dal regolamento n. 2988/74 è indipendente dagli effetti di una sentenza di annullamento della decisione. Spingendosi oltre, il Tribunale, allo stesso punto della sentenza impugnata, ha rilevato in sostanza come il meccanismo di sospensione abbia senso, precisamente, soltanto nell'ipotesi di annullamento effettivo della decisione della Commissione, vale a dire qualora tale decisione si reputi in seguito non essere mai esistita.

68.

Il Tribunale non è dunque incorso in alcuna contraddizione laddove, a proposito di due questioni differenti, da un lato, ha tenuto conto degli effetti della sentenza di annullamento sulla decisione PVC I per quanto riguarda il principio ne bis in idem e, dall'altro, ha preso in considerazione l'esistenza stessa del procedimento pendente dinanzi ai giudici comunitari, indipendentemente dal contenuto della sentenza di annullamento e dagli effetti di questa sulla decisione PVC I, per quanto riguarda il meccanismo di sospensione della prescrizione.

69.

Ne consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

4. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dalla Elf Atochem, dalla Degussa, dall'Enichem e dall'ICI relativo all'invalidità degli atti del procedimento precedenti l'adozione della decisione PVC I

70.

Dinanzi al Tribunale, la LVM, la DSM, la Elf Atochem, la Degussa, l'Enichem e l'ICI hanno sostenuto che l'annullamento della decisione PVC I aveva inficiato l'insieme degli atti preparatori di quest'ultima. Pertanto, tali atti non avrebbero potuto costituire validi atti preparatori della decisione PVC II.

71.

Le dette ricorrenti si dolgono che il Tribunale, ai punti 183-193 della sentenza impugnata, abbia respinto il corrispondente motivo affermando che gli atti preparatori della decisione PVC I non erano stati inficiati dall'annullamento di quest'ultima.

72.

A questo proposito, basandosi su una costante giurisprudenza, secondo la quale, in una sentenza di annullamento, è la motivazione che, da un lato, identifica la disposizione esatta considerata come illegittima e, dall'altro, evidenzia le ragioni esatte dell'illegittimità accertata nel dispositivo (sentenze Asteris e a./Commissione, cit., punto 27, e 12 novembre 1998, causa C-415/96, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-6993, punto 31), il Tribunale ha correttamente affermato, al punto 184 dellasentenza impugnata, che per stabilire la portata della sentenza della Corte 15 giugno 1994 bisognava far riferimento alla motivazione di quest'ultima.

73.

Infatti, l'annullamento di un atto comunitario non incide necessariamente sugli atti preparatori (sentenza Spagna/Commissione, cit., punto 32), poiché, in linea di principio, il procedimento diretto a sostituire l'atto annullato può essere ripreso dal punto preciso in cui l'illegittimità si è verificata (sentenza Spagna/Commissione, cit., punto 31).

74.

Orbene, al punto 189 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che la Corte, con la sentenza 15 giugno 1994, aveva annullato la decisione PVC I a causa di un vizio procedurale concernente esclusivamente le modalità dell'adozione definitiva di tale decisione da parte della Commissione.

75.

Correttamente, quindi, il Tribunale ha potuto inferirne che, poiché il vizio procedurale accertato era intervenuto nell'ultima fase dell'adozione della decisione PVC I, l'annullamento non aveva viziato la validità delle misure preparatorie di tale decisione, precedenti la fase in cui il detto vizio era stato accertato (v., a proposito di una direttiva, sentenza 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I-4023, punto 34).

76.

Ne consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

5. Quanto al motivo, dedotto da tutte le ricorrenti, relativo alla necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi dopo l'annullamento della decisione PVC I, nonché al motivo, dedotto dall'ICI, relativo al carattere incompleto del fascicolo sottoposto alla deliberazione del collegio dei membri della Commissione in sede di adozione della decisione PVC II

77.

Dinanzi al Tribunale, le ricorrenti hanno fatto valere in sostanza che, anche se il vizio accertato dalla sentenza della Corte 15 giugno 1994 era sopraggiunto nell'ultima fase dell'adozione della decisione PVC I, la correzione di tale vizio da parte della Commissione richiedeva il rispetto di talune garanzie procedurali prima dell'adozione della decisione PVC II, costituendo quest'ultima una nuova decisione. Dinanzi al detto giudice si è pertanto sostenuto che il procedimento amministrativo avrebbe dovuto o essere interamente rinnovato a partire dalla comunicazione degli addebiti, o comportare una nuova audizione delle imprese interessate, una nuova adizione del comitato consultivo ed un nuovo intervento del consigliere auditore. L'ICI ha inoltre fatto valere che, in tale contesto, il fascicolo sottoposto al collegio dei membri della Commissione non conteneva documenti che, se si fossero dimostrati veritieri, avrebbero consentito l'adozione di una decisione in piena conoscenza delle questioni di diritto e di fatto che non avrebbero mancato di essere sollevate.

78.

Nell'ambito dei loro ricorsi di impugnazione, le ricorrenti si dolgono che il Tribunale non abbia accolto i motivi da esse proposti in ordine a tali differenti punti, che è opportuno esaminare successivamente.

a) Quanto alla mancanza di una nuova comunicazione degli addebiti

79.

La Montedison sostiene che, a norma dei regolamenti nn. 17 e 99/63, la Commissione, prima di adottare la decisione PVC II, avrebbe dovuto avviare un nuovo procedimento amministrativo iniziando da una nuova comunicazione degli addebiti, posto che essa costituiva una nuova decisione, malgrado il suo contenuto fosse identico a quello della decisione PVC I.

80.

A questo proposito, dall'esame svolto ai punti 41-53 della presente sentenza in ordine al motivo relativo alla violazione dell'autorità del giudicato risulta che l'annullamento della decisione PVC I ad opera della sentenza della Corte 15 giugno 1994 non ha inciso sulla validità degli atti del procedimento antecedenti, vale a dire, in particolare, sulla validità della comunicazione degli addebiti.

81.

Pertanto la Commissione non era obbligata, per il solo fatto di tale annullamento, ad inviare una nuova comunicazione degli addebiti alle imprese in questione.

82.

Di conseguenza, la doglianza proposta dalla Montedison non può trovare accoglimento.

b) Quanto alla mancanza di una nuova audizione delle imprese interessate

83.

Tutte le ricorrenti fanno valere che l'annullamento della decisione PVC I implicava, ai fini dell'adozione della decisione PVC II, la necessità di procedere ad una nuova audizione delle imprese, in conformità dell'art. 19, n. 1, del regolamento n. 17. La LVM e la DSM sostengono che tale nuova audizione si imponeva in forza del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, il quale non potrebbe essere circoscritto ed ancor meno ristretto da disposizioni di diritto derivato, a motivo del primato dei principi fondamentali del diritto comunitario.

84.

Pertanto le ricorrenti censurano il Tribunale per aver statuito, ai punti 251 e 252 della sentenza impugnata, che non era necessaria una nuova audizione in mancanza di nuovi addebiti.

85.

A questo proposito occorre constatare come il Tribunale abbia giustamente ricordato, al punto 246 della sentenza impugnata, che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento suscettibile di concludersi con l'inflizione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa (sentenza 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 9).

86.

Il Tribunale ha del pari correttamente sottolineato, al punto 247 della sentenza impugnata, che gli artt. 19, n. 1, del regolamento n. 17 e 4 del regolamento n. 99/63, che applicano detto principio, obbligano la Commissione a fondare la propria decisione finale soltanto sugli addebiti in ordine ai quali le imprese e le associazioni di imprese interessate hanno potuto esprimere il loro punto di vista.

87.

Il Tribunale ne ha dunque correttamente inferito, al punto 249 della sentenza impugnata, che il rispetto dei diritti della difesa esige che sia data ad ogni impresa od associazione di imprese interessata la possibilità di essere sentita sugli addebiti che la Commissione intende muovere nei confronti di ciascuna di esse nella decisione finale che accerta l'infrazione alle regole di concorrenza. In tal modo, il Tribunale non ha sancito una limitazione, per effetto delle disposizioni di diritto derivato di cui ai regolamenti nn. 17 e 99/63, del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, bensì ha esattamente ricordato il contenuto di tale principio nell'ambito della normativa sulla concorrenza.

88.

Il detto giudice di primo grado, avendo quindi constatato che la decisione PVC II non conteneva alcun addebito nuovo rispetto alla decisione PVC I, non è incorso in alcun errore di diritto allorché ha statuito, al punto 252 della sentenza impugnata, che non era necessaria una nuova audizione prima dell'adozione della decisione PVC II.

89.

Per contraddire tale valutazione, vengono invano sviluppati tre ordini di argomenti.

90.

In primo luogo, la LVM, la DSM, la Elf Atochem, la Degussa, l'Enichem e l'ICI sostengono che una nuova audizione avrebbe consentito loro di far valere utilmente osservazioni in merito alle conseguenze da trarre dall'annullamento della decisione PVC I. Esse avrebbero così potuto pronunciarsi sulla necessità e sull'opportunità dell'adozione stessa della decisione PVC II, su questioni quali il decorso del tempo, l'autorità del giudicato, il principio ne bis in idem, l'evoluzione della giurisprudenza dopo l'adozione della decisione PVC I e l'indispensabile accesso al fascicolo conseguente alla riapertura del procedimento, sull'obbligo che talune questioni venissero esaminate dal consigliere auditore, sull'obbligo di consultazione del comitato consultivo, sulle implicazioni dell'art. 20 del regolamento n. 17, nonché sull'evoluzione del mercato del PVC dal 1988.

91.

A questo proposito va rilevato, quanto alla necessità ed all'opportunità di adottare una nuova decisione dopo l'annullamento della decisione PVC I, come la rivendicazione di un diritto di formulare osservazioni in proposito ecceda l'ambito di applicazione dei diritti della difesa, disciplinato dai regolamenti nn. 17 e 99/63 e circoscritto alle questioni riguardanti la realtà e la rilevanza dei fatti e delle circostanze allegate nonché i documenti sui quali la Commissione ha fondato la propria affermazione dell'esistenza di un'infrazione alle norme sulla concorrenza (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit., punto 11). Orbene, i diritti della difesa sono stati rispettati prima dell'adozione della decisione PVC I. Infatti, in occasione delle audizioni iniziali, le imprese interessate hanno potuto sviluppare le loro osservazioni in merito agliaddebiti formulati dalla Commissione, i quali sono serviti in seguito quale base di valutazione per l'adozione della decisione PVC II.

92.

Per quanto riguarda eventuali evoluzioni della giurisprudenza o del contesto economico, esse non possono di per sé rendere necessarie nuove audizioni, né più né meno di quanto accadesse se intervenissero nel corso di un procedimento amministrativo preliminare ad una decisione finale.

93.

Quanto alle questioni di diritto che possono porsi in sede di applicazione dell'art. 176 del Trattato CE, quali quelle riguardanti il decorso del tempo, la possibilità di una riapertura dei procedimenti sanzionatori, l'accesso al fascicolo che conseguirebbe alla riapertura del procedimento, l'intervento del consigliere auditore e del comitato consultivo, nonché eventuali implicazioni dell'art. 20 del regolamento n. 17, neppure esse imponevano nuove audizioni, in quanto non modificavano il contenuto degli addebiti, essendo soltanto suscettibili, se del caso, di un successivo controllo giurisdizionale.

94.

In secondo luogo, la LVM e la DSM contestano l'affermazione del Tribunale secondo cui la decisione PVC II non conterrebbe alcun addebito nuovo rispetto alla decisione PVC I. Esse fanno valere, a questo proposito, «importanti modifiche» che sarebbero state introdotte nella decisione PVC II rispetto alla decisione PVC I, vale a dire un nuovo dispositivo, modifiche della motivazione in punto di fatto e di diritto, nonché un nuovo capitolo relativo alla prescrizione. Più in generale, la LVM e la DSM ritengono che il criterio giuridicamente pertinente sia dato non dalla possibilità di qualificare come «addebiti» fatti e circostanze nuovi, bensì unicamente dalla questione se esistano fatti e circostanze nuovi in ordine ai quali le imprese non abbiano ancora espresso la propria posizione. Nella fattispecie, gli elementi nuovi comprenderebbero le questioni, menzionate al punto 90 della presente sentenza, in merito alle quali le ricorrenti avrebbero voluto presentare osservazioni nonché le modifiche che compaiono nella decisione PVC II.

95.

La Elf Atochem afferma che la Commissione avrebbe dovuto procedere a nuove audizioni per il semplice motivo che, ad avviso della ricorrente, la decisione PVC II presenta «elementi nuovi» rispetto alla decisione PVC I. In primo luogo, la decisione PVC II distinguerebbe la posizione della Norsk Hydro e della Solvay, che non sarebbero più condannate. In secondo luogo, tali due società continuerebbero nondimeno ad essere prese in considerazione per quel che riguarda taluni comportamenti collettivi contestati alle imprese destinatarie della decisione PVC II, sicché le due successive decisioni della Commissione avrebbero ad oggetto presunte intese o pratiche concordate collettive, i cui partecipanti chiamati in causa nel 1994 sarebbero diversi da quelli presi in considerazione nel 1988. In terzo luogo, la decisione PVC II svolgerebbe ulteriori considerazioni in merito alla prescrizione per giustificare la legittimità dell'adozione di una nuova decisione. Ad ogni modo, secondo la Elf Atochem, poco importa che la nuova decisione contenga o meno nuovi addebiti. Una nuova audizione sarebbe comunque necessaria. La Commissione non sarebbelegittimata a riprendere sic et simpliciter gli addebiti di una precedente decisione annullata. Ciascuna decisione adottata dalla Commissione conterrebbe addebiti autonomi.

96.

A questo proposito occorre osservare che, contrariamente a quanto affermato dalla LVM e dalla DSM, le differenze esistenti tra il dispositivo della decisione PVC I e quello della decisione PVC II nonché gli argomenti sviluppati in merito alla questione della prescrizione non corrispondono ad alcun addebito nuovo che la Commissione avrebbe posto a base della decisione PVC II. Quanto alle asserite modifiche in punto di fatto e di diritto, le ricorrenti non specificano quali sarebbero quelle che, a loro avviso, caratterizzerebbero la presa in considerazione di addebiti nuovi, né dimostrano in che modo tali modifiche sarebbero effettivamente correlate a siffatti addebiti nuovi.

97.

Inoltre, contrariamente a quanto affermato sia dalla LVM e dalla DSM che dalla Elf Atochem, il solo fatto che vi fossero differenze tra le due decisioni successive della Commissione non rendeva di per sé necessario procedere a nuove audizioni, posto che tali differenze non implicavano la presa in considerazione di addebiti nuovi.

98.

Allorché, in seguito all'annullamento di una decisione in materia di concorrenza, la Commissione sceglie di rimediare all'illegittimità od alle illegittimità accertate e di adottare una decisione identica non viziata da tali illegittimità, quest'ultima decisione riguarda i medesimi addebiti in merito ai quali le imprese si sono già pronunciate. Pertanto, la Elf Atochem non può sostenere che le decisioni PVC I e PVC II si basano ciascuna su addebiti propri.

99.

Va constatato, inoltre, come le differenze tra la decisione PVC I e la decisione PVC II relative alla Norsk Hydro ed alla Solvay siano soltanto la conseguenza della disciplina dei mezzi di ricorso esperibili contro una decisione adottata in materia di concorrenza nei confronti di più imprese.

100.

Una decisione di questo tipo, benché predisposta e pubblicata sotto forma di decisione unica, deve essere considerata come un complesso di decisioni individuali che affermano, nei confronti di ciascuna impresa destinataria, la responsabilità per una o più infrazioni accertate a suo carico, infliggendole, se del caso, un'ammenda. Tale decisione può essere annullata soltanto nella parte riguardante i destinatari che abbiano visto accolti i loro ricorsi dinanzi al giudice comunitario e rimane vincolante nei confronti dei destinatari che non abbiano proposto ricorsi di annullamento (v., in tal senso, sentenza 14 settembre 1999, causa C-310/97 P, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., Racc. pag. I-5363, punti 49 e seguenti).

101.

Orbene, nella fattispecie, la Solvay non ha proposto alcun ricorso contro la decisione PVC I ed il ricorso proposto contro tale decisione dalla Norsk Hydro è stato dichiarato irricevibile dalla citata ordinanza Norsk Hydro/Commissione.

102.

Di conseguenza, poiché la decisione PVC I era divenuta definitiva nei confronti delle due imprese suddette, queste ultime non potevano più essere destinatarie della decisione PVC II. Tuttavia, nei limiti in cui tali imprese risultavano implicate nei fatti addebitati a tutte le imprese inizialmente coinvolte, i loro rispettivi ruoli hanno potuto essere presi in considerazione dalla Commissione nella decisione PVC II in quanto collegati agli addebiti rivolti ai destinatari di questa seconda decisione, ai fini della constatazione delle infrazioni ascritte a questi ultimi, ciascuno nei limiti della propria responsabilità. Pertanto le decisioni PVC I e PVC II non riguardano intese o pratiche concordate collettive i cui partecipanti chiamati in causa nel 1994 sarebbero diversi da quelli presi in considerazione nel 1988. Le dette decisioni si riferiscono alle stesse intese o pratiche concordate coinvolgenti le medesime imprese che, per il semplice effetto dell'applicazione di norme di procedura, sono state sanzionate nell'ambito di due decisioni successive.

103.

Quanto alle considerazioni svolte in ordine alla prescrizione, rilevate dalla Elf Atochem quale terza differenza esistente nella decisione PVC II rispetto alla decisione PVC I, esse sono evidentemente estranee a qualsiasi nuovo addebito, in quanto non fanno riferimento a comportamenti diversi da quelli in ordine ai quali le imprese avevano già formulato le loro osservazioni.

104.

Infine, la Wacker-Chemie e la Hoechst si dolgono che il Tribunale abbia escluso la necessità di nuove audizioni in mancanza di addebiti nuovi, malgrado che, a loro avviso, la decisione PVC II abbia allungato la durata dell'infrazione contestata, sia priva di fondamento quanto all'ingiunzione, formulata al suo art. 2, di porre termine all'infrazione e non specifichi l'ammontare dell'ammenda in conformità dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

105.

Quanto alla durata dell'infrazione accertata, essa, già a motivo della data di adozione della decisione PVC II, sarebbe stata allungata di cinque anni e mezzo rispetto all'infrazione constatata alla data di adozione della decisione PVC I.

106.

Tuttavia, a questo proposito, occorre rilevare come gli artt. 1 e 3 della decisione PVC II - che, al pari degli artt. 1 e 3 della decisione PVC I, hanno, rispettivamente, ritenuto sussistente la partecipazione delle ricorrenti all'infrazione accertata ed inflitto loro ammende - debbano essere letti alla luce delle motivazioni che li sostengono. Orbene, per quanto riguarda, in particolare, la Wacker-Chemie e la Hoechst, il punto 54 della motivazione di entrambe le dette decisioni precisa che l'importo delle ammende è stato fissato assumendo una partecipazione al cartello «almeno fino al maggio 1984». Di conseguenza, l'adozione, in data 27 luglio 1994, della decisione PVC II non ha avuto come effetto di allungare la durata dell'infrazione sanzionata rispetto alla decisione PVC I, in quanto la durata della partecipazione effettivamente presa in considerazione è stata la stessa.

107.

Quanto all'ingiunzione di porre termine all'infrazione, la Wacker-Chemie e la Hoechst sostengono che essa presupponeva la prova di una prosecuzione dell'infrazione fino almomento dell'adozione della decisione PVC II e che, in mancanza di tale prova, il decorso del tempo aveva determinato il venir meno dei presupposti di legittimità dell'ingiunzione stessa. Le dette ricorrenti fanno valere, inoltre, di aver definitivamente cessato la loro attività sul mercato del PVC prima dell'adozione della decisione PVC II, sicché esse non potevano essere obbligate a porre termine ad un'eventuale infrazione.

108.

Tuttavia, a questo proposito, occorre ricordare che, al punto 50 della motivazione di entrambe le decisioni PVC I e PVC II, la Commissione ha affermato che, malgrado taluni impegni assunti da alcune imprese nel corso del procedimento amministrativo, essa ignorava «se [fossero] in effetti mai cessate le riunioni o quanto meno le comunicazioni fra le imprese in relazione a prezzi e quantitativi». La Commissione ha pertanto concluso che era necessario «che la decisione [imponesse] altresì l'obbligo formale alle imprese ancora operanti nel settore del PVC di porre termine all'infrazione». E' per tale motivo che essa, all'art. 2 della decisione PVC II, come già in precedenza all'art. 2 della decisione PVC I, ha ingiunto alle imprese di porre termine immediatamente alle infrazioni, «se già non vi [avessero] provveduto». Pertanto, l'ingiunzione emessa era rivolta soltanto alle imprese che, eventualmente, ancora persistevano nella violazione alla data di adozione della decisione. Di conseguenza, così come per la decisione PVC I, l'ingiunzione emessa con la decisione PVC II era semplicemente priva di oggetto rispetto alle imprese che avevano cessato l'infrazione alla data di adozione di quest'ultima decisione. L'ingiunzione era del pari priva di oggetto nei confronti della Wacker-Chemie e della Hoechst se tali imprese avevano definitivamente cessato - come esse sostengono - la loro attività sul mercato in questione, tenuto conto che l'art. 2 della decisione PVC II, così come l'art. 2 della decisione PVC I, prende in considerazione le imprese «che operano tuttora nel settore del PVC».

109.

Infine, quanto alla determinazione dell'importo dell'ammenda, la Wacker-Chemie e la Hoechst fanno valere che un'ammenda inflitta molto tempo dopo i fatti contestati non deve necessariamente portare al medesimo risultato di una sanzione immediatamente successiva all'infrazione e che la Commissione era tenuta ad accertare il fatturato dell'ultimo esercizio sociale precedente la decisione PVC II, ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, in forza del quale l'ammenda massima irrogabile è pari al 10% del fatturato realizzato durante l'esercizio sociale precedente.

110.

A questo proposito, occorre rilevare che l'obbligo di prendere in considerazione il fatturato dell'esercizio sociale precedente sussiste nella fase della decisione finale della Commissione per la determinazione dell'importo massimo dell'ammenda. La necessità di accertare tale fatturato si presenta pertanto successivamente all'audizione delle imprese, il cui scopo è di consentire a queste ultime di formulare le loro osservazioni in merito agli addebiti ad esse contestati. La detta necessità si presenta inoltre soltanto se, al termine dell'audizione, la Commissione considera provata l'infrazione. Alla luce di tali premesse, l'argomento delle ricorrenti non è tale da far ritenere che, nel caso di specie, sussistesse un obbligo di procedere ad una nuova audizione.

111.

Da quanto sopra consegue che la doglianza relativa alla mancanza di una nuova audizione delle imprese interessate deve essere respinta.

c) Quanto alla mancanza di una nuova consultazione del comitato consultivo

112.

Tutte le ricorrenti fanno valere che l'annullamento della decisione PVC I implicava, ai fini dell'adozione della decisione PVC II, la necessità di procedere ad una nuova consultazione del comitato consultivo, in conformità dell'art. 10, n. 3, del regolamento n. 17.

113.

Le ricorrenti si dolgono che il Tribunale abbia statuito, ai punti 256 e 257 della sentenza impugnata, che sarebbe stato necessario sentire nuovamente il comitato consultivo soltanto nel caso in cui fosse stata a sua volta necessaria una nuova audizione.

114.

A questo proposito, va ricordato che l'art. 1 del regolamento n. 99/63 dispone quanto segue:

«Prima di sentire il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, la Commissione procede all'audizione prevista dall'articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17».

115.

Al punto 256 della sentenza impugnata, il Tribunale giustamente ha ricordato come, in forza della detta disposizione, l'audizione delle imprese interessate e la consultazione del comitato consultivo siano necessarie in situazioni identiche (sentenza 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 2859, punto 54).

116.

Orbene, si è già constatato nella fattispecie, da un lato, che l'annullamento della decisione PVC I non aveva inciso sulla validità degli atti del procedimento amministrativo precedenti l'adozione di tale decisione e, dall'altro, che il detto annullamento non rendeva necessarie nuove audizioni.

117.

Pertanto, ai sensi degli artt. 10, n. 3, del regolamento n. 17 e 1 del regolamento n. 99/63, la decisione PVC II era effettivamente «conseguente» ad un procedimento diretto all'accertamento di infrazioni ai sensi dell'art. 85 del Trattato CE ed era stata preceduta dalla prescritta audizione delle imprese nonché dal parere del comitato consultivo in data 1° dicembre 1988.

118.

Di conseguenza, posto che la decisione PVC II non comportava modifiche sostanziali rispetto alla decisione PVC I, il cui progetto preliminare era stato sottoposto per parere al comitato consultivo a norma dell'art. 10, n. 5, del regolamento n. 17, il Tribunale ha correttamente statuito, al punto 257 della sentenza impugnata, che una nuova consultazione di tale comitato non era necessaria (v., per analogia, quanto allaconsultazione del Parlamento nel corso del procedimento legislativo, sentenza 10 giugno 1997, causa C-392/95, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-3213, punto 15).

119.

Ne consegue che la doglianza relativa alla mancanza di una nuova consultazione del comitato consultivo deve essere respinta.

d) Quanto alla mancanza di un nuovo intervento del consigliere auditore

120.

La Degussa, l'Enichem e l'ICI sostengono che la Commissione avrebbe dovuto far intervenire anche il consigliere auditore, il cui nuovo ruolo era stato nel frattempo definito dalla decisione della Commissione 24 novembre 1990, relativa allo svolgimento delle audizioni nell'ambito dei procedimenti a norma degli artt. 85 e 86 del Trattato CEE e degli artt. 65 e 66 del Trattato CECA (XX Relazione sulla politica di concorrenza, pag. 350; in prosieguo: la «decisione 24 novembre 1990»).

121.

Le dette ricorrenti si dolgono che il Tribunale, al punto 253 della sentenza impugnata, abbia statuito che la Commissione, poiché non era tenuta a procedere ad una nuova audizione delle imprese interessate, non aveva violato i termini della propria decisione 24 novembre 1990, la quale non era applicabile ratione temporis alla fase orale del procedimento amministrativo che aveva preceduto l'adozione della decisione PVC II.

122.

A questo proposito occorre ricordare come la Commissione abbia istituito la figura del consigliere auditore, con effetto dal 1° settembre 1982, ai sensi di una comunicazione intitolata «Informazione relativa alle procedure d'applicazione delle regole di concorrenza dei trattati CEE e CECA (articoli 85 e 86 CEE; articoli 65 e 66 CECA)», pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 25 settembre 1982 (GU C 251, pag. 2).

123.

Nell'ambito della suddetta informazione, la Commissione ha definito le funzioni del consigliere auditore come segue:

«Compito del consigliere-auditore è di assicurare il corretto svolgimento dell'audizione e di contribuire in tal modo all'obiettività tanto dell'audizione stessa quanto dell'eventuale successiva decisione. Egli vigila in particolare affinché tutti gli elementi di fatto pertinenti, favorevoli o sfavorevoli che essi siano agli interessati, vengano debitamente presi in considerazione nell'elaborazione dei progetti di decisione della Commissione in materia di concorrenza.

Nell'esercizio delle sue funzioni, egli vigila sul rispetto dei diritti della difesa, tenendo nel contempo conto della necessità di un'efficace applicazione delle regole di concorrenza, in conformità con i regolamenti in vigore ed i principi seguiti dalla Corte di giustizia».

124.

Le funzioni del consigliere auditore sono state precisate in un testo pubblicato in allegato alla Tredicesima Relazione sulla politica di concorrenza, relativa all'anno1983, il cui art. 2 era formulato in termini identici a quelli della definizione iniziale. Il detto testo è stato a sua volta sostituito dalla decisione 24 novembre 1990, il cui art. 2 era del pari formulato in termini identici a quelli della definizione iniziale.

125.

Risulta dal contenuto stesso della missione affidata al consigliere auditore intervenuto nel procedimento prima dell'adozione della decisione PVC I che tale intervento era necessariamente connesso all'audizione delle imprese, nella prospettiva di un'eventuale decisione.

126.

Alla luce di tali fatti, il Tribunale, avendo giustamente constatato che una nuova audizione non era necessaria dopo l'annullamento della decisione PVC I, ha correttamente concluso, al punto 253 della sentenza impugnata, che non era neppure richiesto un nuovo intervento del consigliere auditore alle condizioni previste dalla decisione 24 novembre 1990, nel frattempo entrata in vigore.

127.

Ne consegue che la doglianza relativa alla mancanza di un nuovo intervento del consigliere auditore deve essere respinta.

e) Quanto alla composizione del fascicolo sottoposto alla deliberazione del collegio dei membri della Commissione

128.

L'ICI sostiene che, a causa dei vizi che hanno inficiato il procedimento amministrativo antecedente all'adozione della decisione PVC I, il collegio dei membri della Commissione non ha potuto esaminare l'insieme dei documenti pertinenti, vale a dire, in particolare, una nuova relazione del consigliere auditore e un nuovo resoconto della consultazione del comitato consultivo. Il detto collegio dei membri della Commissione, essendo diverso da quello che aveva adottato la decisione PVC I, avrebbe quindi avuto a disposizione solo le memorie delle parti depositate sei anni prima, la relazione del consigliere auditore redatta alla stessa epoca e il parere del comitato consultivo, anch'esso risalente al 1988.

129.

La detta ricorrente si duole che il Tribunale, al punto 316 della sentenza impugnata, abbia respinto tale motivo.

130.

A questo proposito occorre osservare che il Tribunale, al punto 315 della sentenza impugnata, ha giustamente ricordato che la Commissione, dopo l'annullamento della decisione PVC I, non aveva commesso alcun errore di diritto non procedendo ad una nuova audizione delle imprese interessate prima dell'adozione della decisione PVC II.

131.

Risulta inoltre dai punti 122-127 e 114-119 della presente sentenza che un nuovo intervento del consigliere auditore ed una nuova consultazione del comitato consultivo non erano necessari.

132.

Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene l'ICI, il fascicolo sottoposto al collegio dei membri della Commissione non doveva contenere, in particolare, unanuova relazione del consigliere auditore ed un nuovo resoconto della consultazione del comitato consultivo.

133.

Il Tribunale ha dunque esattamente statuito, al punto 316 della sentenza impugnata, che la premessa del ragionamento dell'ICI relativo alla composizione di tale fascicolo era erronea, sicché il detto ragionamento era privo di fondamento.

134.

Pertanto, dall'insieme delle considerazioni che precedono consegue che i motivi qui esaminati debbono essere respinti.

6. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dalla Montedison e dall'ICI relativo alla prescrizione delle azioni sanzionatorie

135.

La LVM, la DSM, la Montedison e l'ICI affermano che il Tribunale, ai punti 1089 e seguenti della sentenza impugnata, ha fatto erronea applicazione del regolamento n. 2988/74. Il detto giudice avrebbe erroneamente statuito che il corso della prescrizione quinquennale dell'azione sanzionatoria era rimasto sospeso per la durata dei procedimenti giurisdizionali attivati contro la decisione PVC I, in conformità dell'art. 3 del detto regolamento, a norma del quale la prescrizione delle azioni sanzionatorie rimane sospesa per tutto il tempo in cui «la decisione della Commissione» costituisce l'oggetto di un procedimento pendente dinanzi al giudice comunitario.

136.

Secondo le ricorrenti, quest'ultima disposizione non si applica alla decisione finale adottata dalla Commissione in merito all'infrazione ed all'ammenda. Una decisione siffatta ricadrebbe, una volta adottata, sotto le regole in materia di prescrizione dell'esecuzione enunciate agli artt. 5 e 6 del regolamento n. 2988/74. Pertanto, un ricorso proposto contro una decisione di questo tipo non determinerebbe la sospensione della prescrizione delle azioni sanzionatorie. L'art. 3 del regolamento n. 2988/74 si applicherebbe soltanto ai ricorsi diretti contro gli atti interruttivi di tale prescrizione elencati all'art. 2 del medesimo regolamento. Più precisamente, ad avviso della LVM e della DSM, la detta norma si applica soltanto ai ricorsi contro quelli fra tali atti promananti dalla Commissione che, assumendo la forma di una decisione, sono impugnabili. La LVM e la DSM affermano che la decisione finale, non figurando nell'elenco di cui all'art. 2 del regolamento n. 2988/74, che avrebbe quindi carattere tassativo, non interrompe la prescrizione delle azioni sanzionatorie. Le dette ricorrenti ne deducono che il ricorso proposto contro tale decisione non può sospendere il corso della detta prescrizione. L'ICI fa valere che nessun atto successivo alla comunicazione degli addebiti - che è l'ultimo degli atti interruttivi elencati all'art. 2 del regolamento n. 2988/74 - produce l'effetto di interrompere la prescrizione delle azioni sanzionatorie.

137.

A questo proposito occorre constatare che, ai sensi dell'art. 4, n. 2, del regolamento n. 2988/74, la prescrizione in materia di esecuzione decorre soltanto dal giorno in cui «la decisione è divenuta inoppugnabile», vale a dire a partire dalla scadenza del termine di ricorso contro la decisione che provvede in merito all'infrazione ed all'ammenda,qualora non sia stato proposto alcun ricorso, oppure a partire dalla decisione del giudice comunitario che statuisce definitivamente su un ricorso effettivamente proposto, qualora questo venga respinto, poiché la questione della prescrizione in materia dell'esecuzione è evidentemente inconferente in caso di annullamento della decisione.

138.

Di conseguenza, le regole relative all'interruzione ed alla sospensione della prescrizione in materia di esecuzione, enunciate dagli artt. 5 e 6 del regolamento n. 2988/74, non trovano applicazione subito dopo l'adozione della decisione finale della Commissione.

139.

Fintanto che tale decisione non è definitiva, la prescrizione delle azioni sanzionatorie è disciplinata dalle regole applicabili a quest'ultime, enunciate agli artt. 1-3 del detto regolamento.

140.

A norma degli artt. 1, nn. 1, lett. b), e 2, e 2, n. 3, del regolamento n. 2988/74, si verifica la prescrizione delle azioni sanzionatorie qualora la Commissione non abbia irrogato un'ammenda o una sanzione entro i cinque anni successivi al termine iniziale di decorrenza della prescrizione stessa - se durante tale periodo non è intervenuto alcun atto interruttivo della prescrizione - o al massimo entro i dieci anni successivi a detto termine iniziale - se invece sono stati posti in essere atti interruttivi. Tuttavia, in virtù del medesimo art. 2, n. 3, il termine di prescrizione così fissato viene prolungato di un lasso di tempo durante il quale la prescrizione rimane sospesa a norma dell'art. 3.

141.

Contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, dalla formulazione degli artt. 2 e 3 del regolamemento n. 2988/74 non emerge in alcun modo che «la decisione della Commissione» di cui all'art. 3 - che costituisce l'oggetto di un procedimento pendente dinanzi al giudice comunitario che determina la sospensione della prescrizione dell'azione sanzionatoria - possa essere soltanto uno degli atti considerati dall'art. 2 interruttivi di tale prescrizione, l'elenco dei quali avrebbe carattere tassativo. Sul punto il Tribunale ha correttamente rilevato, al punto 1097 della sentenza impugnata, che taluni degli atti previsti dall'art. 2, n. 1, in particolare le domande scritte di informazioni, i mandati di accertamento o la comunicazione degli addebiti, costituiscono atti preparatori e non decisioni. Per di più, l'elencazione contenuta nel detto articolo e preceduta dalla locuzione avverbiale «in particolare» non ha in alcun modo carattere tassativo.

142.

Soprattutto, come in sostanza sottolineato dal Tribunale al punto 1098 della sentenza impugnata, gli artt. 2 e 3 del regolamento n. 2988/74, riguardanti rispettivamente l'interruzione e la sospensione della prescrizione delle azioni sanzionatorie, perseguono obiettivi distinti.

143.

L'art. 2 disciplina le conseguenze del compimento di atti istruttori e di atti inerenti ad un procedimento sanzionatorio che dimostrino la diligenza della Commissione nel perseguire effettivamente le imprese in questione.

144.

Per contro, l'art. 3 tutela la Commissione dinanzi agli effetti della prescrizione in situazioni in cui essa deve attendere la decisione del giudice comunitario, nell'ambito di procedimenti sul cui svolgimento essa non ha il controllo assoluto, prima di sapere se l'atto impugnato è viziato o no da illegittimità. Pertanto, l'art. 3 riguarda ipotesi in cui l'inerzia dell'istituzione non è la conseguenza di una mancanza di diligenza.

145.

Ora, ipotesi siffatte si concretizzano tanto in caso di ricorsi contro gli atti interruttivi elencati all'art. 2 del regolamento n. 2988/74 suscettibili di impugnazione quanto in caso di ricorsi contro una decisione che infligge un'ammenda o una sanzione.

146.

Sulla scorta di tali premesse, sia il tenore letterale dell'art. 3 che la ratio di tale norma portano a considerarla applicabile tanto ai ricorsi proposti contro gli atti di cui all'art. 2 che sono impugnabili quanto ai ricorsi diretti contro la decisione finale della Commissione.

147.

Di conseguenza, un ricorso diretto contro la decisione finale che infligge sanzioni sospende la prescrizione delle azioni sanzionatorie fino a che il giudice comunitario non si sia definitivamente pronunciato sul ricorso medesimo.

148.

La Montedison non può sostenere che la sospensione della prescrizione delle azioni sanzionatorie porterebbe al risultato che il potere della Commissione di procedere ad accertamenti e di infliggere sanzioni non incontrerebbe alcun limite, poiché rinascerebbe ogni volta dopo la pronuncia di una sentenza. Infatti, la Commissione rimane esposta alla prescrizione delle azioni sanzionatorie in quanto, dopo la pronuncia della sentenza di annullamento, la prescrizione, prima sospesa, riprende il suo corso e rimane soggetta al termine di cinque o dieci anni previsto dal regolamento n. 2988/74, escludendo dal computo il periodo di sospensione.

149.

L'ICI non può utilmente contestare la statuizione del Tribunale, contenuta al punto 1098 della sentenza impugnata, secondo cui la sospensione della prescrizione si applica «quando la Commissione non possa intervenire per una ragione oggettiva ad essa non imputabile», sostenendo che la presentazione di un ricorso contro una decisione che infligge ammende non impedisce in alcun modo alla Commissione di adottare una decisione di questo tipo. Infatti, tale tesi, ove venisse condivisa, implicherebbe che l'istituzione revochi la decisione contestata per sostituirla con un'altra decisione che tenga conto del contenuto della contestazione. La detta tesi porterebbe a negare alla Commissione il diritto stesso di ottenere dal giudice comunitario, se del caso, l'accertamento della legittimità della decisione impugnata.

150.

L'ICI non può neppure far valere il fatto che una decisione che infligge ammende è pienamente esecutiva fino a che non venga annullata in sede giurisdizionale. Per definizione, gli atti di esecuzione di una decisione che punisce un'infrazione non possono essere considerati come diretti ad accertare o perseguire l'infrazione. Pertanto atti di questo tipo, la cui legittimità è per giunta subordinata alla legittimità della decisione impugnata con un ricorso, non possono produrre alcun effetto interruttivodella prescrizione delle azioni sanzionatorie in caso di annullamento della decisione contestata in sede giudiziaria.

151.

L'ICI non può pretendere che l'interpretazione del Tribunale finisca per consentire alla Commissione di trarre profitto dal proprio comportamento colpevole. In caso di annullamento di un atto, la Commissione subisce tutte le conseguenze di tale annullamento, eventualmente collegato ad un errore in cui essa è incorsa. La sospensione della prescrizione la preserva unicamente dagli effetti di quest'ultima per un periodo nel quale, giustappunto, il decorso del termine non è imputabile all'istituzione.

152.

La LVM e la DSM fanno valere che, ove si ritenesse che il ricorso contro la decisione PVC I abbia avuto effetto sospensivo della prescrizione, dovrebbe reputarsi che l'annullamento di tale decisione abbia reso la sospensione - al pari della stessa decisione - retroattivamente inesistente.

153.

Tuttavia, il Tribunale ha giustamente rilevato, al punto 1100 della sentenza impugnata, da un lato, che l'art. 3 del regolamento n. 2988/74 ha senso solo se la decisione che accerta un'infrazione ed infligge un'ammenda, impugnata con un ricorso, viene annullata e, dall'altro, che qualsiasi annullamento di un atto adottato dalla Commissione è necessariamente imputabile a quest'ultima, nel senso che tale annullamento riflette un errore da parte dell'istituzione. Il Tribunale ha potuto dunque inferirne che escludere la sospensione della prescrizione delle azioni sanzionatorie nel caso in cui il ricorso porti a riconoscere un errore imputabile alla Commissione priverebbe di qualsiasi senso l'art. 3 del regolamento. Come evidenziato dal Tribunale, la sospensione è giustificata dal fatto stesso che un ricorso è pendente dinanzi al Tribunale o alla Corte, e non dalle conclusioni cui giungono tali giudici nelle loro sentenze.

154.

La Montedison afferma, per parte sua, che, anche in caso di sospensione della prescrizione delle azioni sanzionatorie, il nuovo atto interruttivo di tale prescrizione sarebbe dovuto intervenire nei cinque anni successivi al precedente.

155.

Tuttavia, tale tesi finisce col negare le conseguenze stesse della premessa che costituisce il suo punto di partenza. In caso di sospensione della prescrizione, il termine di prescrizione di cinque o dieci anni viene prolungato di un tempo pari al periodo di sospensione trascorso, ai sensi dell'art. 2, n. 3, del regolamento n. 2988/74.

156.

La LVM, la DSM, la Montedison e l'ICI sostengono che, nel caso di specie, la prescrizione è maturata il 5 aprile 1993, cinque anni dopo la comunicazione degli addebiti, effettuata il 5 aprile 1988. La Montedison sottolinea che la decisione PVC I non poteva costituire l'atto interruttivo precedente, in quanto era stata annullata dalla sentenza della Corte 15 giugno 1994. L'ICI aggiunge che, in ogni caso, il termine di dieci anni previsto dall'art. 2, n. 3, del regolamento n. 2988/74 era spirato nei suoiconfronti dieci anni dopo la data in cui era cessata la sua partecipazione, ossia nell'ottobre 1993.

157.

A questo proposito, il Tribunale ha correttamente rilevato, al punto 1101 della sentenza impugnata, che la prescrizione era rimasta sospesa per tutto il tempo in cui la decisione PVC I era stata oggetto di un procedimento pendente dinanzi al Tribunale ed alla Corte. Il Tribunale ha poi giustamente rilevato che, anche se si era tenuto conto soltanto della data dell'ultimo ricorso depositato dinanzi al Tribunale, ossia il 24 aprile 1989, ed anche se il periodo trascorso fra la data della pronuncia della sentenza del Tribunale 27 febbraio 1992 e quella del ricorso alla Corte non doveva essere preso in considerazione, doveva ritenersi che la prescrizione fosse rimasta sospesa per un periodo minimo di quattro anni, undici mesi e ventidue giorni. Di conseguenza, partendo dall'ipotesi secondo cui, come sostenuto dalle ricorrenti, la comunicazione degli addebiti notificata il 5 aprile 1988 costituiva l'ultimo atto interruttivo, e dunque non dovendo stabilirsi se un atto successivo, quale la decisione PVC I, avesse potuto nuovamente interrompere la prescrizione, il Tribunale ha esattamente concluso che il potere della Commissione di comminare ammende non era prescritto al 27 luglio 1994, data di adozione della decisione PVC II.

158.

La Montedison si duole inoltre che il Tribunale abbia affermato, al punto 1092 della sentenza impugnata, che gli accertamenti effettuati dalla Commissione presso l'ICI, la Shell e la DSM in data 21, 22 e 23 novembre e 6 dicembre 1983 avevano interrotto la prescrizione delle azioni sanzionatorie dirette nei suoi confronti. La detta ricorrente sostiene che gli accertamenti di cui sopra non hanno potuto produrre tale effetto nei suoi confronti, in quanto essa aveva ceduto il proprio ramo aziendale del PVC dieci mesi prima.

159.

Tuttavia, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 2, n. 2, del regolamento n. 2988/74, l'interruzione della prescrizione è efficace nei confronti di tutte le imprese che hanno partecipato all'infrazione.

160.

Soprattutto, il semplice fatto che un'impresa abbia cessato una determinata attività economica non vale ad esentarla dalla responsabilità in cui essa può incorrere per una violazione commessa nell'ambito di tale attività prima della sua cessazione.

161.

La Montedison fa valere inoltre che l'interruzione della prescrizione avrebbe presupposto l'esistenza di un atto di notifica o di un mandato scritto di accertamento. Ora, l'esistenza di tali atti, anteriori alla comunicazione degli addebiti, non sarebbe stata provata.

162.

Quanto a tale punto, è sufficiente osservare come l'art. 2, n. 1, del regolamento n. 2988/74 disponga che la prescrizione delle azioni sanzionatorie è interrotta da «qualsiasi atto della Commissione (...) [diretto all'] accertamento o [alla] repressione dell'infrazione». Pertanto, la detta disposizione non subordina l'interruzione della prescrizione ad un atto notificato o ad un mandato scritto di accertamento.

163.

Pertanto, dall'insieme delle considerazioni che precedono discende che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

7. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dalla Degussa e dall'ICI relativo alla violazione del principio del termine ragionevole

164.

Ai punti 120-136 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il motivo relativo alla violazione del principio del termine ragionevole, che era stato sollevato in via autonoma rispetto al motivo relativo alla prescrizione. Dinanzi al Tribunale era stata dedotta la violazione del principio del termine ragionevole alla data di adozione della decisione PVC I e, a maggior ragione, alla data di adozione della decisione PVC II.

165.

La LVM, la DSM, la Degussa e l'ICI deducono errori di diritto di vario tipo che il Tribunale avrebbe commesso nell'esaminare tale motivo. In sostanza, le dette ricorrenti ritengono che il periodo da prendere in considerazione per valutare il rispetto del principio del termine ragionevole includa, oltre al procedimento amministrativo, tutti i procedimenti giurisdizionali avviati nel caso di specie.

a) Quanto alle doglianze relative all'art. 6 della CEDU

166.

La LVM e la DSM si dolgono che il Tribunale abbia omesso di pronunciarsi motivatamente sull'argomento da esse dedotto secondo cui l'art. 6 della CEDU è, in quanto tale, applicabile ai procedimenti in materia di concorrenza, limitandosi a richiamare il punto 56 della propria sentenza 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96, SCK e FNK/Commissione (Racc. pag. II-1739). Esse, pertanto, censurano il Tribunale perché - al punto 121 della sentenza impugnata - ha riqualificato come principio generale del diritto comunitario il principio fondamentale del termine ragionevole e, poi, non ha applicato l'art. 6 della CEDU. Orbene, nella sua sentenza 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I-8417, punti 26-44), la Corte, senza precisare la natura del principio del termine ragionevole, avrebbe statuito che l'art. 6 della CEDU è direttamente applicabile e che, nella fattispecie allora in esame, la durata del procedimento dinanzi al Tribunale non era realmente giustificata.

167.

Tuttavia, a questo proposito, occorre constatare come il Tribunale, al punto 120 della sentenza impugnata, abbia giustamente ricordato, come già aveva statuito al punto 53 della citata sentenza SCK e FNK/Commissione, che:

- in base ad una giurisprudenza costante, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto, dei quali il giudice comunitario garantisce l'osservanza (v., in particolare, parere 28 marzo 1996, 2/94, Racc. pag. I-1759, punto 33, e sentenza 29 maggio 1997, causa C-299/95, Kremzow, Racc. pag. I-2629, punto 14);

- a tal fine, la Corte e il Tribunale si ispirano alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell'uomo cui gli Stati membri hanno cooperato e aderito;

- la CEDU riveste, a questo proposito, un significato particolare (sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston, Racc. pag. 1651, punto 18, e Kremzow, cit., punto 14);

- inoltre, ai sensi dell'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea (divenuto, in seguito a modifica, art. 6, n. 2, UE), «[l]'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla [CEDU] e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario».

168.

Il Tribunale ha quindi affermato, al punto 121 della sentenza impugnata, che occorreva verificare se la Commissione avesse violato il principio generale di diritto comunitario del rispetto di un termine ragionevole nell'adozione di decisioni a conclusione dei procedimenti amministrativi in materia di concorrenza.

169.

Il Tribunale, rinviando a questo proposito al punto 56 della sua citata sentenza SCK e FNK/Commissione, in cui aveva statuito che:

- il rispetto da parte della Commissione di un termine ragionevole nell'adozione di decisioni a conclusione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza rappresenta un principio generale del diritto comunitario;

- non è dunque necessario pronunciarsi sull'applicabilità in quanto tale dell'art. 6, n. 1, della CEDU ai procedimenti amministrativi dinanzi alla Commissione in materia di politica della concorrenza,

ha in tal modo implicitamente, ma necessariamente, preso posizione in merito al motivo relativo alla diretta applicabilità dell'art. 6 della CEDU.

170.

Nel merito, il Tribunale, ricordando il tenore letterale dell'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, ha correttamente affermato che, nell'ordinamento giuridico comunitario, i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU sono tutelati in quanto principi generali del diritto comunitario.

171.

Contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, il Tribunale non ha disatteso la citata sentenza Baustahlgewebe/Commissione, ai cui punti 20 e 21 la Corte, dopo aver ricordato il contenuto dell'art. 6, n. 1, della CEDU, ha qualificato come principio generale del diritto comunitario il diritto di ogni persona ad un processo equo e, in particolare, il diritto ad un processo entro un termine ragionevole.

172.

Ne consegue che le doglianze relative all'art. 6 della CEDU debbono essere respinte.

b) Quanto alle doglianze relative alla sanzione applicabile in caso di violazione del principio del termine ragionevole

173.

La LVM, la DSM, la Degussa e l'ICI si dolgono che il Tribunale, al punto 122 della sentenza impugnata, abbia statuito che:

- anche a supporla accertata, una violazione del principio del termine ragionevole giustifica l'annullamento della decisione PVC II solo qualora comporti anche una violazione dei diritti della difesa delle imprese interessate;

- quando non è dimostrato che il decorso di un lasso di tempo eccessivo abbia pregiudicato la capacità di tali imprese di difendersi in modo efficace, il mancato rispetto del principio del termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo e può dunque essere considerato solo come un motivo di pregiudizio atto ad essere invocato dinanzi al giudice comunitario nell'ambito di un ricorso ex artt. 178 e 215, secondo comma, del Trattato CE (divenuti artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE).

174.

La LVM, la DSM e la Degussa ritengono che, nell'ipotesi di un superamento del termine ragionevole imputabile alla Commissione, quest'ultima cessi di essere competente quanto all'avvio di procedimenti sanzionatori. Ad avviso della LVM e della DSM, la presente controversia si differenzia da quella oggetto della citata sentenza Baustahlgewebe/Commissione, la quale riguardava un superamento del termine ragionevole da parte del Tribunale. La Degussa afferma che, nella presente fattispecie, la sola sanzione giuridica del superamento del termine ragionevole idonea a garantire l'attuazione del diritto fondamentale di cui trattasi è la nullità della decisione adottata. Le tre ricorrenti chiedono quanto meno una riduzione delle ammende inflitte.

175.

L'ICI sostiene che la soluzione consistente nel subordinare, in caso di violazione del principio del termine ragionevole, l'annullamento della decisione alla prova di un pregiudizio è contraria alla costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte eur. D.U., sentenze Eckle del 15 luglio 1982, serie A n. 51, § 66, e Corigliano del 10 dicembre 1982, serie A n. 57, § 31).

176.

A questo proposito occorre rilevare come la questione della sanzione applicabile in caso di violazione del principio del termine ragionevole, già affrontata nella citata sentenza Baustahlgewebe/Commissione in relazione ad un procedimento giurisdizionale, si ponga soltanto quando una violazione siffatta risulti provata.

177.

Per le motivazioni sopra ricordate, illustrate al punto 122 della sentenza impugnata, il Tribunale si è pronunciato su tale questione in sede preliminare, prima di verificare se, nel caso di specie, il principio del termine ragionevole fosse stato violato. Poiché ilTribunale è giunto alla conclusione che tale principio non era stato violato, le motivazioni in questione non costituiscono un fondamento necessario del dispositivo.

178.

Pertanto, occorrerà esaminare gli argomenti dedotti dalle ricorrenti nell'ambito delle presenti doglianze soltanto nell'ipotesi in cui, in contrasto con la sentenza impugnata, dovesse essere constatata una violazione effettiva del principio del termine ragionevole.

c) Quanto alle doglianze relative al rispetto del principio del termine ragionevole

179.

Occorre constatare come il principio del termine ragionevole debba essere necessariamente rispettato, in materia di concorrenza, nei procedimenti amministrativi attivati a norma del regolamento n. 17 e suscettibili di sfociare nell'adozione delle sanzioni previste da quest'ultimo. In caso di ricorso, il rispetto del detto principio si impone anche per il procedimento giurisdizionale dinanzi al giudice comunitario (sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 21).

i) Doglianze mosse contro il procedimento amministrativo avviato dalla Commissione

- Suddivisione del procedimento amministrativo in due fasi

180.

La LVM, la DSM e la Degussa lamentano che il Tribunale, al punto 124 della sentenza impugnata, ha suddiviso il procedimento amministrativo in due fasi, una aperta dagli accertamenti effettuati, a norma dell'art. 14 del regolamento n. 17, nel novembre 1983 nel settore del PVC, l'altra iniziata alla data del ricevimento da parte delle imprese interessate della comunicazione degli addebiti e culminata nell'adozione della decisione PVC II, eccettuato il periodo durante il quale il giudice comunitario aveva esaminato la legittimità della decisione PVC I e la validità della sentenza del Tribunale 27 febbraio 1992, pronunciata a seguito dei ricorsi proposti contro quest'ultima decisione.

181.

A questo proposito occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il procedimento amministrativo può essere esaminato distinguendo due fasi temporali successive.

182.

La prima fase, che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, ha come termine iniziale la data in cui la Commissione, nell'esercizio dei poteri conferitile dagli artt. 11 e 14 del regolamento n. 17 nell'ambito di un'indagine preliminare, adotta misure che implicano l'addebito di una violazione e che determinano importanti ripercussioni sulla situazione delle imprese sospettate (v., in tal senso, a proposito di un'indagine preliminare in materia penale, Corte eur. D.U., sentenza Ringeisen del 16 luglio 1971, serie A n. 13, pag. 40, § 110; v. altresì Corte eur. D.U., sentenze Corigliano, cit., § 34, e Hozee c. Paesi Bassi del 22 maggio 1998,Recueil des arrêts et décisions 1998-III, pag. 1091, § 43). Tale fase deve consentire alla Commissione, dopo lo svolgimento di attività investigativa, di prendere posizione circa il seguito del procedimento.

183.

La seconda fase si estende dalla comunicazione degli addebiti all'adozione della decisione finale. Essa deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sulla violazione contestata.

184.

Pertanto, posto che ciascuna delle due fasi risponde ad una propria logica interna, la doglianza deve essere respinta.

- Mancata verifica della durata del procedimento amministrativo alla luce di tutti i criteri di valutazione del termine ragionevole

185.

La LVM e la DSM contestano al Tribunale un vizio di erroneità della motivazione, nonché la violazione dell'obbligo giuridico di verificare il carattere ragionevole del termine alla luce di tutti i criteri di valutazione di quest'ultimo, vale a dire la complessità del caso in esame, la posta in gioco per le imprese interessate, nonché il comportamento delle imprese e quello delle autorità competenti.

186.

Le dette imprese constatano come, quanto alla prima fase del procedimento amministrativo, il Tribunale abbia verificato, ai punti 128-130 della sentenza impugnata, il carattere ragionevole del termine alla luce del solo criterio della complessità del caso in esame, omettendo totalmente, senza fornire alcuna motivazione, il criterio della posta in gioco e quello del comportamento delle autorità. Esse fanno altresì valere che, quanto alla seconda fase del procedimento amministrativo, il Tribunale si è limitato, ai punti 132 e 133 della sentenza impugnata, a verificare il carattere ragionevole del termine alla luce del criterio della posta in gioco, omettendo nuovamente gli altri criteri.

187.

A questo proposito occorre ricordare che il carattere ragionevole del termine è valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, alla luce della rilevanza della controversia per l'interessato, della complessità del caso in esame, nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti (sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 29).

188.

Tuttavia, l'elencazione di tali criteri non è esaustiva e la valutazione del carattere ragionevole del termine non richiede un esame sistematico delle circostanze del caso di cui trattasi alla luce di ciascuno dei detti criteri quando la durata del procedimento appaia giustificata alla luce di uno solo di essi. La funzione di tali criteri è quella di stabilire se il tempo impiegato per definire una pratica sia o no giustificato. Pertanto, la complessità del caso ovvero un comportamento dilatorio del ricorrente può essere considerato valida giustificazione di un termine a prima vista troppo lungo. Per contro, un termine può ritenersi eccedere i limiti della ragionevolezza anche alla luce di un solo criterio, in particolare qualora la sua durata derivi dal comportamento delle autorità competenti. Se del caso, la durata di una fase del procedimento può essere a prima vista qualificata ragionevole qualora appaia conforme al tempo medio di definizione di un caso del tipo di quello in questione.

189.

Pertanto, il Tribunale non era tenuto a valutare il carattere ragionevole del termine alla luce dell'insieme dei criteri invocati dalla LVM e dalla DSM, avendo esso statuito, ai punti 124-133 della sentenza impugnata, che la durata della prima fase del procedimento esaminata, pari a quatto anni e quattro mesi, era giustificata dalla complessità del caso e che neppure la seconda fase, della durata di dieci mesi, poteva essere considerata eccessiva.

190.

Ne consegue che la doglianza testé esaminata deve essere respinta.

- Violazione del principio del termine ragionevole a motivo della durata del procedimento amministrativo

191.

La LVM, la DSM, la Degussa e l'ICI si dolgono che il Tribunale abbia concluso, al punto 134 della sentenza impugnata, che la decisione PVC II era stata adottata entro un termine ragionevole, malgrado che la prima fase del procedimento amministrativo fosse durata 52 mesi e che un periodo d'inerzia della Commissione di circa 41 mesi fosse stato lamentato dinanzi al Tribunale. L'ICI sottolinea l'assenza di qualsiasi iniziativa da parte della Commissione tra il mese di giugno 1984 ed il mese di gennaio 1987. La detta ricorrente fa riferimento ad alcune sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo relative a cause nelle quali si faceva questione del decorso, rispettivamente, di un termine di 4 anni in un procedimento pendente dinanzi ad un giudice di merito e di un termine di 15 mesi nell'ambito di un'indagine preliminare antecedente all'incriminazione (Corte eur. D.U., sentenze Guincho del 10 luglio 1984, serie A n. 81, e Neumeister del 27 giugno 1968, serie A n. 8). L'ICI richiama altresì la citata sentenza Baustahlgewebe/Commissione (punti 45 e 46), relativamente ad un termine di 32 mesi decorso tra la fine della fase scritta dinanzi al Tribunale e la decisione di apertura della fase orale nonché ad un termine di 22 mesi decorso tra la chiusura della fase orale e la pronuncia della sentenza. La LVM e la DSM rilevano come la Corte europea dei diritti dell'uomoabbia affermato che un periodo d'inerzia di oltre 3 anni è eccessivo (Corte eur. D.U., sentenza Zimmermann e Steiner del 13 luglio 1983, serie A n. 66, § 29). A loro dire, la detta Corte avrebbe adottato un criterio penalistico di 2 anni nella propria sentenza B c. Austria del 28 marzo 1990 (serie A n. 175), in una fattispecie nella quale il tempo trascorso sarebbe stato di 33 mesi. Pertanto, a loro avviso, un termine ragionevole non può superare i 2 anni, ai sensi di una giurisprudenza costante della Corte europea deidiritti dell'uomo.

192.

A questo proposito occorre constatare come il carattere ragionevole di un termine non possa essere esaminato facendo riferimento ad un limite massimo preciso, determinato astrattamente, bensì debba essere valutato di volta in volta alla luce delle circostanze del caso di specie.

193.

Una prima valutazione a carattere generale è intesa a stabilire se la durata della fase di cui trattasi appaia, prima facie, eccessivamente lunga in rapporto al procedimento avviato. Nell'ipotesi affermativa, occorre verificare in concreto se siano riscontrabili ritardi non giustificabili dalle circostanze proprie del caso di specie.

194.

In proposito, per quanto riguarda un procedimento amministrativo in materia di concorrenza, il Tribunale accerta e valuta sovranamente i fatti pertinenti, salvo in caso di loro snaturamento, per poi qualificarli giuridicamente, sotto il controllo della Corte, alla luce del principio del rispetto di un termine ragionevole (v., in tal senso, sentenza 1° giugno 1994, causa C-136/92 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., Racc. pag. I-1981, punto 49).

195.

Nella fattispecie, il Tribunale ha constatato, ai punti 125 e 133 della sentenza impugnata, che la prima fase del procedimento amministrativo era durata 4 anni e 4 mesi e la seconda 10 mesi.

196.

Quanto alla prima fase, il Tribunale ha rilevato, ai punti 128-130 della sentenza impugnata, quanto segue:

«128 A questo proposito va sottolineata la complessità dei fatti che la Commissione doveva chiarire in ragione del tipo di comportamenti in questione e dell'entità di tali comportamenti sul mercato geografico interessato, che si estende a tutta la zona di operatività dei principali produttori di PVC nel mercato comune.

129 Della complessità dei fatti da chiarire facevano altresì parte il numero e l'intrico di documenti riuniti dalla Commissione. Quelli raccolti al momento degli accertamenti da essa effettuati negli stabilimenti di diversi fabbricanti di prodotti petrolchimici nel corso del periodo considerato e le risposte date da questi ultimi alle questioni poste dalla Commissione ai sensi dell'art. 11 del regolamento n. 17 hanno dato vita ad un fascicolo particolarmente voluminoso. Inoltre, in mezzo ai numerosissimi documenti ottenuti nel corso del procedimento amministrativo, la Commissione ha dovuto distinguere fra quelli relativi al fascicolo del PVC e quelli relativi al fascicolo istruito parallelamente nel settore affine dell'LDPE [polietilene a bassa densità], esso stesso oggetto, come altri prodotti termoplastici nello stesso periodo, di un'indagine e di un procedimento per l'accertamento di infrazioni addebitate a imprese molte delle quali sono parti nella presente causa. Va detto inoltre che il fascicolo della causa che ha dato luogo alla [decisione PVC II] conteneva, in base ad una prima numerazione amministrativa, una serie di documenti per un totale di 1 072 pagine e, in base ad un'altra numerazione, per un totale di più di 5 000 pagine, senza contare i documenti interni della Commissione.

130 Infine, la complessità dei fatti da chiarire emergeva dalla difficoltà a dare la prova della partecipazione delle imprese all'intesa addotta e del numero delle imprese coinvolte. A questo proposito, la [decisione PVC II] riferisce che diciassette imprese hanno partecipato alle infrazioni nel corso del periodo cui si riferisce (...) (secondo 'considerando', secondo comma) e che 14 imprese erano state destinatarie della decisione iniziale».

197.

Quanto alla seconda fase del procedimento amministrativo, il Tribunale, al punto 132 della sentenza impugnata, ne ha sottolineato l'importanza per le imprese interessate, e ciò, da un lato, sotto il profilo della presa di conoscenza dell'oggetto del procedimento contro di esse avviato e dei comportamenti oggetto di contestazione da parte della Commissione e, dall'altro, dal punto di vista dello specifico interesse delle dette imprese a che tale seconda fase del procedimento venisse condotta con particolare diligenza.

198.

Al punto 133 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato, quanto alla durata di 10 mesi di tale seconda fase del procedimento amministrativo:

«133 (...) Un tale termine non può essere considerato eccessivo. Infatti, gli addebiti sono stati notificati alle imprese interessate all'inizio dell'aprile 1988. Le imprese hanno risposto alla comunicazione degli addebiti nel corso del giugno 1988. Ad eccezione della Shell, che non aveva fatto domanda in tal senso, le imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti sono state ascoltate fra il 5 e l'8 settembre 1988 e il 19 settembre 1988. Il 1° dicembre 1988 il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti ha emesso il proprio parere sulla proposta di decisione della Commissione e 20 giorni dopo quest'ultima adottava la decisione iniziale. Quanto alla [decisione PVC II], essa è stata adottata 42 giorni dopo la pronuncia della sentenza del 15 giugno 1994».

199.

Alla luce dell'insieme delle suddette constatazioni e valutazioni contenute nella sentenza impugnata, risulta chiaro che il Tribunale, ai punti 127 e 134 di tale pronuncia, ha esattamente qualificato come ragionevole il termine impiegato dalla Commissione per portare a termine ciascuna delle due fasi del procedimento amministrativo precedenti l'adozione della decisione PVC II, per poi giustamente concludere, al punto 135 della medesima sentenza, relativamente a tale procedimento amministrativo nel suo complesso, che la Commissione aveva agito in conformità del principio del rispetto di un termine ragionevole.

200.

Occorre pertanto respingere la doglianza qui sopra esaminata.

ii) Doglianza riguardante il mancato esame da parte del Tribunale, alla luce del principio del termine ragionevole, dei procedimenti giurisdizionali precedenti l'adozione della decisione PVC II

201.

La LVM, la DSM, la Degussa e l'ICI si dolgono che il Tribunale, al punto 123 della sentenza impugnata, abbia escluso, nel valutare l'osservanza del principio del termine ragionevole, il tempo corrispondente alla durata dei due procedimenti giurisdizionali sfociati, rispettivamente, nella sentenza del Tribunale 27 febbraio 1992 e nella sentenza della Corte 15 giugno 1994, malgrado avessero fatto valere che tale periodo di tempo era imputabile alla Commissione, tenuto conto delle violazioni procedurali accertate in capo a quest'ultima all'esito dei detti procedimenti. Le dette ricorrenti imputano alTribunale di avere in tal modo limitato la propria valutazione alla durata del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione.

202.

A questo proposito, occorre ricordare che il Tribunale, al punto 123 della sentenza impugnata, pronunciandosi in merito alla richiesta verifica dei due procedimenti giurisdizionali precedenti l'adozione della decisione PVC II, ha così statuito:

«123 Nel caso di specie, la durata complessiva del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione è stata di circa 62 mesi. Il periodo durante il quale il giudice comunitario ha esaminato la legittimità della [decisione PVC I] e la validità della sentenza del Tribunale [27 febbraio 1992] non può essere preso in considerazione per determinare la durata del procedimento dinanzi alla Commissione».

203.

Con tale motivazione, il Tribunale ha escluso che la durata di procedimenti giurisdizionali culminati nell'annullamento di una prima decisione della Commissione potesse essere ascritta a quest'ultima per il solo fatto che alla medesima istituzione era imputabile l'illegittimità che aveva portato all'annullamento.

204.

In proposito, il Tribunale non ha fatto altro che trarre le conseguenze derivanti dall'aver accertato che, dinanzi ad esso, le ricorrenti:

- non hanno dedotto che i procedimenti giurisdizionali culminati nell'annullamento della decisione PVC I avevano avuto una durata eccessiva;

- non hanno cercato di dimostrare e neppure dedotto alcun ritardo concreto nello svolgimento di tali procedimenti che sarebbe stato imputabile al giudice comunitario o, eventualmente, alla stessa Commissione per effetto del suo comportamento nel corso dei procedimenti stessi.

205.

Alla luce di tali considerazioni, la doglianza di cui sopra deve essere respinta.

iii) Doglianza relativa alla violazione da parte del Tribunale del principio del termine ragionevole a motivo della durata del procedimento giurisdizionale conclusosi con la sentenza impugnata

206.

La Degussa sostiene che la durata del procedimento giurisdizionale conclusosi con la sentenza impugnata è, di per sé, contraria al principio generale del termine ragionevole. Essa si duole che il Tribunale abbia suddiviso il procedimento dinanzi ad esso in due fasi distinte, comprendenti ciascuna una propria fase scritta ed una propria fase orale. Tale modo di procedere del Tribunale, assolutamente non giustificato, avrebbe così portato ad una durata del procedimento di quattro anni e mezzo. Pertanto, anche il Tribunale avrebbe violato il principio del termine ragionevole.

207.

A questo proposito, come già ricordato al punto 179 della presente sentenza, il principio generale di diritto comunitario del rispetto di un termine ragionevole trova applicazione nell'ambito di un ricorso giurisdizionale contro una decisione della Commissione che infligge ammende ad una impresa per violazione della normativa sulla concorrenza (sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 21).

208.

Spetta quindi alla Corte verificare, nell'ambito del giudizio di impugnazione, la doglianza della Degussa specificamente diretta a contestare la durata del procedimento dinanzi al Tribunale conclusosi con la sentenza impugnata.

209.

Tale procedimento ha avuto inizio con il deposito, tra il 5 ed il 14 ottobre 1994, dei ricorsi proposti contro la decisione PVC II ed è terminato il 20 aprile 1999, data della pronuncia della sentenza impugnata. Esso ha avuto pertanto una durata di circa quattro anni e mezzo.

210.

A prima vista, tale durata appare considerevole. Tuttavia, come ricordato al punto 187 della presente sentenza, il carattere ragionevole del termine è valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, della rilevanza della controversia per l'interessato, della complessità del caso in esame, nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti (sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 29).

211.

Nella fattispecie, occorre ricordare che i ricorsi dinanzi al Tribunale sono stati presentati da tredici imprese, in cinque lingue processuali diverse.

212.

Il 6 aprile 1995 il Tribunale ha tenuto una riunione con le parti, a norma dell'art. 64 del suo regolamento di procedura. Tenuto conto della difficoltà della situazione sotto il profilo procedurale, determinata in particolare dalle precedenti fasi già concluse, dal numero e dall'importanza dei motivi dedotti, il Tribunale ha deciso, in accordo con le parti, di sospendere la fase scritta e di organizzare una fase di trattazione orale limitata all'esame dei motivi attinenti alla procedura.

213.

Con ordinanza 25 aprile 1995 le cause sono state riunite ai fini di tale trattazione orale.

214.

Quest'ultima si è svolta nei giorni 13 e 14 giugno 1995, ma in definitiva non ha consentito di attuare la soluzione procedurale preventivata.

215.

Pertanto, con ordinanza 14 luglio 1995, è stata disposta la riapertura della fase scritta e la separazione delle cause.

216.

La fase scritta ha avuto normale prosecuzione e si è conclusa il 20 febbraio 1996. Essa è stata poi assoggettata alle prescrizioni del regime linguistico previsto dall'art. 35 del regolamento di procedura del Tribunale.

217.

Tenuto conto dei motivi di annullamento relativi ad un accesso insufficiente delle imprese al fascicolo della Commissione all'origine della decisione PVC II, il Tribunale, in data 7 maggio 1997, ha concesso alle ricorrenti, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, l'accesso al detto fascicolo, fatta eccezione per i documenti interni della Commissione e per quelli contenenti segreti commerciali o altre informazioni confidenziali.

218.

Dopo aver consultato il fascicolo nel corso dei mesi di giugno e luglio 1997, tutte le ricorrenti, ad eccezione della Wacker-Chemie e della Hoechst, hanno depositato osservazioni presso la cancelleria del Tribunale, a seconda dei casi, nel luglio e nel settembre 1997. La Commissione ha presentato le proprie osservazioni in replica nel corso del dicembre 1997.

219.

Con ordinanza 22 gennaio 1998, dopo aver sentito le parti, è stata nuovamente disposta la riunione delle cause ai fini della trattazione orale. Questa si è svolta tra il 9 ed il 12 febbraio 1998.

220.

La sentenza impugnata è stata pronunciata il 20 aprile 1999 ed ha statuito su tutti i numerosissimi motivi attinenti alla procedura ed al merito, al termine di una motivazione articolata in 1269 punti.

221.

Risulta pertanto dalle constatazioni che precedono che la durata del procedimento giurisdizionale conclusosi con la sentenza impugnata è giustificata in considerazione della particolare complessità del caso di specie.

222.

Ne consegue che la doglianza di cui sopra deve essere respinta.

iv) Doglianza relativa alla violazione del principio del termine ragionevole a motivo della durata complessiva dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali attivati nel caso di specie

Argomenti delle parti

223.

La LVM, la DSM, la Degussa e l'ICI, richiamando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo(sentenze Wemhoff del 27 giugno 1968, serie A n. 7, §§ 18 e 19; Neumeister, cit., § 19; König del 28 giugno 1978, serie A n. 27, §§ 98 e 99, e Garyfallou AEBE c. Grecia del 24 settembre 1997, Recueil des arrêts et décisions 1997-V, pag. 1821, §§ 40-43), fanno valere che il carattere ragionevole di un termine deve essere valutato alla luce della durata complessiva dell'iter procedurale, cioè sia dalla durata del procedimento amministrativo preliminare sia da quella degli eventuali procedimenti giurisdizionali. Pertanto, nella fattispecie dovrebbe prendersi in considerazione l'iter procedurale complessivo, ivi compreso il presente procedimento di impugnazione.

224.

La Degussa sostiene che, tenuto conto della probabile durata del presente procedimento di impugnazione, l'iter procedurale dovrebbe concludersi definitivamente soltanto dopo venti anni circa. Sarebbe pertanto superato il limite assoluto ancora tollerabile di durata di un procedimento.

225.

La Commissione ritiene che la tesi del procedimento considerato in senso globale e uniforme sia incompatibile con la garanzia dell'indipendenza dei giudici, quale si evince, ai sensi della giurisprudenza della Corte, dal principio generale di diritto comunitario - ispirato all'art. 6 della CEDU - che riconosce ad ognuno il diritto ad un processo equo. Tale diritto comporterebbe anche il diritto ad un tribunale indipendente, in particolare dal potere esecutivo (sentenza 11 gennaio 2000, cause riunite C-174/98 P e C-189/98 P, Paesi Bassi e Van der Wal/Commissione, Racc. pag. I-1, punto 17).

226.

Orbene, sarebbe contrario al principio dell'autonomia procedurale dei tribunali se la durata del procedimento amministrativo determinasse la durata del procedimento giurisdizionale, come avverrebbe se la durata consentita di un procedimento giurisdizionale dipendesse dal tempo già utilizzato dall'amministrazione.

227.

Pertanto, la necessaria distinzione tra il procedimento amministrativo e quello giurisdizionale, in virtù della separazione dei poteri, discenderebbe dall'art. 2, n. 3, del regolamento n. 2988/74, il quale non ricomprende nel termine di prescrizione la durata di un eventuale procedimento giurisdizionale.

228.

La Commissione fa valere che il regolamento n. 2988/74, adottato per dare attuazione ad un principio enunciato dalla Corte nella sentenza 15 luglio 1970, causa 45/69, Boehringer Mannheim/Commissione (Racc. pag. 769, punto 6), ha istituito un insieme esaustivo di regole disciplinanti il decorso del tempo nelle questioni in materia di concorrenza delle quali la detta istituzione è chiamata ad occuparsi e conformi ai principi della certezza del diritto e del diritto ad un processo equo. Non vi sarebbe quindi necessità di introdurre un nuovo complesso di regole fondate su «un'eccessiva durata del termine».

Giudizio della Corte

229.

Nell'ambito del presente procedimento, la Corte non giudica necessario statuire sulla questione se, e, eventualmente, in presenza di quali presupposti, possa dirsi sussistente, all'esito di una valutazione globale, una violazione del principio del termine ragionevole a motivo della durata complessiva di un procedimento amministrativo e di taluni procedimenti giurisdizionali, ivi compresa una procedura di impugnazione in ultima istanza dinanzi alla Corte.

230.

Infatti, anche ammesso che l'esame di un motivo relativo alla violazione del principio del termine ragionevole richieda non soltanto una disamina separata di ciascuna fase procedurale, ma anche una valutazione globale dell'insieme costituito dal procedimentoamministrativo e da eventuali procedimenti giurisdizionali, si dovrebbe comunque constatare che, nel caso di specie, il principio del termine ragionevole non è stato violato, malgrado l'eccezionale durata del periodo trascorso tra l'inizio del procedimento amministrativo e la presente sentenza.

231.

A questo proposito occorre rilevare come la durata complessiva di tale periodo si spieghi e sia giustificata in virtù del sommarsi di un procedimento amministrativo complesso con quattro procedimenti giurisdizionali successivi.

232.

La parte più rilevante del periodo in questione è stata dedicata all'esame giurisdizionale della causa, il quale ha rappresentato l'occasione, per le ricorrenti che hanno dedotto il predetto motivo, di esercitare pienamente i loro diritti della difesa. In particolare, alcune misure di organizzazione del procedimento adottate dal Tribunale nel corso del secondo semestre 1991 hanno permesso alle ricorrenti di ottenere i chiarimenti da esse richiesti in merito alle circostanze di adozione della decisione PVC I. Inoltre, più specificamente, la misura di organizzazione del procedimento attuata dal medesimo giudice nel corso del 1997 ha permesso loro di avere pieno accesso al fascicolo della Commissione e di formulare poi tutte le osservazioni pertinenti.

233.

Più in generale, i procedimenti giurisdizionali sono stati assoggettati alle prescrizioni del regime linguistico applicabile ai giudici comunitari. Soprattutto, nei detti procedimenti è stato sviluppato un numero assai rilevante di motivi, alcuni dei quali sollevavano questioni giuridiche nuove e complesse. Tutti i detti motivi hanno costituito l'oggetto di un esame approfondito.

234.

A questo proposito importa sottolineare che l'intento di celerità che deve animare la Commissione, nell'ambito delle azioni sanzionatorie, ed il giudice comunitario, nell'ambito dei procedimenti giurisdizionali, non deve nuocere agli sforzi compiuti da ciascuna istituzione diretti a far piena luce sui fatti controversi e ad agevolare in ogni modo le parti interessate perché possano presentare i loro elementi di prova e le loro osservazioni, e intesi altresì a che l'istituzione in questione si pronunci soltanto a seguito di matura riflessione in merito all'esistenza delle violazioni ed alle sanzioni (v., a proposito del termine ragionevole di cui all'art. 5, n. 3, della CEDU, sentenza Wemhoff, cit., § 17; v. altresì, in merito all'art. 6, n. 1, della CEDU, sentenza Neumeister, cit., § 21).

235.

Dall'insieme delle motivazioni che precedono risulta che il motivo relativo alla violazione del principio del termine ragionevole deve essere integralmente respinto.

8. Quanto al motivo dedotto dalla DSM relativo alla violazione del principio dell'inviolabilità del domicilio

236.

Dinanzi al Tribunale, la DSM ha fatto valere l'illegittimità di tutti gli accertamenti effettuati nel caso di specie, indipendentemente dal fatto che questi si fondassero sumandati scritti ai sensi dell'art. 14, n. 2, del regolamento n. 17 ovvero su decisioni ai sensi dell'art. 14, n. 3, del medesimo regolamento.

237.

A questo proposito, la DSM ha dedotto la violazione del principio dell'inviolabilità del domicilio di cui all'art. 8 della CEDU, riguardante il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte eur. D.U., sentenza Niemietz del 16 dicembre 1992, serie A n. 251 B, § 31).

238.

La detta ricorrente ha inoltre contestato la validità dell'esecuzione dell'insieme di tali accertamenti, facendo valere che questi avevano invaso la sfera del segreto d'impresa, tenuto conto della natura e della quantità dei documenti effettivamente esaminati in tale contesto.

239.

Al punto 411 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che la DSM era legittimata - nei limiti in cui documenti ottenuti dalla Commissione fossero stati utilizzati a suo carico - a contestare la legittimità delle decisioni di accertamento destinate ad altre imprese, in quanto non era certo che la DSM sarebbe stata legittimata a sollevare tale contestazione nell'ambito di un ricorso diretto. Ai punti 412 e 414, il Tribunale ha dichiarato che la DSM era legittimata a contestare, nell'ambito del ricorso di annullamento da essa proposto avverso la decisione finale, da un lato, la legittimità dei mandati di accertamento, atti non suscettibili di ricorso ex art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE), e, dall'altro, lo svolgimento delle procedure di accertamento attivate dalla Commissione.

240.

Nel merito, il Tribunale ha affermato, al punto 417 della sentenza impugnata, che occorreva intendere il motivo in questione come relativo ad una violazione del principio generale del diritto comunitario che garantisce una tutela contro gli interventi sproporzionati o arbitrari dei pubblici poteri nella sfera di attività privata di ogni persona, sia fisica che giuridica (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 19, e sentenze 17 ottobre 1989, causa 85/87, Dow Benelux/Commissione, Racc. pag. 3137, punto 30, e cause riunite 97/87-99/87, Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, Racc. pag. 3165, punto 16).

241.

Per quanto riguarda le decisioni di accertamento indirizzate dalla Commissione a talune imprese nel 1987, il Tribunale ha rilevato, al punto 419 della sentenza impugnata, che esse erano identiche o analoghe a quella inviata alla Hoechst nel medesimo anno nell'ambito della vicenda oggetto della citata sentenza Hoechst/Commissione, la quale aveva respinto il ricorso di annullamento. Il Tribunale ne ha inferito che, poiché i motivi e gli argomenti dedotti dalla DSM erano identici o analoghi a quelli invocati a suo tempo dalla Hoechst, non vi era necessità di discostarsi dalla giurisprudenza della Corte. Esso ha quindi respinto la censura diretta contro le decisioni contestate nel caso di specie.

242.

Il Tribunale ha altresì respinto, ai punti 421 e 422 della sentenza impugnata, la censura diretta contro gli accertamenti condotti sulla base di semplici mandati e, ai punti 424-426 della medesima sentenza, la censura riguardante l'esecuzione degli atti di accertamento.

243.

Di conseguenza, al punto 427 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tale motivo nel suo complesso.

244.

La DSM si duole che il Tribunale abbia statuito, al punto 420 della sentenza impugnata, che l'evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo relativa all'art. 8 della CEDU non aveva alcuna incidenza diretta sulla fondatezza delle soluzioni accolte nelle citate sentenze Hoechst/Commissione, Dow Benelux/Commissione e Dow Chemical Ibérica e a./Commissione.

245.

Secondo la DSM, la citata sentenza Niemietz ha al contrario avuto come conseguenza che, nell'ambito degli accertamenti previsti dall'art. 14 del regolamento n. 17, la Commissione deve esercitare le proprie competenze nel rispetto delle garanzie offerte dall'art. 8 della CEDU e dall'interpretazione datane dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.

246.

La DSM sottolinea che la sua censura in proposito si fondava su una duplice violazione dell'art. 8 della CEDU, come interpretato dalla citata sentenza Niemietz. Da un lato, il mandato sul cui fondamento si era proceduto ad un accertamento presso la detta impresa in data 6 dicembre 1983 sarebbe stato formulato in termini generici. Dall'altro, il detto accertamento avrebbe invaso la sfera del segreto d'impresa in misura sproporzionata.

247.

Pertanto, dinanzi al Tribunale, sarebbe venuta in questione l'applicazione dei criteri di cui all'art. 8 della CEDU ai fini della valutazione della necessità e della proporzionalità del mandato nonché dell'esecuzione degli atti di accertamento.

248.

La DSM sostiene che, se il Tribunale avesse applicato l'art. 8 della CEDU, sarebbe arrivato alla conclusione che la Commissione non poteva utilizzare a scopo probatorio i documenti raccolti presso la ricorrente, ossia, in particolare, gli allegati P 5, P 6, P 9, P 11, P 13, P 14, P 18, P 21, P 24, P 29, P 39, P 41 e P 71.

249.

A questo proposito, occorre constatare che:

- la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, invocata dalla ricorrente, relativa alle ingerenze da parte delle autorità pubbliche di cui all'art. 8, n. 2, della CEDU riguarda atti compiuti da tali autorità contro la volontà di una persona sospettata, mediante misure di coercizione;

- le citate sentenze Hoechst/Commissione, Dow Benelux/Commissione e Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, che la DSM considera più arretraterispetto alla detta giurisprudenza, hanno esaminato in generale la natura e la portata dei poteri di accertamento conferiti dall'art. 14 del regolamento n. 17, prima di pronunciarsi sulla validità di decisioni di accertamento ai sensi del n. 3 di tale articolo, le quali consentono, alle condizioni previste dal successivo n. 6 della medesima norma, il ricorso a misure di coercizione in caso di opposizione di un'impresa ad un accertamento disposto mediante decisione.

250.

Tuttavia, risulta chiaramente dal tenore letterale del ricorso di impugnazione (punti 7.8-7.12) che quest'ultimo è diretto unicamente contro la disamina effettuata dal Tribunale in ordine all'accertamento condotto presso la DSM il 6 dicembre 1983 sulla scorta di un mandato del 29 novembre 1983. Pertanto, tale ricorso riguarda soltanto l'applicazione dell'art. 14, n. 2, del regolamento n. 17, il quale non consente il ricorso a misure coercitive in caso di rifiuto di un'impresa di sottoporsi ad un tale accertamento, come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 421 della sentenza impugnata.

251.

Pertanto, la censura mossa dalla DSM contro il punto 420 della sentenza impugnata deve essere respinta perché non pertinente, senza che occorra statuire sulla fondatezza dell'affermazione, contenuta in tale punto, secondo cui l'evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo relativa all'art. 8 della CEDU non avrebbe alcuna incidenza sulle soluzioni accolte nelle citate sentenze Hoechst/Commissione, Dow Benelux/Commissione e Dow Chemical Ibérica e a./Commissione. Infatti, la motivazione contestata si riferisce soltanto all'esame, effettuato dal Tribunale al punto 419 della sentenza impugnata, delle decisioni di accertamento inviate dalla Commissione sulla scorta dell'art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, decisioni che non vengono prese in considerazione dal ricorso di impugnazione.

252.

Quanto alla questione degli accertamenti su mandato, il Tribunale, analizzando il motivo di annullamento nel suo complesso, al punto 417 della sentenza impugnata, ha innanzi tutto correttamente statuito, fondandosi sulle citate sentenze Hoechst/Commissione (punto 19), Dow Benelux/Commissione (punto 30) e Dow Chemical Ibérica e a./Commissione (punto 16), che tale motivo doveva essere inteso come relativo ad una violazione del principio generale del diritto comunitario che garantisce una tutela contro gli interventi dei pubblici poteri nella sfera di attività privata di ogni persona, sia fisica che giuridica.

253.

Orbene, al punto 421 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esattamente rilevato che gli accertamenti effettuati su semplice mandato si basano sulla collaborazione volontaria delle imprese (sentenze Hoechst/Commissione, cit., punto 31; Dow Benelux/Commissione, cit., punto 42, e Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, cit., punto 28). A questo proposito, esso ha giustamente constatato che la sanzione prevista dall'art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 17 si applica solo nell'ipotesi in cui, avendo accettato di cooperare all'accertamento, l'impresa presenti in modo incompleto i libri o altri documenti aziendali richiesti.

254.

Successivamente, in relazione al mandato del 29 novembre 1983, redatto certamente in termini ai quali avrebbe giovato una maggiore precisione, ma che conteneva gli elementi essenziali - l'oggetto e lo scopo dell'accertamento - richiesti dall'art. 14, n. 2, del regolamento n. 17, ossia, nella fattispecie, l'assunzione di informazioni in merito ad accordi, sospettati contrari all'art. 85 del Trattato CE, riguardanti alcuni produttori di termoplastiche, tra le quali il PVC, e relativi ai prezzi ed alla ripartizione delle quote di mercato tra i partecipanti, il Tribunale ha potuto affermare, al punto 422 della sentenza impugnata, nell'ambito della sua valutazione dei fatti, che il motivo attinente ad un'ingerenza eccessiva dell'autorità pubblica era infondato, mancando elementi atti a dimostrare che la Commissione aveva oltrepassato i limiti della collaborazione offerta dall'impresa.

255.

Infine, quanto alla censura relativa all'esecuzione degli atti di accertamento, il Tribunale ha potuto, senza snaturare i fatti, affermare, al punto 425 della sentenza impugnata, che l'asserita eccessiva quantità di documenti di cui la Commissione aveva estratto copia - quantità peraltro non altrimenti precisata dalla DSM - non poteva costituire, di per sé, un vizio atto ad inficiare lo svolgimento della procedura di accertamento, tenuto conto, peraltro, che la Commissione stava procedendo ad un'indagine in merito ad una presunta intesa fra tutti i produttori europei di un dato settore.

256.

Il Tribunale, pertanto, non è incorso in alcun errore di diritto allorché ha respinto il motivo della ricorrente nella parte in cui metteva in discussione, da un lato, la validità dell'accertamento su mandato effettuato presso la ricorrente il 6 dicembre 1983 e, dall'altro, la validità degli atti di esecuzione di tale accertamento.

257.

Ne consegue che anche questo motivo di impugnazione deve essere respinto.

9. Quanto al motivo dedotto dalla LVM e dalla DSM relativo alla violazione del diritto a non contribuire alla propria incolpazione

258.

Dinanzi al Tribunale, la LVM e la DSM hanno contestato la legittimità, segnatamente in rapporto all'art. 6 della CEDU, di tutte le informazioni che la Commissione ha ottenuto dalle imprese sulla base dell'art. 11, n. 2 o n. 5, del regolamento n. 17, quali che fossero i destinatari delle domande di informazioni ovvero delle decisioni recanti richiesta di informazioni.

259.

Le dette ricorrenti hanno fatto valere che l'art. 6 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea deidiritti dell'uomo (Corte eur. D.U., sentenza Funke del 25 febbraio 1993, serie A n. 256 A, § 44; v. anche Commissione eur. D.U., parere Saunders c. Regno Unito del 10 maggio 1994, Recueil des arrêts et décisions 1996-VI, pag. 2095, §§ 69, 71 e 76), sancisce un diritto a tacere e a non contribuire alla propria incolpazione, senza che occorra distinguere a seconda della natura delle informazioni richieste. Tale diritto osterebbe a che un'impresa sia costretta a fornire essa stessa, inqualsivoglia forma, anche mediante documenti, la prova di violazioni che essa avrebbe commesso.

260.

Orbene, nessuna delle risposte delle imprese sarebbe stata fornita volontariamente. Tutte le risposte sarebbero state date sotto la minaccia delle sanzioni previste dall'art. 15, n. 1, lett. b), del regolamento n. 17.

261.

La LVM e la DSM hanno quindi fatto valere che nessuna delle risposte delle imprese poteva contribuire alla formazione della prova. Tutte le risposte avrebbero dovuto essere escluse dalla discussione. Le ricorrenti hanno chiesto che la decisione PVC II venisse annullata in quanto fondata su mezzi di prova ottenuti in violazione del diritto a non contribuire alla propria incolpazione.

262.

Nell'ambito dei loro ricorsi di impugnazione, la LVM e la DSM sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell'esaminare il motivo da esse dedotto relativo alla violazione del diritto a non contribuire alla propria incolpazione, quale risulta dall'art. 6 della CEDU. Esse precisano che il loro motivo diretto all'annullamento della sentenza impugnata ha ad oggetto i punti 439-459 di quest'ultima.

263.

La LVM e la DSM si dolgono anzitutto che il Tribunale, ai punti 447 e 449 della sentenza impugnata, abbia statuito, quanto alla questione della portata del diritto da esse invocato, negli stessi termini della sentenza 18 ottobre 1989, causa 374/87, Orkem/Commissione (Racc. pag. 3283, punti 34 e 35), sancendo così una tutela di tale diritto inferiore a quella che risulterebbe dagli ultimi sviluppi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.

264.

Le dette ricorrenti si dolgono altresì che il Tribunale, al punto 453 della sentenza impugnata, abbia statuito che l'illegittimità, alla luce della citata sentenza Orkem/Commissione, dei quesiti contestati dalla LVM e dalla DSM - illegittimità constatata al punto 451 della medesima sentenza - non influiva in alcun modo sulla legittimità della decisione PVC II, in quanto le imprese avevano o rifiutato di rispondere a tali quesiti o negato i fatti in ordine ai quali esse venivano interrogate.

265.

La LVM e la DSM affermano che, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, il motivo da esse proposto riguardava non soltanto i quesiti che la Commissione aveva posto nelle decisioni recanti richiesta di informazioni di cui ai punti 451-453 della sentenza impugnata e che erano rimasti senza risposta, ma anche le risposte di talune imprese che avevano contribuito all'attività di raccolta delle prove da parte della Commissione. In proposito, le dette ricorrenti evidenziano sei risposte, e precisamente due fornite dall'ICI e quattro fornite rispettivamente dalla BASF, dalla Elf Atochem, dalla Solvay e dalla Shell, che esse avevano specificamente preso in considerazione nelle memorie di replica presentate al Tribunale.

266.

La LVM e la DSM sostengono che l'applicazione dei criteri giuridici risultanti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo avrebbe dovuto portare a che tali sei risposte venissero escluse da una utilizzazione a fini probatori.

267.

A questo proposito bisogna constatare che, ai punti 441 e 442 della sentenza impugnata, i quali non costituiscono l'oggetto di alcuna censura motivata da parte delle ricorrenti, il Tribunale ha dichiarato il motivo irricevibile nella misura in cui mirava a far dichiarare l'illegittimità delle decisioni recanti richiesta di informazioni delle quali le ricorrenti erano state rispettivamente destinatarie, motivando tale irricevibilità con il fatto che le dette imprese non avevano proposto ricorsi di annullamento contro le decisioni in questione nei due mesi successivi alla loro notifica.

268.

Da ciò risulta che, ai punti 443-459 della sentenza impugnata, il motivo è stato esaminato nel merito soltanto nei limiti in cui riguardava una violazione del diritto a non contribuire alla propria incolpazione commessa:

- mediante domande di informazioni inviate a norma dell'art. 11, n. 2, del regolamento n. 17, quali che fossero i relativi destinatari, in quanto atti di questo tipo non erano immediatamente impugnabili con ricorsi di annullamento,

- ovvero mediante quelle tra le decisioni recanti richiesta di informazioni che erano state inviate, a norma dell'art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, ad imprese diverse dalle ricorrenti e che non potevano essere impugnate da queste ultime con un ricorso di annullamento.

269.

La doglianza mossa contro le domande di informazioni e contro le decisioni recanti richiesta di informazioni dirette ad altre imprese comprende implicitamente due aspetti, ossia, da un lato, la censura alla Commissione per aver ottenuto nell'ambito delle risposte delle dette imprese elementi a carico di queste ultime e, dall'altro, la contestazione contro la detta istituzione per aver ottenuto, nell'ambito delle medesime risposte, elementi a carico della LVM e della DSM.

270.

Occorre osservare come il Tribunale, al quale non era stata sottoposta la questione se le ricorrenti avessero titolo per far valere il primo profilo di tale doglianza, abbia esaminato nel merito l'insieme del motivo dedotto dalle ricorrenti, come delimitato ed interpretato ai due punti precedenti della presente sentenza.

271.

In tale contesto, il Tribunale non ha ripreso l'affermazione contenuta al punto 30 della citata sentenza Orkem/Commissione, secondo cui né dal tenore letterale dell'art. 6 della CEDU né dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo risulta che questa disposizione sancisca un diritto a non testimoniare contro se stessi.

272.

Per contro, ai punti 444-449 della sentenza impugnata, il Tribunale ha effettivamente riaffermato i principi enunciati ai punti 27, 28 e 32-35 della medesima sentenza Orkem/Commissione, sopra citata, sulla scorta dei quali, in particolare:

- il regolamento n. 17 non riconosce all'impresa nei cui confronti venga svolta un'indagine alcun diritto di sottrarvisi in quanto il suo risultato potrebbe fornire la prova di un'infrazione alle norme sulla concorrenza commessa dall'impresa stessa;

- al contrario, il detto regolamento impone a tale impresa un obbligo di attiva collaborazione, per cui deve tenere a disposizione della Commissione tutte le informazioni riguardanti l'oggetto dell'indagine;

- nondimeno, in mancanza di un diritto al silenzio espressamente sancito dal regolamento n. 17, talune limitazioni al potere di investigazione della Commissione nel corso dell'indagine preliminare scaturiscono dalla necessità di garantire il rispetto dei diritti della difesa, principio fondamentale dell'ordinamento giuridico comunitario;

- a questo proposito, anche se la Commissione, al fine di preservare l'effetto utile dell'art. 11, nn. 2 e 5, del regolamento n. 17, ha il diritto di obbligare un'impresa a fornirle tutte le informazioni necessarie attinenti ai fatti di cui essa possa avere conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui sia in possesso, anche se questi possono servire a dimostrare, nei confronti di tale impresa o di un'altra impresa, l'esistenza di un comportamento anticoncorrenziale, nondimeno la detta istituzione non può imporre all'impresa in questione l'obbligo di fornire risposte attraverso le quali quest'ultima verrebbe portata ad ammettere l'esistenza della violazione, che deve invece essere provata dalla Commissione.

273.

La citata sentenza Orkem/Commissione ha pertanto riconosciuto, in virtù dei principi generali del diritto comunitario, dei quali i diritti fondamentali costituiscono parte integrante ed alla luce dei quali vanno interpretate tutte le norme di diritto comunitario, il diritto di un'impresa a non essere costretta dalla Commissione, in sede di applicazione dell'art. 11 del regolamento n. 17, ad ammettere la propria partecipazione ad un'infrazione (v. sentenza Orkem/Commissione, cit., punti 28, 38 in fine e 39). La tutela di tale diritto richiede che, ove sorga contestazione circa la portata di un quesito, si verifichi se una risposta del destinatario equivarrebbe effettivamente all'ammissione di un'infrazione, sicché verrebbe arrecato pregiudizio ai diritti della difesa.

274.

E' pacifico che, successivamente alla detta sentenza, la giurisprudenza della Corte europea dei dirittidell'uomo, della quale il giudice comunitario deve tener conto in sede di intepretazione dei diritti fondamentali, ha conosciuto nuovi sviluppi con la citata sentenza Funke, invocata dalle ricorrenti, nonché con le sentenze Saunders c. Regno Unito del 17 dicembre 1996 (Recueil des arrêts et décisions 1996-VI, pag. 2044) e J. B. c. Svizzera del 3 maggio 2001 (non ancora pubblicata nel Recueil des arrêts et décisions).

275.

Tuttavia, la citata sentenza Orkem/Commissione e la recente giurisprudenza della Corte europea dei dirittidell'uomo hanno in comune, da un lato, l'esigenza che venga esercitata una coercizione sul soggetto sospettato per ottenere da quest'ultimo talune informazioni e, dall'altro, la necessità di una verifica dell'esistenza di un'offesa effettiva al diritto definito dalle suddette pronunce.

276.

Orbene, esaminato alla luce di tale constatazione e delle circostanze proprie del caso di specie, il motivo di impugnazione relativo alla violazione del diritto a non contribuire alla propria incolpazione non consente di censurare la sentenza impugnata a motivo dell'evoluzione della giurisprudenza della Corte europea deidiritti dell'uomo.

277.

Per quanto riguarda, in primo luogo, le domande di informazioni inviate ai sensi dell'art. 11, n. 2, del regolamento n. 17, esse sono state oggetto di esame ai punti 455-457 della sentenza impugnata.

278.

A questo proposito, si deve constatare come le ricorrenti non facciano valere alcuna argomentazione esplicita nei confronti del ragionamento svolto nei punti suddetti, attraverso il quale il Tribunale, motivando in diritto, ha respinto la censura sollevata dalle ricorrenti.

279.

Esse pertanto, non dimostrano in che cosa consisterebbe l'errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso, al punto 456 della sentenza impugnata, laddove ha fondato il rigetto del motivo sulla constatazione che un'impresa non ha l'obbligo di rispondere ad una domanda di informazioni, in quanto la sanzione prevista dall'art. 15, n. 1, lett. b), del regolamento n. 17 si applica solo nell'ipotesi in cui, avendo accettato di rispondere, l'impresa fornisca un'informazione inesatta. Occorre osservare come il Tribunale abbia in tal modo correttamente rilevato l'esatta differenza esistente tra le domande di informazioni e le decisioni recanti richiesta di informazioni, le quali espongono l'impresa ad una sanzione anche in caso di rifiuto di rispondere.

280.

Pertanto, la doglianza diretta contro le domande di informazioni deve essere respinta.

281.

Per quanto riguarda, in secondo luogo, le decisioni recanti richiesta di informazioni adottate a norma dell'art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, esse sono state sottoposte a disamina ai punti 451-454 della sentenza impugnata.

282.

Il Tribunale ha rilevato come fosse pacifico che i quesiti contenuti in tali decisioni e contestati dalle ricorrenti erano identici a quelli annullati dalla Corte nella citata sentenza Orkem/Commissione ed erano pertanto viziati dalla medesima illegittimità. Tuttavia, il Tribunale ha constatato che le imprese avevano o rifiutato di rispondere a tali quesiti o negato i fatti in ordine ai quali esse venivano interrogate. Esso ne ha dedotto che l'illegittimità dei quesiti in questione non produceva alcuna conseguenza sulla legittimità della decisione PVC II, sottolineando come le ricorrenti non avessero indicato alcuna risposta che sarebbe stata specificamente fornita a fronte di tali quesiti,né precisato l'uso che la Commissione ne avrebbe fatto nell'ambito della detta decisione.

283.

Il Tribunale, così pronunciandosi sulle decisioni adottate a norma dell'art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, ha, in punto di diritto, rigettato implicitamente la censura delle ricorrenti relativa ai quesiti posti in tale contesto giuridico che non implicavano, da parte delle imprese, risposte attraverso le quali esse sarebbero state portate ad ammettere l'esistenza delle infrazioni oggetto dell'indagine, quesiti che, pertanto, a giudizio del Tribunale, non risultavano illegittimi ai sensi della citata sentenza Orkem/Commissione.

284.

Quanto ai quesiti contenuti nelle medesime decisioni e giudicati illegittimi dal Tribunale, quest'ultimo ha considerato in sostanza - ma senza riferirsi soltanto a quelli rimasti senza risposta - che essi non avevano dato luogo a risposte configuranti confessioni o incolpazioni di terzi, in quanto si erano scontrati sia con rifiuti di rispondere che con negazioni.

285.

Così facendo, il Tribunale ha proceduto ad una valutazione dei fatti che, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi ad esso, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (v., in particolare, sentenza 21 giugno 2001, cause riunite da C-280/99 P a C-282/99 P, Moccia Irme e a./Commissione, Racc. pag. I-4717, punto 78, e ordinanza 13 novembre 2001, causa C-430/00 P, Dürbeck/Commissione, Racc. pag. I-8547, punto 24).

286.

Nei loro ricorsi di impugnazione, a sostegno della loro affermazione secondo cui le risposte di talune imprese avevano contribuito all'attività di raccolta delle prove, la LVM e la DSM si limitano a richiamare, senza chiarimenti particolari, sei risposte di altre imprese che le dette ricorrenti avevano fatto valere nelle memorie di replica presentate dinanzi al Tribunale.

287.

La LVM e la DSM non precisano se tali risposte sono state fornite in seguito a domande di informazioni, vale a dire senza coercizione, oppure in seguito a decisioni recanti richiesta di informazioni, vale a dire sotto l'effetto di una coazione giuridica.

288.

Nel caso in cui le risposte in questione siano state date in seguito a domande di informazioni, la loro utilizzazione non poteva essere censurata dal Tribunale per i motivi illustrati al punto 456 della sentenza impugnata (v. punto 279 della presente sentenza).

289.

Nel caso in cui le dette risposte siano state fornite in seguito a decisioni recanti richiesta di informazioni, la LVM e la DSM non indicano in alcun modo le parti delle risposte stesse che sarebbero state effettivamente utilizzate per incolpare i destinatari stessi o le ricorrenti, anche a voler supporre che, per quanto riguarda queste ultime, la censura corrispondente rientri ancora nell'ambito del motivo relativo al diritto a non contribuire alla propria incolpazione.

290.

In tali circostanze, le ricorrenti non consentono alla Corte di verificare se il Tribunale abbia snaturato i fatti allorché ha valutato il seguito dato ai quesiti, contenuti in decisioni siffatte, giudicati illegittimi dal Tribunale medesimo.

291.

Le dette ricorrenti non dimostrano neppure che alcune risposte che sarebbero state date ad altri quesiti, contenuti nelle medesime decisioni e ritenuti non illegittimi dal Tribunale, sarebbero state utilizzate a scopo di incolpazione.

292.

Ne consegue che anche la censura diretta contro le decisioni recanti richiesta di informazioni deve essere respinta, senza che occorra statuire sulla questione se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto dichiarando, ai punti 446-449 della sentenza impugnata, con riferimento alla citata sentenza Orkem/Commissione, che decisioni di questo tipo sono illegittime soltanto qualora un quesito obblighi l'impresa a fornire risposte attraverso le quali quest'ultima verrebbe portata ad ammettere l'esistenza di un'infrazione.

293.

Da quanto sopra consegue che il motivo qui esaminato deve essere integralmente respinto.

10. Quanto al motivo dedotto dalla DSM e dall'ICI relativo alla violazione del segreto professionale e dei diritti della difesa

294.

Dinanzi al Tribunale, la DSM e l'ICI hanno dedotto una violazione del segreto professionale contemplato dall'art. 20 del regolamento n. 17, norma che sarebbe diretta a tutelare anche i diritti della difesa. Esse hanno censurato la Commissione per avere, nell'ambito del procedimento relativo al settore PVC, nel corso dell'accertamento su mandato compiuto nel corso del novembre 1983 nei locali dell'ICI, ottenuto da quest'ultima nuove copie di documenti - e precisamente alcuni documenti cosiddetti «di programmazione», un documento denominato «di suddivisione del fardello», nonché una nota dell'ICI datata 15 aprile 1981 - di cui la detta istituzione aveva avuto notizia ed ottenuto copia in occasione di un precedente accertamento su mandato, effettuato nei medesimi locali in data 13 e 14 ottobre 1983, nell'ambito di un altro procedimento relativo al settore del polipropilene.

295.

La DSM ha avanzato la medesima censura in ordine ad alcuni rapporti mensili e trimestrali relativi a tutti i polimeri prodotti e venduti a quell'epoca, ossia il polipropilene, l'LDPE ed il PVC. Anche tali documenti, corrispondenti agli allegati P 5, P 6, P 9, P 11, P 13, P 14, P 18, P 21, P 24, P 29, P 39, P 41 e P 71, sarebbero stati scoperti dalla Commissione in data 13 e 14 ottobre 1983 nell'ambito del procedimento relativo al polipropilene e ne sarebbe stata poi pretesa nuovamente la consegna dall'ICI e dalla DSM in occasione degli accertamenti su mandato compiuti - nell'ambito del procedimento relativo al settore del PVC - nei locali di tali due imprese, rispettivamente tra il 21 ed il 23 novembre 1983 e il 6 dicembre 1983.

296.

La DSM ha fatto valere che il comportamento censurato aveva comportato altresì la violazione dell'art. 6 della CEDU, il quale, pur non contenendo regole specifiche in merito alla raccolta e all'utilizzazione degli elementi di prova, non osterebbe a che si cerchi di stabilire se un procedimento considerato nel suo complesso, incluse le modalità di presentazione dei mezzi di prova, abbia un carattere equo (Corte eur. D.U., sentenze Kostovski del 20 novembre 1989, serie A n. 166, § 39; Vidal del 22 aprile 1992, serie A n. 235 B, § 33, ed Edwards del 16 dicembre 1992, serie A n. 247 B, § 34).

297.

La DSM e l'ICI si dolgono che il Tribunale abbia respinto le loro argomentazioni riconoscendo la legittimità dell'utilizzazione dei documenti controversi attraverso nuove copie degli stessi ottenute nell'ambito del procedimento relativo al settore del PVC. Una tale soluzione sarebbe infatti in contrasto con la giurisprudenza risultante dalle sentenze Dow Benelux/Commissione, cit.; 16 luglio 1992, causa C-67/91, Asociación Española de Banca Privada e a. (Racc. pag. I-4785), e 19 maggio 1994, causa C-36/92 P, SEP/Commissione (Racc. pag. I-1911).

298.

A questo proposito occorre ricordare come dagli artt. 20, n. 1, e 14, nn. 2 e 3, del regolamento n. 17 risulti che le informazioni raccolte durante gli accertamenti non devono essere utilizzate per scopi diversi da quelli indicati nel mandato di accertamento o nella decisione di accertamento (sentenza Dow Benelux/Commissione, cit., punto 17).

299.

Tale prescrizione è intesa a tutelare, oltre al segreto professionale, cui fa esplicito riferimento l'art. 20 del regolamento n. 17, anche i diritti della difesa delle imprese (v. sentenza Dow Benelux/Commissione, cit., punto 18), diritti che, allo stesso tempo, rientrano tra i principi fondamentali del diritto comunitario e sono sanciti dall'art. 6 della CEDU.

300.

Tali diritti sarebbero gravemente compromessi qualora la Commissione potesse fondarsi, nei confronti delle imprese, su prove che, conseguite durante un accertamento, siano estranee all'oggetto ed allo scopo di questo (sentenza Dow Benelux/Commissione, cit., punto 18).

301.

Tuttavia, non se ne può concludere che alla Commissione sia fatto divieto di avviare un procedimento d'indagine al fine di accertare l'esattezza o di completare informazioni di cui essa sia venuta incidentalmente a conoscenza durante un accertamento precedente qualora dette informazioni provino l'esistenza di comportamenti in contrasto con le norme del Trattato in materia di concorrenza (sentenza Dow Benelux/Commissione, cit., punto 19).

302.

Nella fattispecie, il Tribunale, dopo aver giustamente ricordato tali principi enunciati dalla Corte nella citata sentenza Dow Benelux/Commissione, principi che non sono contraddetti dalle citate sentenze Asociación Española de Banca Privada e a. (punto 43) e SEP/Commissione (punto 29), invocate dalla DSM, ha constatato, al punto 474 dellasentenza impugnata, che la Commissione non aveva introdotto d'ufficio, nel procedimento in corso, proprio i documenti che aveva raccolto in un altro procedimento, bensì aveva ottenuto di nuovo tali documenti nell'ambito di mandati di accertamento vertenti, in particolare, sul PVC.

303.

Sulla scorta di tale constatazione in punto di fatto, il Tribunale ha poi correttamente interpretato il motivo come diretto a sollevare la questione se la Commissione, avendo ottenuto dei documenti in un primo procedimento e avendoli utilizzati come indizi per avviare un altro procedimento, avesse il diritto di domandare, sulla base di mandati relativi a questo secondo procedimento, nuove copie di tali documenti e di utilizzarli a quel punto come mezzi di prova in questo secondo procedimento.

304.

Quanto a tale questione, il Tribunale ha esattamente considerato, al punto 476 della sentenza impugnata, che la Commissione, avendo ottenuto di nuovo questi documenti sulla base di mandati di accertamento vertenti, in particolare, sul PVC, ai sensi dell'art. 14, n. 2, del regolamento n. 17, ed avendoli utilizzati allo scopo indicato in tali mandati, aveva rispettato i diritti della difesa delle imprese, come definiti dalla suddetta norma.

305.

Infatti, le imprese non vengono minimamente private della tutela offerta dall'art. 20 del regolamento n. 17 nel caso in cui la Commissione richieda nuovamente un documento. In tale ipotesi, esse si trovano, sotto il profilo della difesa dei loro diritti, nella stessa situazione in cui si troverebbero se la Commissione non disponesse ancora del documento, essendo a quest'ultima vietata l'utilizzazione diretta quale prova, nell'ambito di un secondo procedimento, di un documento ottenuto in un procedimento antecedente.

306.

Occorre inoltre sottolineare, come il Tribunale ha fatto al punto 477 della sentenza impugnata, che la circostanza che la Commissione abbia ottenuto per la prima volta dei documenti nell'ambito di una determinata procedura non dà una garanzia assoluta che questi documenti non possano essere legittimamente richiesti nell'ambito di una procedura diversa ed utilizzati come prova.

307.

Da quanto sopra emerge che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto laddove ha concluso che non sussisteva alcuna violazione dell'art. 20 del regolamento n. 17 e del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa.

308.

Ne consegue che il motivo qui esaminato va respinto.

11. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dalla Elf Atochem, dalla Degussa e dall'Enichem relativo alla violazione dei diritti della difesa derivante da un accesso insufficiente al fascicolo della Commissione

309.

La LVM, la DSM, la Elf Atochem, la Degussa e l'Enichem sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto rigettando il motivo, dinanzi ad essodedotto, relativo alla violazione del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa a motivo dell'insufficiente accesso al fascicolo accordato dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo.

310.

Le ricorrenti sottolineano come il Tribunale abbia constatato che, durante il procedimento amministrativo, la Commissione non aveva dato loro regolare accesso al suo fascicolo.

311.

Esse censurano il detto giudice per avere nondimeno subordinato l'annullamento della decisione PVC II alla condizione che la mancata divulgazione dei documenti abbia potuto influenzare, a discapito dell'impresa interessata, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della detta decisione.

312.

Ad avviso delle ricorrenti, non è necessario, ai fini di un eventuale annullamento, che la mancata divulgazione abbia avuto un'effettiva incidenza. Secondo la LVM e la DSM, in considerazione del diritto di parità di accesso al fascicolo, che discenderebbe dall'art. 6 della CEDU (sentenza Edwards, cit., § 36; Commissione eur. D.U., causa Lynas c. Svizzera del 6 ottobre 1977, ricorso n. 7317/75, Annuaire de la convention européenne des droits de l'homme, pag. 413), la semplice constatazione di un accesso incompleto al fascicolo determina l'annullamento della decisione della Commissione. Nel medesimo senso, l'Enichem afferma che la mancata comunicazione di tutti i documenti del fascicolo, fatta eccezione per i documenti confidenziali o interni, costituisce di per sé una violazione dei diritti della difesa. Ad avviso della Degussa, è sufficiente che la Commissione non abbia comunicato documenti ipoteticamente utili alla difesa delle imprese.

313.

La LVM, la DSM, la Elf Atochem, la Degussa e l'Enichem si dolgono che il Tribunale abbia in seguito proceduto esso stesso all'esame dei documenti non accessibili nel corso del procedimento amministrativo, al fine di stabilire se la mancata divulgazione di questi documenti avesse potuto avere qualche incidenza, a discapito dell'impresa interessata, sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione PVC II.

314.

La LVM e la DSM asseriscono che un tale modo di procedere del Tribunale era in contraddizione con la sua affermazione secondo cui una violazione dei diritti della difesa nella fase del procedimento amministrativo non può essere sanata nell'ambito del procedimento giurisdizionale. In senso conforme a quello fatto proprio dalla Degussa e dall'Enichem, le dette ricorrenti opinano che il Tribunale, esaminando i documenti controversi, abbia agito come se fosse l'autore dell'istruttoria, sostituendosi alla Commissione, ed abbia così operato una sanatoria a posteriori.

315.

A tale proposito, occorre ricordare che l'accesso al fascicolo nell'ambito dei procedimenti in materia di concorrenza ha lo scopo, in particolare, di permettere ai destinatari di una comunicazione degli addebiti di prendere conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché possano pronunciarsi inmodo efficace, sulla base di tali mezzi, sulle conclusioni cui la Commissione è pervenuta nella detta comunicazione degli addebiti (sentenza 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. I-4235, punto 75, e la giurisprudenza ivi citata).

316.

Pertanto, il diritto d'accesso al fascicolo della Commissione mira a garantire un esercizio effettivo dei diritti della difesa (v. sentenza Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 76), diritti che, allo stesso tempo, rientrano tra i principi fondamentali del diritto comunitario e sono sanciti dall'art. 6 della CEDU, come ricordato al punto 299 della presente sentenza.

317.

La violazione del diritto di accesso al fascicolo della Commissione nel corso del procedimento preliminare all'adozione della decisione può, in linea di principio, comportare l'annullamento di tale decisione quando siano stati lesi i diritti della difesa dell'impresa interessata (sentenza Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 77).

318.

In tale ipotesi, la violazione intervenuta non è sanata dal semplice fatto che l'accesso è stato reso possibile nel corso del procedimento giurisdizionale relativo ad un eventuale ricorso diretto all'annullamento della decisione contestata. Qualora l'accesso sia stato concesso in tale fase, l'impresa interessata non deve dimostrare che, se essa avesse avuto accesso ai documenti non forniti, la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, ma soltanto che essa avrebbe potuto utilizzare detti documenti per difendersi (sentenza Hercules Chemicals/Commissione, cit., punti 78 e 81).

319.

Nella fattispecie, è pacifico che, nell'ambito del procedimento amministrativo, la Commissione ha comunicato soltanto una parte degli atti del suo fascicolo amministrativo, così come il Tribunale ha constatato al punto 1010 della sentenza impugnata, prima di concludere, al successivo punto 1019, che la detta istituzione non aveva perciò dato regolare accesso al detto fascicolo.

320.

E' altresì pacifico che il Tribunale, con lettera 7 maggio 1997, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha concesso a ciascuna delle ricorrenti l'accesso al fascicolo della Commissione, fatta eccezione per i documenti interni di quest'ultima e per i documenti contenenti segreti commerciali od altre informazioni confidenziali. Il Tribunale ha invitato le ricorrenti a presentare osservazioni volte a dimostrare in che modo, a loro avviso, la mancata comunicazione di alcuni documenti aveva potuto pregiudicare la loro difesa. Le ricorrenti hanno presentato al Tribunale le osservazioni richieste.

321.

Alla luce dei principi ricordati ai punti 315-318 della presente sentenza, il Tribunale ha anzitutto correttamente statuito, al punto 1011 della sentenza impugnata, che le imprese godono di un diritto di accesso al fascicolo, che tale diritto rientra nelle garanzie procedurali dirette a tutelare i diritti della difesa e che il rispetto di questi ultimi costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario.

322.

Il Tribunale non è poi incorso in alcun errore di diritto allorché ha statuito, al punto 1020 della sentenza impugnata, che il fatto che la Commissione non avesse dato regolare accesso al proprio fascicolo non poteva comunque portare, di per sé, all'annullamento della decisione PVC II. Il detto giudice ha soltanto espresso in altri termini l'idea che il detto comportamento è semplicemente idoneo, in linea di principio, a determinare tale annullamento (v. punto 317 della presente sentenza).

323.

Allo stesso modo, il Tribunale, nel rilevare, al punto 1021 della sentenza impugnata, che occorreva verificare se le possibilità di difesa delle ricorrenti fossero state menomate dalle condizioni alle quali esse avevano avuto accesso al fascicolo amministrativo della Commissione, ha affermato quale necessario presupposto che fosse stato arrecato pregiudizio ai diritti della difesa dell'impresa interessata (v. ugualmente punto 317 della presente sentenza).

324.

Infine il Tribunale, statuendo, al medesimo punto della sentenza impugnata, che per constatare una violazione dei diritti della difesa è sufficiente dimostrare che l'omessa divulgazione dei documenti in questione «ha potuto influenzare», a scapito di una ricorrente, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione, altro non ha fatto che stabilire la condizione secondo cui tale ricorrente deve soltanto dimostrare che avrebbe potuto utilizzare i documenti controversi per la propria difesa (v. punto 318 della presente sentenza).

325.

Pertanto, così pronunciandosi, il Tribunale - lungi dal procedere ad una sanatoria a posteriori - ha giustamente limitato il proprio controllo soltanto alla questione se i documenti in oggetto avrebbero potuto essere fatti valere da un'impresa per la propria difesa.

326.

Il Tribunale ha da ciò correttamente dedotto, al punto 1022 della sentenza impugnata, che la decisione avrebbe dovuto essere annullata qualora il suo controllo giurisdizionale avesse dovuto portare ad una conclusione in senso affermativo.

327.

In tale contesto, il Tribunale, nel precisare che la violazione dei diritti della difesa prodottasi nella fase del procedimento amministrativo non può essere sanata nell'ambito del procedimento dinanzi al Tribunale, il cui controllo giurisdizionale non può sostituirsi ad un'istruttoria completa della pratica nell'ambito di un procedimento amministrativo, non ha fatto altro che confermare, senza alcuna contraddizione, il carattere limitato del detto controllo. Esso ha ulteriormente confermato tale carattere limitato, in particolare al punto 1035 della sentenza impugnata, sottolineando che il suo controllo era diretto ad accertare se la mancata divulgazione di documenti o di estratti di documenti avesse potuto pregiudicare le possibilità di difesa delle ricorrenti.

328.

Da quanto sopra risulta che le censure formulate dalle ricorrenti nei confronti della ricostruzione operata dal Tribunale non sono fondate.

329.

La Degussa sostiene inoltre che proprio i documenti non resi accessibili nel corso del procedimento amministrativo, presi in esame ai punti 1060 e seguenti della sentenza impugnata, avrebbero dovuto essere considerati come idonei ad essere utili alla difesa. In particolare, tali documenti mostrerebbero l'esistenza di un'intensa concorrenza, un comportamento aggressivo dei produttori di PVC riguardo ai prezzi, un cattivo funzionamento del meccanismo di compensazione tra produttori ed un ridotto successo delle iniziative in materia di prezzi, talvolta ritenute fallimentari. Pertanto, nulla avrebbe ostato a che la Commissione prendesse in considerazione tali circostanze a beneficio della ricorrente. Orbene, in base alla prassi della Commissione, il conclamato fallimento dell'attuazione di un'intesa vietata porterebbe in genere ad una riduzione dell'importo dell'ammenda.

330.

A questo proposito, va ricordato che la valutazione dei fatti operata dal Tribunale, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi ad esso, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (v. punto 285 della presente sentenza).

331.

Nella fattispecie, la valutazione del Tribunale è stata incentrata sulla questione se i documenti controversi avrebbero potuto essere utilizzati dalla ricorrente per la propria difesa. La detta valutazione ha avuto dunque ad oggetto una questione di fatto.

332.

Orbene, i punti contestati della sentenza impugnata, esaminati alla luce dei rilievi della Degussa e della motivazione della decisione PVC II, non lasciano scorgere alcun snaturamento dei fatti.

333.

Al punto 1061 della sentenza impugnata, il Tribunale osserva come i documenti fatti valere non mirino a rimettere in discussione direttamente altri documenti forniti dalla Commissione a sostegno delle proprie conclusioni, bensì a dimostrare l'esistenza di un'intensa concorrenza incompatibile con queste ultime.

334.

Tuttavia, il Tribunale prosegue nei seguenti termini, ai punti 1062 e 1063 della sentenza impugnata:

«1062 (...) emerge dalla [decisione PVC II] che queste circostanze sono state tenute in attenta considerazione. Infatti la Commissione non asserisce che i prezzi erano aumentati in modo costante durante la durata dell'infrazione, né che erano rimasti stabili. Al contrario, le tabelle allegate alla [decisione PVC II] dimostrano che i prezzi non hanno smesso di fluttuare, raggiungendo il livello minimo nel primo trimestre del 1982. La Commissione ha così espressamente riconosciuto che le iniziative sui prezzi avevano incontrato un successo incompleto o, in alcuni casi, erano state considerate persino un completo insuccesso (punti 22 e 36-38 della [decisione PVC II]). Essa ha altresì indicato alcuni motivi di tale risultato: oltre agli elementi esterni ai produttori (acquisti anticipati dei consumatori, importazioni da paesi terzi, caduta della domanda specie nel 1981 e nel 1982, sconti speciali ...), essa ha rilevato che taluniproduttori hanno talvolta privilegiato i propri volumi di vendita a discapito dei prezzi (punti 22 e 38 della [decisione PVC II]) e che, tenuto conto delle caratteristiche del mercato, sarebbe stato vano tentare iniziative concertate in materia di prezzi se le condizioni non fossero state favorevoli ad una maggiorazione (punto 38 della [decisione PVC II]). Inoltre, la Commissione non ha ignorato l'esistenza di comportamenti aggressivi di talune imprese (punto 22 della [decisione PVC II]). Parimenti, essa ha sottolineato che i documenti [suddivisione del fardello], Alcudia e DSM, se da un lato attestano l'esistenza di un meccanismo di compensazione fra i produttori, dall'altro permettono di concludere che tali meccanismi non hanno funzionato correttamente (punto 11 della [decisione PVC II]). E' con riguardo al complesso di tali considerazioni che la Commissione ha stabilito l'importo dell'ammenda inflitta alle ricorrenti.

1063 Del resto, va rilevato che tanto gli allegati P1-P70 quanto i documenti inviati dalla Commissione alle parti nel maggio 1988 fornivano già una base documentaria sufficiente a consentire alle ricorrenti di sostenere, come del resto hanno fatto, l'esistenza delle circostanze di cui ora si avvalgono».

335.

Alla luce di tale motivazione della sentenza impugnata, confermata dalla lettura dei punti citati della decisione PVC II, appare chiaro che la Degussa non soltanto non dimostra l'esistenza di uno snaturamento dei fatti, ma solleva una censura priva di oggetto, in quanto:

- la Commissione ha preso in considerazione le circostanze che la Degussa sostiene avrebbero potuto essere utili alla propria difesa;

- la Degussa è stata in grado di far valere tali circostanze nel corso del procedimento amministrativo, e le ha effettivamente fatte valere grazie al gran numero di documenti che contenevano riferimenti, secondo quanto affermato nello stesso ricorso di impugnazione, al fatto che i produttori di PVC non perseguivano una politica dei prezzi uniforme e si trovavano fra di loro in una situazione di concorrenza relativamente intensa, documenti che la Degussa riconosce espressamente di aver ricevuto in comunicazione dalla Commissione il 3 maggio 1988, a titolo di documenti «idonei ad essere utili alla difesa».

336.

Alla luce di tali circostanze, la censura della Degussa contro la valutazione del Tribunale deve essere respinta.

337.

Infine, l'Enichem contesta l'esame del Tribunale relativo ai documenti da essa selezionati tra quelli resi accessibili nel corso del procedimento giurisdizionale e che hanno portato tale giudice a concludere che i diritti della difesa non erano stati violati.

338.

L'Enichem si duole che il Tribunale abbia escluso un gran numero di tali documenti, senza neppure esaminarli, per il fatto che le loro date si situavano prima o dopo ilperiodo dell'indagine. Essa riconosce che tale approccio si ricollega alle constatazioni in punto di fatto effettuate dal Tribunale e che queste ultime non possono essere contestate nell'ambito di un giudizio di impugnazione. Tuttavia l'Enichem critica il metodo utilizzato dal Tribunale per escludere i documenti in questione. Il Tribunale avrebbe applicato un criterio temporale formalista e indipendente dal merito. A suo avviso, un tale criterio è inaccettabile. Essa fa valere che alcuni documenti contenevano indicazioni utili per valutare il comportamento dei produttori, in particolare il suo, segnatamente nel periodo e per fatti costituenti l'oggetto dell'indagine. L'Enichem aggiunge che indicazioni nel medesimo senso potevano ricavarsi anche dai documenti non risalenti al periodo dell'indagine, ad esempio ove questi avessero fatto riferimento a tale periodo o avessero permesso un raffronto tra il periodo antecedente e quello successivo.

339.

A questo proposito occorre ricordare che il Tribunale, al punto 1040 della sentenza impugnata, ha stralciato i documenti e gli estratti di documenti che si riferivano ad un periodo precedente l'inizio dell'intesa o successivo alla data di cessazione dell'infrazione presa in considerazione dalla Commissione per determinare l'importo dell'ammenda. A questo scopo il Tribunale ha sottolineato che non era rilevante la data del documento, bensì la pertinenza dell'estratto addotto dalla ricorrente in rapporto al periodo dell'infrazione.

340.

Occorre constatare che l'Enichem, contestando in apparenza un criterio applicato per la valutazione dei documenti controversi, tenta in realtà di rimettere in discussione la valutazione stessa effettuata dal Tribunale per ciascuno di tali documenti alla luce del loro contenuto, valutazione che può essere censurata con un ricorso di impugnazione soltanto in caso di snaturamento degli elementi di prova (v. punto 285 della presente sentenza).

341.

Tuttavia, la detta ricorrente non indica con precisione quali passaggi di documenti esplicitamente individuati sarebbero atti a confermare la sua affermazione che i detti documenti avrebbero potuto essere da essa utilizzati per la propria difesa, indipendentemente dalle loro date o dal periodo al quale si riferivano.

342.

Pertanto, l'Enichem non pone la Corte in condizione di verificare se il Tribunale abbia snaturato i fatti in sede di valutazione dei medesimi.

343.

Ne consegue che la censura dell'Enichem va respinta.

344.

Da quanto sopra deriva che il motivo qui esaminato deve essere integralmente respinto.

12. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo alla violazione del diritto ad un processo equo, degli artt. 48, n. 2, e 64 del regolamento di procedura del Tribunale e del principio della responsabilità personale a motivo delle modalità organizzative della fase orale

345.

La Montedison fa valere che l'invito a presentare all'udienza una difesa orale comune, formulato dal Tribunale in modo insistente, non era compatibile con il diritto ad un processo equo sancito dall'art. 6 della CEDU e che gli artt. 64 e seguenti del regolamento di procedura del Tribunale non prevedono una difesa comune collettiva. Una difesa del genere costringerebbe, se necessario, ad escludere dalla difesa quegli argomenti, quelle prove e quelle tesi che non siano comuni a tutte le imprese ricorrenti. Imporla significherebbe, inoltre, dare per presupposta la colpevolezza di queste ultime.

346.

L'organizzazione di una difesa comune avrebbe avuto come risultato che il Tribunale avrebbe totalmente ignorato due delle principali tesi difensive della Montedison. Inoltre, il Tribunale avrebbe omesso di valutare le prove considerate nel ricorso introduttivo della Montedison, mentre, ad avviso di quest'ultima, da tali prove emergeva che nessuno dei documenti raccolti dalla Commissione faceva apparire la ricorrente sullo stesso piano dei soggetti che avevano preso parte alle infrazioni rilevate. In definitiva, il Tribunale avrebbe accolto soltanto una prova a carico della Montedison ed avrebbe esaminato un solo argomento sviluppato da quest'ultima relativamente alle prove ad essa favorevoli, incorrendo per giunta in un errore quanto al suo contenuto.

347.

A questo proposito occorre osservare come la Montedison, nella formulazione del motivo in questione, invochi l'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, riguardante la deduzione di motivi nuovi in corso di causa. Tuttavia, tale disposizione non ha nulla a che vedere con la censura sollevata.

348.

A norma dell'art. 64, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, le misure di organizzazione del procedimento hanno, in particolare, lo scopo di garantire il buono svolgimento della fase orale.

349.

Pertanto, il Tribunale può, nel rispetto del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa, anch'essi sanciti dall'art. 6 della CEDU, invitare le parti a presentare collettivamente i motivi comuni al fine di evitare la ripetizione di argomentazioni identiche, mentre ciascuna parte conserva la facoltà di presentare in forma complementare gli argomenti ad essa propri.

350.

Nella fattispecie, le cause sono state riunite ai fini della fase orale con ordinanza 22 gennaio 1998.

351.

La Montedison non ha dimostrato, e neppure sostenuto, che «l'invito a presentare una difesa orale comune, formulato dal Tribunale in modo insistente», secondo i termini utilizzati nel suo ricorso di impugnazione, era associato ad un divieto di presentare individualmente gli argomenti da essa non condivisi con le altre parti. Contrariamente a quanto affermato dalla Montedison, il semplice fatto di presentare congiuntamente motivi identici non implica in alcun modo una presunzione di colpevolezza delle imprese interessate.

352.

Pertanto, la censura formulata in merito allo svolgimento della fase orale non può essere accolta.

353.

Non occorre dunque esaminare ulteriormente l'affermazione della Montedison secondo cui il Tribunale non avrebbe esaminato le prove offerte nell'ambito del suo ricorso introduttivo ed avrebbe fondato la sua decisione su una sola prova riguardante essa ricorrente, in quanto la Montedison formula tale censura non a titolo di distinto motivo di impugnazione, ma al solo scopo di dimostrare il pregiudizio che i suoi diritti della difesa avrebbero subito in conseguenza di vizi procedurali nello svolgimento della fase orale e che giustificherebbe pertanto l'annullamento della sentenza impugnata. Infatti, la detta censura si fonda su una premessa che, benché necessaria ai fini dell'accoglimento del motivo, si rivela erronea.

354.

Da quanto sopra deriva che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

13. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo alla violazione del diritto ad un processo equo e dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale nell'ambito della valutazione degli elementi di prova

355.

La Montedison censura il Tribunale per aver violato, al contempo, il suo diritto ad un processo equo e l'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale nell'ambito della valutazione degli elementi di prova.

356.

In primo luogo, la Montedison sostiene che, ai punti 903 e 904 della sentenza impugnata, il Tribunale ha riconosciuto l'esistenza di un sistema di quote o di compensazioni sulla base di un documento che faceva solo indirettamente riferimento alla Montedison e che il medesimo giudice ha posto l'accento su un aumento delle quote chiesto dall'ICI. A questo proposito, il Tribunale non avrebbe preso in considerazione la spiegazione fornita dalla Montedison alle pagine 46 e 47 del suo ricorso introduttivo.

357.

A questo proposito occorre constatare come, al punto 896 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia esattamente riassunto le argomentazioni svolte dalla Montedison nel suo ricorso introduttivo, alle quali quest'ultima fa riferimento nel suo ricorso di impugnazione. Il Tribunale ha ricordato come la ricorrente contestasse il valore probatorio di un documento denominato «Alcudia» e sostenesse che nessuna impresa italiana aveva aderito individualmente ad un sistema di compensazioni, aggiungendo che, anche ammesso che un tale meccanismo avesse trovato applicazione pratica, si sarebbe trattato soltanto di una di quelle misure di razionalizzazione prese in forza di accordi bilaterali e caldeggiate dalla stessa Commissione in sostituzione di un cartello di crisi. Successivamente, ai punti 903 e 904 della medesima sentenza, il Tribunale ha preso espressamente posizione su tali argomentazioni e ritenuto sussistente la partecipazione della Montedison al profilo di violazione in questione sulla scorta di due documenti, uno dei quali il documento «Alcudia».

358.

Appare chiaro, pertanto, che la censura non è fondata. Peraltro, tale censura finisce per rimettere in discussione la valutazione stessa dei fatti compiuta dal Tribunale, la quale esula dal controllo della Corte, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova (v. punto 285 della presente sentenza), snaturamento per nulla dimostrato nel caso di specie.

359.

Ne consegue che tale censura deve essere respinta.

360.

In secondo luogo, la Montedison asserisce che il Tribunale non ha tenuto conto di 23 documenti, menzionati alle pagg. 24-31 del ricorso introduttivo, che avrebbero dimostrato l'esistenza di una concorrenza aggressiva, incompatibile con un'intesa sui prezzi e sulle quote di mercato.

361.

Nondimeno, l'esame del ricorso introduttivo presentato dalla ricorrente dinanzi al Tribunale non consente di rintracciare il riferimento che essa avrebbe ivi compiuto ai 23 documenti invocati a propria difesa, i quali, del resto, non sono identificati altrimenti che mediante l'indicazione del loro numero. Per giunta, la Montedison non precisa qual è la parte di sentenza oggetto della sua critica.

362.

Sulla scorta di tali circostanze, la censura proposta dalla detta ricorrente deve essere respinta.

363.

In terzo luogo, la Montedison si duole che il Tribunale, al punto 906 della sentenza impugnata, abbia respinto una tabella da essa prodotta, nella quale la detta ricorrente raffrontava i prezzi obiettivo asseriti dalla Commissione ed i prezzi da essa stessa effettivamente praticati, al fine di dimostrare l'impossibilità di una sua partecipazione ad iniziative in materia di prezzi. La Montedison contesta che il Tribunale potesse legittimamente decidere in tal senso per il fatto che essa non aveva precisato né la fonte delle cifre che costituivano, a suo dire, i prezzi da essa effettivamente praticati, né la data precisa in cui tali prezzi erano stati accertati. La Montedison fa valere che la fonte poteva essere costituita solo dai documenti contabili obbligatori da cui risultavano tutte le vendite della Montedipe, società controllata alla quale la Montedison aveva trasferito la propria attività di produzione del PVC a partire dal 1° gennaio 1981, e che si trattava dei prezzi medi delle vendite effettuate nel corso dei periodi controversi.

364.

Tuttavia, occorre nuovamente rilevare che la Montedison, muovendosi in apparenza nell'ambito del motivo da essa dedotto relativo alla violazione del suo diritto ad un processo equo, e tenuto conto che l'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale è inconferente rispetto alla censura qui in esame, intende in realtà contestare la valutazione di un elemento di prova compiuta dal Tribunale.

365.

Considerato che una tale valutazione non è soggetta al controllo della Corte, salvo in caso di snaturamento dell'elemento di prova in questione (v. punto 285 della presente sentenza), assolutamente non dimostrato nel caso di specie, la censura della ricorrente deve essere respinta.

366.

Infine, in quarto luogo, la Montedison si duole che il Tribunale, ai punti 1009 e 1028 della sentenza impugnata, le abbia negato la possibilità di far valere quattro nuovi documenti a proprio favore, dei quali essa aveva preso conoscenza nell'ambito della misura di organizzazione del procedimento adottata dal Tribunale e riguardante l'accesso al fascicolo della Commissione. Secondo la Montedison, il Tribunale ha erroneamente statuito che, non avendo essa sollevato motivi attinenti all'accesso al fascicolo della Commissione, non si doveva tener conto delle osservazioni da lei depositate a seguito di tale misura di organizzazione del procedimento.

367.

La Montedison sostiene che i quattro documenti controversi illustravano la disastrosa caduta dei prezzi in Italia, l'aggressività della concorrenza ed il fatto che le imprese straniere non erano informate sullo stato del mercato italiano.

368.

A suo avviso, ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, un'impresa che in corso di causa individui documenti utili alla propria difesa può dedurre un motivo nuovo fondato su questi ultimi, considerati quali elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

369.

A questo proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, la deduzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

370.

Tale disposizione non esclude in alcun modo che determinati elementi di diritto o di fatto possano essere stati scoperti per effetto di una misura di organizzazione del procedimento che abbia accordato l'accesso al fascicolo della Commissione a tutte le ricorrenti, ivi comprese quelle che non avevano dedotto un motivo relativo alla violazione del loro diritto di accesso al detto fascicolo.

371.

Inoltre, la detta disposizione autorizza la presentazione di qualsiasi motivo nuovo che si fondi su tali elementi. Pertanto, in circostanze quali quelle considerate al punto precedente, non può escludersi che una ricorrente possa dedurre, quale motivo nuovo, un motivo riguardante proprio la violazione del suo diritto di accesso al fascicolo.

372.

Nella fattispecie, è pacifico che la Montedison, nel suo ricorso, non ha presentato al Tribunale, a differenza di altre ricorrenti, un motivo relativo alla violazione del suo diritto di accesso al fascicolo della Commissione.

373.

E' altresì pacifico che il Tribunale, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha informato le parti, con lettera 7 maggio 1997, della sua decisione di concedere a ciascuna di esse l'accesso al fascicolo della Commissione relativo alla pratica conclusasi con l'adozione della decisione PVC II, fatta eccezione per i documenti interni della Commissione e per i documenti contenenti segreti commerciali od altre informazioni confidenziali. Il Tribunale ha quindi invitato le ricorrenti apresentare eventualmente osservazioni volte a dimostrare in che modo, a loro avviso, la mancata comunicazione di alcuni documenti aveva potuto pregiudicare la loro difesa.

374.

E' infine pacifico che, nell'ambito di tali misure di organizzazione del procedimento, la Montedison ha avuto accesso al fascicolo in questione ed ha poi presentato delle osservazioni in data 28 luglio 1997, nelle quali ha invocato a propria difesa i quattro documenti considerati nel ricorso di impugnazione.

375.

Orbene, risulta da tali osservazioni che la Montedison ha espressamente invocato a proprio favore il fatto che, se essa avesse potuto disporre di tali documenti per preparare la propria difesa in vista dell'audizione delle imprese nel corso del procedimento amministrativo nonché, successivamente, nella prospettiva dei ricorsi diretti contro le decisioni PVC I e PVC II, avrebbe potuto far valere i detti documenti per dimostrare l'infondatezza delle contestazioni.

376.

Appare chiaro, quindi, che la ricorrente ha dedotto un motivo - qualificabile come motivo nuovo - riguardante la violazione del suo diritto di accesso al fascicolo della Commissione, ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

377.

Pertanto il Tribunale ha violato tale disposizione allorché ha escluso l'esame delle osservazioni presentate dalla Montedison con la motivazione, enunciata al punto 1028 della sentenza impugnata, secondo cui la detta ricorrente non aveva dedotto motivi riguardanti l'accesso al fascicolo amministrativo.

378.

Ne consegue che il motivo qui esaminato deve essere accolto per la parte relativa all'errore di diritto così commesso, e respinto per il resto.

379.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere parzialmente annullata, e precisamente nella parte in cui ha respinto un motivo nuovo dedotto dalla Montedison relativo alla violazione del suo diritto di accesso al fascicolo della Commissione.

14. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo alla violazione dell'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale

380.

L'Enichem ricorda che nel 1995, su richiesta del Tribunale, le parti hanno sospeso l'esposizione scritta delle loro censure dirette contro la decisione PVC II, in vista dell'organizzazione di un'udienza dedicata esclusivamente alle violazioni di norme procedurali imputate alla Commissione. Essa aggiunge che il Tribunale ha sottolineato come gli argomenti presentati a nome di tutte le parti sarebbero stati presi in considerazione ad esclusivo beneficio delle ricorrenti che avevano sollevato tali censure nell'ambito dei loro ricorsi introduttivi.

381.

L'Enichem precisa che, al momento della ripresa della fase scritta successivamente all'udienza di cui sopra, essa, invece di ricapitolare nella propria memoria di replicala totalità degli argomenti sviluppati anche per proprio conto, ha scelto di operare un rinvio a questi ultimi e di allegare i testi delle difese orali comuni presentate.

382.

L'Enichem si duole che il Tribunale abbia statuito in sostanza, ai punti 42 e 43 della sentenza impugnata, che la memoria di replica della detta ricorrente, operando un rinvio ai testi delle difese orali comuni, non soddisfaceva le prescrizioni di cui all'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale e non poteva dunque essere presa in considerazione, in quanto il rinvio generalizzato ad altri scritti, ancorché allegati, non poteva ovviare alla mancata indicazione nella memoria di replica degli elementi di fatto e di diritto essenziali invocati a propria difesa.

383.

L'Enichem sostiene che il Tribunale ha così fatto erronea applicazione dell'art. 44, n. 1, lett. c), del detto regolamento di procedura, in quanto:

- le censure riguardanti la procedura formulate nelle difese orali comuni erano già incluse nel ricorso introduttivo della ricorrente;

- gli argomenti sviluppati all'udienza erano entrati a far parte del procedimento ed erano noti al Tribunale, poiché erano stati esposti dinanzi a quest'ultimo;

- gli argomenti opposti dalle parti ricorrenti, in particolare dall'Enichem, per confutare quelli sviluppati dalla Commissione nel suo controricorso figuravano già nelle difese orali comuni;

- il rinvio, operato nella replica, ai testi delle difese orali comuni implicava necessariamente che la ricorrente in tal modo faceva interamente proprio il contenuto di queste, sicché il detto rinvio non imponeva al Tribunale di ricercare e di individuare, negli allegati, i motivi sui quali si fondava il ricorso o la replica.

384.

Secondo l'Enichem, la conclusione del Tribunale ha avuto come effetto che la parte della sua memoria di replica riguardante i vizi di procedura non è stata presa in considerazione ai fini della sentenza ovvero che è stata mutilata di tutti gli argomenti trattati nell'ambito delle difese orali comuni.

385.

A questo proposito, occorre constatare che il riprendere in forma esaustiva o anche sommaria, in una memoria scritta, un insieme di argomenti sviluppati in precedenza nell'ambito di una fase orale in relazione a motivi contenuti nel ricorso introduttivo non costituisce un presupposto ai fini dell'esame, da parte del Tribunale, degli argomenti stessi. Infatti, il detto complesso argomentativo, a partire dalla fase orale, risulta inserito tra i fatti di causa e si trova portato a conoscenza del giudice adito. Esso deve dunque formare l'oggetto di un esame da parte di tale giudice, poiché, ove pertinente e collegato a motivi già dedotti, non costituisce un motivo nuovo ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

386.

Appare chiaro, pertanto, che il rinvio generalizzato, compiuto dall'Enichem nella sua memoria di replica, al contenuto dei testi delle difese orali comuni presentate in data 13 e 14 giugno 1995 era ultroneo.

387.

Di conseguenza il Tribunale, al punto 43 della sentenza impugnata, escludendo la detta memoria «in quanto operant[e] un rinvio [alle] difese comuni», ha fatto un'erronea applicazione formale dell'art. 44, n. 1, lett. c), del proprio regolamento di procedura ad elementi della fase orale, posto che il detto giudice era in ogni caso tenuto ad esaminare gli argomenti validamente presentati nell'ambito di quest'ultima.

388.

Tuttavia, in conformità dell'art. 51 dello Statuto CE della Corte di giustizia, un vizio di procedura dinanzi al Tribunale può essere sanzionato con un annullamento soltanto nel caso in cui sia dimostrato che tale vizio ha arrecato pregiudizio agli interessi della parte ricorrente.

389.

Orbene, l'Enichem si limita in sostanza ad affermare, senza ulteriori precisazioni, che gli argomenti validamente sviluppati in suo nome durante la fase orale non sono stati presi in considerazione nella sentenza impugnata.

390.

L'Enichem non individua con precisione alcun pertinente argomento che concretamente, in quanto elemento della fase orale noto al Tribunale o esplicitamente riprodotto in una memoria di replica presentata da un'altra ricorrente e non dichiarata irricevibile, non sarebbe stato oggetto, nella sentenza impugnata, di un esame comune a tutte le parti interessate dalle difese orali comuni, ivi compresa la stessa Enichem, e che, ove fosse stato esaminato, avrebbe potuto influire sulla decisione della controversia.

391.

Alla luce di tali circostanze, il motivo di cui sopra dev'essere respinto.

15. Quanto al motivo dedotto dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativo all'incompleta valutazione dei fatti

392.

La Wacker-Chemie e la Hoechst si dolgono che il Tribunale, al punto 611 della sentenza impugnata, non abbia tenuto conto di alcune cifre relative alle vendite della Hoechst esposte in un documento proveniente da una società autorizzata di consulenza contabile di ottima reputazione e certificate da due periti contabili (in prosieguo: l'«attestazione dei periti contabili»), in base alla motivazione che tali cifre non potevano considerarsi sufficientemente attendibili per rimettere in discussione quelle fornite dalla stessa Hoechst in risposta ad una domanda di informazioni della Commissione. A questo proposito, le dette ricorrenti si chiedono quali possibilità restino alle parti del procedimento di rettificare indicazioni inesatte fornite per errore se non sono sufficienti le attestazioni di una società autorizzata di consulenza contabile.

393.

Secondo le ricorrenti, il Tribunale, ove non fosse stato in grado di far proprie le valutazioni dei periti contabili, avrebbe dovuto procedere all'assunzione delle proverelative ai dati che considerava inesatti e contestabili. Qualora fossero rimasti dei dubbi, la decisione del Tribunale avrebbe dovuto essere favorevole all'impresa interessata.

394.

In definitiva, il Tribunale non avrebbe esaminato gli elementi controversi, malgrado la loro rilevanza giuridica. Pertanto, il detto giudice non avrebbe in alcun modo proceduto alla valutazione delle prove riguardanti i detti elementi, né avrebbe potuto farlo, avendo omesso di procedere ad una corrispondente attività istruttoria.

395.

A questo proposito occorre ricordare che il Tribunale, ai punti 582 e seguenti della sentenza impugnata, ha esaminato in punto di fatto le contestazioni relative all'esistenza di una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE.

396.

Più precisamente, ai punti 584-617 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la contestazione relativa all'esistenza di un sistema di quote.

397.

Dopo un'analisi approfondita, il detto giudice ha assunto sei documenti quali elementi di prova dell'esistenza di un sistema di questo tipo.

398.

Il Tribunale ha quindi esaminato in dettaglio un settimo documento, vale a dire una tabella rinvenuta nei locali dell'Atochem SA ed intitolata «PVC - primo trimestre» (in prosieguo: la «tabella Atochem»). Tale documento, relativo ai primi mesi del 1984, confermava - ad avviso della Commissione - che il sistema di quote era esistito almeno fino al mese di aprile 1984.

399.

Per valutare il carattere probante o meno dei dati numerici contenuti in tale documento, il Tribunale ha esaminato i controlli incrociati che la Commissione aveva effettuato confrontando i detti dati con altre informazioni, in particolare quelle relative alle vendite realizzate dai quattro produttori tedeschi di PVC, tra i quali la Wacker-Chemie e la Hoechst, nel corso del primo trimestre del 1984.

400.

Esso ha osservato, anzitutto, che la Commissione, per determinare tali vendite, aveva utilizzato dati provenienti dalla BASF, dalla Wacker-Chemie e dalla Hüls, nonché le cifre di fatturato dichiarate dalla Hoechst, ed era pervenuta ad un totale che presentava una differenza trascurabile rispetto a quello indicato nella tabella Atochem, circostanza questa che confermava che tale tabella non poteva essere stata predisposta senza uno scambio di dati tra i produttori.

401.

Il Tribunale ha quindi rilevato che la Hoechst, nel corso dell'audizione dinanzi alla Commissione, aveva smentito le cifre da essa stessa fornite e ne aveva presentate di nuove, delle quali tuttavia aveva poi dovuto riconoscere l'erroneità.

402.

Il detto giudice ha infine constatato che, il 21 ottobre 1988, la Hoechst aveva presentato una terza serie di cifre, figuranti nell'attestazione dei periti contabili fatta valere dall'impresa in questione nell'ambito del presente motivo.

403.

Risulta chiaro, pertanto, che, per quanto riguarda il punto controverso, il fascicolo della Commissione conteneva tre documenti da avvicinare alla tabella Atochem per verificare i controlli incrociati effettuati dalla Commissione. Tali documenti, tutti presentati dalla Hoechst, sono stati effettivamente valutati dal Tribunale per stabilirne il valore probatorio.

404.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Hoechst, il Tribunale, che disponeva di diversi elementi del fascicolo per dirimere il punto controverso, non era in alcun modo tenuto ad adottare d'ufficio un provvedimento di assunzione di ulteriori prove. Esso non vi sarebbe stato obbligato neppure se fosse pervenuto alla conclusione che, all'esito della sua disamina, nessuno dei detti elementi risultava possedere valore probatorio. In tal caso il Tribunale avrebbe potuto statuire sulla base delle regole che disciplinano l'onere della prova.

405.

Da quanto sopra consegue che il motivo relativo all'incompleta valutazione dei fatti deve essere respinto.

406.

Quanto alla questione se sia possibile censurare la valutazione degli elementi di prova compiuta dal Tribunale, essa va esaminata nell'ambito dello specifico motivo dedotto dalle ricorrenti relativo allo snaturamento degli elementi di prova, motivo che sarà esaminato qui di seguito.

16. Quanto al motivo dedotto dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativo allo snaturamento degli elementi di prova

407.

La Wacker-Chemie e la Hoechst affermano che il Tribunale, ai punti 609 e seguenti della sentenza impugnata, ha snaturato gli elementi di prova risultanti dalle cifre fornite dalla Hoechst alla Commissione, in particolare quelle contenute nell'attestazione dei periti contabili menzionata nell'ambito del motivo precedente. Nei paesi dell'Europa occidentale, i risultati delle verifiche certificati da periti contabili avrebbero in generale valore probatorio in sede di assunzione delle prove e presenterebbero, quanto meno, una presunzione di esattezza e di esaustività.

408.

A questo proposito, si è già ricordato al punto 285 della presente sentenza che la valutazione dei fatti compiuta dal Tribunale, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi ad esso, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte.

409.

Al punto 609 della sentenza impugnata, il Tribunale, per concludere che il totale delle vendite dei produttori tedeschi risultante dalla tabella Atochem (198 226 tonnellate) poteva essere stato ottenuto soltanto mediante uno scambio di informazioni tra i produttori, ha rilevato che la differenza tra il detto totale e quello risultante dalle prime cifre volontariamente comunicate dalla Hoechst nonché da alcuni dati forniti dalla BASF, dalla Wacker-Chemie e dalla Hüls (198 353 tonnellate) era trascurabile.

410.

Al punto successivo della sentenza impugnata, il Tribunale, per escludere la seconda serie di cifre fornite dalla Hoechst alla Commissione in sede di audizione, in assenza di qualsiasi documento a sostegno, ha rilevato che tali cifre non erano attendibili, in quanto avrebbero presupposto che la detta impresa avesse utilizzato i propri impianti a più del 105%, mentre gli altri produttori avevano raggiunto un tasso di utilizzazione del 70% soltanto. Soprattutto, il Tribunale ha constatato come la stessa Hoechst avesse successivamente riconosciuto che tali cifre erano errate.

411.

Quanto all'attestazione dei periti contabili sulla quale la Wacker-Chemie e la Hoechst fondano in via principale la loro censura relativa allo snaturamento degli elementi di prova, il Tribunale ha sottolineato, al punto 611 della sentenza impugnata, che la serie di cifre contenute nella detta attestazione comportava, rispetto ai dati inizialmente forniti, soltanto una rettifica trascurabile, che non faceva che confermare la precisione delle cifre risultanti dalla tabella Atochem. Il Tribunale ha poi rilevato che la differenza rispetto a queste ultime cifre derivava di fatto dalla semplice aggiunta - a titolo di «vendite ai consumatori» - del consumo proprio della Hoechst per il suo stabilimento di Kalle.

412.

Pertanto, il Tribunale non è incorso in alcuno snaturamento dell'attestazione dei periti contabili invocata dalle ricorrenti, laddove, al punto 611 della sentenza impugnata, ha ritenuto valide le cifre inizialmente fornite dalla Hoechst, osservando come la detta attestazione non fosse idonea a rimetterle in discussione.

413.

Ne consegue che il motivo di cui sopra deve essere respinto.

17. Quanto ai motivi dedotti dalla Montedison, dalla Elf Atochem, dalla Degussa, dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativi all'omessa pronuncia del Tribunale su alcuni motivi dinanzi ad esso proposti, nonché alla contraddittorietà e all'insufficienza di talune parti della motivazione della sentenza impugnata

414.

La Montedison critica il Tribunale per non essersi pronunciato sul motivo da essa dedotto relativo al definitivo trasferimento al giudice comunitario del potere di infliggere sanzioni, dopo che la Commissione aveva adottato la decisione PVC I, trasferimento che avrebbe conservato i propri effetti anche dopo l'annullamento di quest'ultima. La Elf Atochem sostiene che il Tribunale non si è pronunciato sul motivo da essa dedotto relativo a presunte differenze esistenti tra la decisione PVC I e la decisione PVC II. La Degussa critica la sentenza impugnata per l'omessa statuizione sul motivo da essa dedotto relativo alla mancanza di un nuovo intervento del consigliere auditore prima della decisione PVC II. Infine, la Wacker-Chemie e la Hoechst fanno valere la contraddittorietà e l'insufficienza della motivazione della sentenza impugnata nella parte relativa alla valutazione di alcuni elementi di prova.

415.

Occorre esaminare in successione ciascuno dei detti motivi.

a) Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo all'omessa pronuncia del Tribunale sul motivo riguardante il definitivo trasferimento al giudice comunitario del potere di infliggere sanzioni dopo la decisione della Commissione

416.

La Montedison censura il Tribunale per non aver esaminato il primo motivo da essa dedotto dinanzi a tale giudice, relativo alla violazione degli artt. 172 del Trattato CE (divenuto art. 229 CE) e 17 del regolamento n. 17, letti in connessione all'art. 87, n. 2, lett. d), del Trattato CE [divenuto, in seguito a modifica, art. 83, n. 2, lett. d), CE].

417.

Essa ricorda che gli artt. 172 del Trattato CE e 17 del regolamento n. 17 attribuiscono al giudice comunitario un controllo di piena giurisdizione, ossia un potere illimitato di valutazione dei fatti. Poiché l'art. 17 del regolamento n. 17 attribuisce in particolare al giudice comunitario il potere di sopprimere, ridurre o maggiorare l'ammenda, la Commissione non conserverebbe più tale potere una volta che la sua decisione è stata impugnata. Si verificherebbe in realtà un trasferimento definitivo del potere di valutazione a favore del giudice comunitario.

418.

La Commissione fa valere che il ricorso di impugnazione non cita alcun passaggio o alcuna parte della sentenza impugnata che sarebbe oggetto specifico della doglianza proposta. Pertanto, la detta istituzione si interroga sulla ricevibilità di tale doglianza.

419.

La Commissione replica alla ricorrente che il Tribunale, ai punti 65-85 della sentenza impugnata, ha esaminato - senza tuttavia riferirlo espressamente alla Montedison - il motivo relativo all'impossibilità per la Commissione di adottare la decisione PVC II a motivo dell'autorità di giudicato conseguita dalla sentenza della Corte 15 giugno 1994. Essa rileva altresì che il Tribunale, ai punti 86-99 della sentenza impugnata, si è pronunciato, riferendosi esplicitamente alla Montedison, sul motivo relativo alla violazione del principio ne bis in idem, e quindi sulla questione della reiterazione della prima decisione della Commissione annullata.

420.

La Commissione aggiunge che l'obbligo di chiarire i propri argomenti difensivi incombe a tutte le parti ricorrenti sin dal primo grado di giudizio. Di conseguenza, nell'ipotesi in cui il Tribunale non sia stato messo in condizione di esaminare un determinato motivo per il fatto che la parte ricorrente non lo ha sufficientemente esplicitato, contro la sentenza impugnata non potrebbe essere mossa sotto tale profilo alcuna censura, in particolare non quella di non aver esaminato il motivo in questione o di non averne debitamente motivato il rigetto.

421.

La Commissione fa infine valere che il ricorso di impugnazione non fa altro che riproporre i motivi già dedotti in primo grado. Tali motivi, già esaminati e respinti dal Tribunale sulla base di una congrua motivazione, sarebbero irricevibili, in quanto mirerebbero ad ottenere un semplice riesame del ricorso proposto dinanzi al Tribunale (sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punti 113-115).

422.

A questo proposito, occorre constatare che la Montedison ha effettivamente dedotto dinanzi al Tribunale un motivo relativo al definitivo trasferimento al giudice comunitario - in seguito al ricorso proposto contro la decisione PVC I - del potere di infliggere ammende. Tale motivo era esplicitamente fondato sulla violazione degli artt. 172 del Trattato CE e 17 del regolamento n. 17, letti in connessione all'art. 87, n. 2, lett. d), del Trattato CE.

423.

Qualora una parte ricorrente per impugnazione sostenga che il Tribunale non si è pronunciato su un determinato motivo, non può censurarsi tale parte ricorrente, sotto il profilo della ricevibilità del motivo di impugnazione, per il fatto di non citare alcun passaggio od alcuna parte della sentenza impugnata che costituirebbe l'oggetto specifico della doglianza proposta, posto che, in ipotesi, viene fatto valere un vizio di omessa pronuncia. Per lo stesso motivo, non può opporsi alla parte ricorrente suddetta che essa si limita a ripetere o a riprodurre il motivo dedotto in primo grado.

424.

Nella fattispecie, la Commissione sostiene che il Tribunale si è pronunciato sul motivo in questione ai punti 65-85 e 86-99 della sentenza impugnata.

425.

Tuttavia, il motivo presentato dalla Montedison nel suo ricorso non si confondeva con i due motivi esaminati ai punti suddetti della sentenza impugnata, riguardanti rispettivamente la violazione dell'autorità del giudicato e del principio ne bis in idem. Il detto motivo aveva un fondamento giuridico distinto, chiaramente enunciato.

426.

La Commissione non può far valere che la Montedison non avrebbe sufficientemente chiarito il motivo da essa dedotto e, di conseguenza, non potrebbe formulare alcuna critica contro la sentenza impugnata. Infatti, il ricorso introduttivo di primo grado conteneva una lunga argomentazione culminante nella conclusione che, per effetto delle richiamate disposizioni, si era verificato un definitivo trasferimento, al giudice comunitario, del potere di infliggere sanzioni.

427.

Risulta pertanto evidente che la Montedison è legittimata a far valere un vizio di omessa pronuncia su un motivo da essa dedotto.

428.

Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere parzialmente annullata in relazione a tale vizio di omessa pronuncia.

b) Quanto al motivo dedotto dalla Elf Atochem relativo all'omessa pronuncia del Tribunale sul motivo riguardante alcune differenze esistenti tra le decisioni PVC I e PVC II

429.

La Elf Atochem censura il Tribunale per non essersi pronunciato sul motivo da essa dedotto relativo al fatto che la decisione PVC II costituiva una decisione differente nella sostanza dalla decisione PVC I, motivo che la detta impresa ed altre ricorrenti avrebbero ampiamente sviluppato dinanzi al Tribunale medesimo, come risulterebbedal punto 222 della sentenza impugnata. Tale circostanza sarebbe sufficiente per disporre l'annullamento della sentenza impugnata.

430.

A questo proposito, bisogna constatare che il Tribunale, al punto 222 della sentenza impugnata, ha ricordato che la Elf Atochem nonché altre ricorrenti affermavano, a sostegno del motivo da esse dedotto relativo al diritto delle imprese ad essere nuovamente sentite, che la decisione PVC II conteneva differenze di testo rispetto alla decisione PVC I su punti decisivi, quali la valutazione delle norme in tema di prescrizione, la soppressione di due frasi relative agli effetti dell'intesa, l'aggiunta di una parte relativa al procedimento a partire dal 1988 e la mancata inclusione della Solvay e della Norsk Hydro.

431.

Orbene, rilevando al punto 252 della sentenza impugnata che il testo della decisione PVC II non conteneva alcun addebito nuovo rispetto al testo della decisione PVC I e sottolineando, a questo proposito, che talune circostanze di fatto o di diritto diverse al momento dell'adozione della decisione PVC II non comportavano affatto l'esistenza di addebiti nuovi, il Tribunale ha implicitamente statuito che le differenze riscontrate tra le due decisioni non riguardavano punti decisivi. Al punto 257 della sentenza impugnata, il Tribunale ha quindi esplicitamente confermato tale valutazione, affermando che la decisione PVC II conteneva solo «modifiche redazionali che non pregiudicano gli addebiti».

432.

Pertanto, il Tribunale ha preso posizione in ordine all'argomento proposto dalla Elf Atochem a sostegno del motivo dedotto dinanzi ad esso.

433.

Di conseguenza, il motivo di gravame testé esaminato deve essere respinto.

c) Quanto al motivo dedotto dalla Degussa relativo all'omessa pronuncia del Tribunale sulla censura riguardante il mancato intervento del consigliere auditore prima dell'adozione della decisione PVC II

434.

La Degussa si duole che il Tribunale, al punto 270 della sentenza impugnata, abbia rigettato il motivo da essa dedotto relativo alla necessità di nuovi atti procedimentali amministrativi successivamente all'annullamento della decisione PVC I, omettendo di pronunciarsi sulla censura che essa muoveva relativamente al mancato intervento del consigliere auditore.

435.

A questo proposito, è sufficiente ricordare come, al punto 253 della sentenza impugnata, il Tribunale, avendo constatato che una nuova audizione delle imprese interessate non era necessaria dopo l'annullamento della decisione PVC I, abbia concluso in sostanza che, alla luce dei presupposti richiesti dalla decisione 24 novembre 1990, nel frattempo entrata in vigore, non era necessario neppure un nuovo intervento del consigliere auditore (v. punto 126 della presente sentenza).

436.

Il Tribunale si è pertanto pronunciato sulla censura formulata dalla ricorrente.

437.

Ne consegue che il motivo di gravame qui esaminato va respinto.

d) Quanto al motivo dedotto dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst relativo alla contraddittorietà e all'insufficienza della motivazione della sentenza impugnata per quanto riguarda la valutazione di alcune prove documentali

438.

Parallelamente ai motivi da esse dedotti relativi all'incompleta valutazione dei fatti ed allo snaturamento degli elementi di prova, esaminati rispettivamente ai punti 392-405 e 407-413 della presente sentenza, la Wacker-Chemie e la Hoechst censurano il Tribunale per avere formulato, ai punti 610 e 611 della sentenza impugnata, una motivazione contraddittoria e insufficiente nell'ambito dell'esame degli elementi di prova circa l'esistenza di un sistema di quote.

439.

Infatti, il Tribunale non avrebbe lasciato alle parti la possibilità di rettificare, con l'aiuto dell'attestazione dei periti contabili richiamata nell'ambito degli altri due suddetti motivi da esse proposti, alcune informazioni inesatte fornite per errore. Inoltre, il Tribunale non avrebbe tenuto conto di alcuni documenti contenuti nel fascicolo del procedimento, che avrebbero dimostrato la conformità delle cifre inizialmente fornite dalla Hoechst rispetto a quelle contenute nell'attestazione dei periti contabili. Infine, il Tribunale avrebbe travisato il nesso di causalità, non tenendo conto del fatto che la Hoechst aveva rettificato le proprie cifre di fatturato in seguito ad una modifica, da parte della Commissione, del fondamento delle proprie domande di informazioni e della propria attività di raccolta delle prove.

440.

A questo proposito, è sufficiente constatare come, sotto l'alibi di tale motivo, la Wacker-Chemie e la Hoechst intendano contestare, in realtà, una valutazione degli elementi di prova effettuata dal Tribunale.

441.

Come sottolineato al punto 285 della presente sentenza, una tale valutazione non può essere assoggettata al controllo della Corte, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova. Orbene, è già stato rilevato al punto 412 della presente sentenza, in occasione dell'esame del motivo dedotto dalle ricorrenti relativo ad un presunto snaturamento degli elementi di prova considerati nel presente motivo, che la censura di snaturamento non era fondata, in particolare per quanto riguarda l'attestazione dei periti contabili.

442.

Pertanto, il motivo di impugnazione testé esaminato deve essere respinto.

18. Quanto al motivo dedotto dalla LVM, dalla DSM, dall'Enichem e dall'ICI relativo all'insufficiente o erronea motivazione del rigetto di un motivo relativo alla violazione, da parte della Commissione, dell'art. 190 del Trattato CE per quanto riguarda la scelta di quest'ultima di adottare la decisione PVC II dopo l'annullamento della decisione PVC I

443.

La LVM, la DSM, l'Enichem e l'ICI si dolgono che il Tribunale, ai punti 386-391 della sentenza impugnata, abbia respinto il motivo da esse dedotto relativo alla violazione, da parte della Commissione, dell'art. 190 Trattato CE, determinata dal fatto che quest'ultima avrebbe insufficientemente motivato la propria scelta di adottare una nuova decisione dopo l'annullamento della decisione PVC I.

444.

La LVM, la DSM e l'ICI ritengono, in particolare, che la Commissione avrebbe dovuto motivare la propria scelta con riferimento alle questioni controverse elencate nell'ambito del motivo dedotto dinanzi al Tribunale e ricordate al punto 382 della sentenza impugnata, vale a dire la mancanza di una nuova comunicazione degli addebiti e di una nuova audizione delle imprese interessate, l'utilizzazione di documenti scoperti nell'ambito di un procedimento diverso o di prove raccolte in violazione del diritto di non autoaccusarsi, un accesso al fascicolo della Commissione non conforme a quanto prescritto dalla giurisprudenza, l'imposizione di un'ammenda basata su un errore di fatto, nonché la conclusione secondo cui la decisione PVC I rimaneva valida nei confronti della Solvay e della Norsk Hydro.

445.

Le dette ricorrenti opinano inoltre che il Tribunale abbia erroneamente statuito, al punto 389 della sentenza impugnata, che gli argomenti dedotti in merito alle dette questioni controverse miravano in sostanza soltanto a contestare la fondatezza della valutazione operata dalla Commissione su tali diverse questioni. Ad avviso della LVM e della DSM, la questione della fondatezza di taluni argomenti è totalmente distinta da quella della motivazione del loro rigetto. La Commissione avrebbe quindi violato l'obbligo di motivazione ad essa incombente, a prescindere dalla questione se gli argomenti sollevati fossero fondati o no.

446.

L'ICI fa valere che la Commissione non aveva l'obbligo di adottare una nuova decisione. La sua scelta di procedervi senza una nuova comunicazione degli addebiti, senza una nuova audizione delle imprese e senza consultazione del comitato consultivo sarebbe stata non soltanto insolita, ma anche priva di qualsiasi precedente. Pertanto, le imprese avrebbero avuto il diritto di ottenere spiegazioni in merito a tali questioni. L'ICI fa valere, a questo proposito, le sentenze 26 novembre 1975, causa 73/74, Groupement des fabricants de papiers peints de Belgique e a./Commissione (Racc. pag. 1491, punto 31), e 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione (Racc. pag. I-395, punto 15), in forza delle quali la Commissione non potrebbe limitarsi ad una motivazione sommaria nel caso in cui si discosti da una prassi decisionale costante.

447.

A questo proposito, va ricordato che l'art. 89 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 85 CE) attribuisce alla Commissione la missione di vigilare sull'applicazione dei principi fissati, in particolare, dall'art. 85 del Trattato CE e di istruire, eventualmente d'ufficio, i casi di presunta infrazione ai principi suddetti. Tale missione comprende anche la constatazione, mediante decisione motivata, di eventuali infrazioni. Essa costituisce un aspetto particolare della missione generale disorveglianza conferita alla Commissione dall'art. 155 del Trattato CE (divenuto art. 211 CE).

448.

Nell'adempimento di tale missione, la Commissione dispone di un potere discrezionale di avviare procedimenti sanzionatori, nell'ambito della politica generale che essa si è fissata in materia di concorrenza.

449.

Il Tribunale ha giustamente rilevato, al punto 387 della sentenza impugnata, che la decisione PVC II, riferendosi nel primo 'visto' al «trattato che istituisce la Comunità europea», conteneva implicitamente, ma necessariamente, un riferimento formale alla missione assegnata alla Commissione. Il Tribunale ha così potuto statuire che tale riferimento costituiva di per sé una motivazione sufficiente dell'interesse della Commissione ad accertare un'infrazione ed a sanzionare le imprese a tale titolo. In tale contesto, il detto giudice ha correttamente considerato che la Commissione, disponendo di una competenza discrezionale nell'attuare le prerogative che il Trattato le attribuisce nel campo del diritto della concorrenza, non era tenuta a spiegare in dettaglio i motivi che l'avevano portata a compiere tali scelte.

450.

Pertanto, dopo aver correttamente precisato i limiti dell'obbligo di motivazione incombente alla Commissione quanto alla sua scelta di adottare una nuova decisione, il Tribunale ha poi giustamente statuito, al punto 389 della sentenza impugnata, che il fatto che la Commissione non avesse fornito alcuna spiegazione in merito ai differenti aspetti problematici enumerati al punto 382 della sentenza impugnata e riportati al punto 444 della presente sentenza non costituiva un difetto di motivazione della decisione PVC II, a prescindere da quanto il Tribunale aveva altresì constatato, ossia che gli argomenti riguardanti tali aspetti miravano soltanto a contestare la fondatezza della valutazione della Commissione.

451.

Contrariamente a quanto sostenuto dall'ICI, la Commissione, decidendo di constatare in una nuova decisione, dopo l'annullamento della decisione PVC I, le infrazioni accertate da quest'ultima, non si è discostata da una prassi decisionale costante. Essa ha semplicemente confermato la propria scelta iniziale di sanzionare tali infrazioni, senza che a ciò ostasse l'art. 176 del Trattato CE, il quale imponeva alla detta istituzione soltanto di adottare le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza della Corte 15 giugno 1994, ossia di sanare l'unica illegittimità constatata da tale pronuncia.

452.

Ad ogni modo, l'obbligo di motivazione che incombe alla Commissione per quanto riguarda non già la scelta di adottare una decisione, bensì il contenuto di questa, impone che quanto meno vengano esposti in forma sufficiente la natura dell'infrazione contestata al destinatario della decisione, le ragioni per le quali la Commissione ritiene sussistenti gli elementi costitutivi dell'infrazione, nonché gli obblighi o le sanzioni che la Commissione intende porre a carico dell'impresa interessata.

453.

Orbene, nel caso di specie, si deve osservare che:

- nessuna censura è stata mossa in relazione a tale secondo profilo dell'obbligo di motivazione;

- neppure gli elementi in relazione ai quali i ricorrenti lamentano un difetto di motivazione sono riconducibili al detto secondo profilo, poiché la Commissione non era obbligata a prevedere tutte le contestazioni che avrebbero potuto essere sollevate nell'ambito di un successivo contenzioso ed a rispondervi anticipatamente nella propria decisione;

- le questioni relative ai suddetti elementi possono essere sottoposte, se del caso, ad un successivo controllo giurisdizionale.

454.

Da quanto sopra consegue che il motivo appena esaminato deve essere respinto.

19. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison, dalla Degussa e dall'Enichem relativo all'erronea valutazione della portata dell'obbligo di motivazione incombente alla Commissione quanto alle modalità di calcolo dell'ammenda

Argomenti delle ricorrenti

455.

La Montedison, la Degussa e l'Enichem lamentano in sostanza che il Tribunale, ai punti 1172-1184 della sentenza impugnata, avrebbe erroneamente valutato la portata dell'obbligo che incombeva alla Commissione, in forza dell'art. 190 del Trattato CE, di motivare le modalità di calcolo delle ammende inflitte alle dette imprese.

456.

La Montedison sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto ritenere sussistente un vizio di motivazione della decisione PVC II quanto alle modalità di calcolo utilizzate. A suo avviso, la Commissione deve indicare, nella sua decisione, gli specifici elementi da essa presi in considerazione al fine di consentire alle imprese di meglio valutare, da un lato, se la Commissione stessa abbia commesso errori nel fissare l'ammontare di ciascuna ammenda e, dall'altro, se l'importo di ciascuna ammenda individuale sia giustificato in rapporto ai criteri generali applicati. Per stabilire l'importo dell'ammenda, occorrerebbe accertare la gravità dell'infrazione in funzione di un gran numero di elementi, quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l'efficacia dissuasiva delle ammende (ordinanza 25 marzo 1996, causa C-137/95 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 54).

457.

La Degussa si duole che il Tribunale abbia respinto il motivo da essa dedotto relativo ad una presunta mancanza di precisazioni, da parte della Commissione, in ordine alle modalità di calcolo dell'ammenda, fondando tale rigetto sul presupposto, erroneo, che tra gli elementi che compongono la motivazione non debbano necessariamente figurare indicazioni in merito a tali modalità. Inoltre, il Tribunale si sarebbe posto in contraddizione con il disposto letterale dell'art. 190 del Trattato CE, avendo ritenuto sufficiente, al punto 1183 della sentenza impugnata, che alcune indicazioni sul metodo di calcolo fossero state comunicate dalla Commissione nel corso del procedimentogiurisdizionale relativo alla decisione PVC I. Infine, il Tribunale si sarebbe contraddetto da solo, affermando, al punto 1180 della sentenza impugnata, che era auspicabile che le imprese potessero conoscere le modalità di calcolo delle ammende senza essere obbligate a presentare un ricorso giurisdizionale.

458.

L'Enichem sostiene che il Tribunale, per respingere il motivo da essa dedotto relativo all'insufficienza della motivazione, avrebbe erroneamente affermato, al punto 1179 della sentenza impugnata, che i punti 51-54 della motivazione della decisione PVC II indicavano in forma sufficiente e pertinente gli elementi di valutazione assunti a riferimento, tra i quali figurava, al punto 53, la «rispettiva importanza [di ciascuna impresa] nel mercato del PVC». Orbene, l'importanza di un produttore potrebbe ricavarsi tanto dalla sua quota di mercato quanto dal suo fatturato. Pertanto, non si potrebbe affermare con certezza che il metodo di calcolo dell'ammenda sia stato indicato senza ambiguità nella decisione PVC II.

459.

A questo proposito, l'Enichem osserva come il Tribunale abbia ritenuto dimostrato, in particolare al punto 1191 della sentenza impugnata, riguardante un altro motivo, che la ripartizione dell'ammenda complessiva tra le diverse imprese era stata effettuata sulla base delle rispettive quote di mercato. Di conseguenza, tale criterio determinante avrebbe dovuto figurare nella motivazione della decisione PVC II.

460.

Al pari della Degussa, l'Enichem rileva come il Tribunale abbia affermato che era auspicabile che le imprese potessero conoscere le modalità di calcolo dell'ammenda senza essere obbligate, a tal fine, a proporre un ricorso giurisdizionale contro la decisione.

461.

A suo avviso, la Commissione sarebbe in realtà tenuta a indicare i propri calcoli nel testo della decisione, al fine di evitare che le imprese ed il giudice comunitario siano costretti a indovinare il modo in cui i criteri generali enunciati si sono tradotti in cifre, nonché al fine di consentire le osservazioni delle parti ed il controllo di legittimità del giudice comunitario.

Giudizio della Corte

462.

Nell'ambito di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE, la portata dell'obbligo di motivare il metodo di calcolo dell'ammenda inflitta - obbligo incombente alla Commissione in forza dell'art. 190 del Trattato CE - deve essere determinata alla luce delle disposizioni dell'art. 15, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 17, a norma del quale «occorre tener conto, oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata».

463.

I requisiti della formalità sostanziale costituita dal detto obbligo di motivazione risultano soddisfatti allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell'infrazione(sentenza 16 novembre 2000, causa C-291/98 P, Sarrió/Commissione, Racc. pag. I-9991, punto 73).

464.

Contrariamente a quanto le ricorrenti sostengono esplicitamente o nella sostanza delle loro difese, i detti requisiti non impongono alla Commissione di indicare nella sua decisione i dati in forma numerica relativi al metodo di calcolo delle ammende, fermo restando che la Commissione non può, avvalendosi esclusivamente e meccanicamente di formule aritmetiche, rinunciare a far uso del proprio potere discrezionale (sentenza Sarrió/Commissione, cit., punti 76 e 80).

465.

Per quanto riguarda una decisione che infligge ammende a svariate imprese, il Tribunale ha giustamente ricordato, al punto 1173 della sentenza impugnata, che la portata dell'obbligo di motivazione dev'essere valutata, in particolare, alla luce del fatto che la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l'efficacia dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (ordinanza SPO e a./Commissione, cit., punto 54).

466.

Orbene, il Tribunale ha rilevato nella fattispecie, al punto 1174 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva esposto, ai punti 51-54 della motivazione della decisione PVC II, gli elementi generali e individuali di cui essa aveva tenuto conto nel determinare le ammende.

467.

A questo proposito il Tribunale ha constatato, ai punti 1175 e 1178 della sentenza impugnata, che la decisione PVC II faceva riferimento ai seguenti elementi di valutazione:

- importanza del prodotto industriale di cui trattasi;

- valore delle vendite ad esso relative nell'Europa occidentale;

- numero delle imprese coinvolte;

- livello di partecipazione e ruolo di ciascuna impresa;

- importanza rispettiva di ciascuna impresa sul mercato del PVC;

- durata della partecipazione di ciascuna impresa all'infrazione.

468.

Il Tribunale ha altresì rilevato, al punto 1176 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva precisato di aver considerato, quali circostanze attenuanti, il fatto che:

- le imprese avevano subito perdite significative nel corso di una gran parte del periodo corrispondente alla durata dell'infrazione e,

- praticamente nello stesso periodo, la maggior parte delle dette imprese era già stata condannata ad ammende rilevanti per aver partecipato ad un'infrazione nel settore termoplastico (polipropilene).

469.

Alla luce delle considerazioni che precedono e della portata dell'obbligo di motivazione come sopra ricordata, il Tribunale ha quindi potuto giustamente concludere, al punto 1179 della sentenza impugnata, che la decisione PVC II conteneva una indicazione sufficiente e pertinente degli elementi di valutazione presi in considerazione per determinare la gravità e la durata dell'infrazione commessa da ciascuna delle imprese in questione.

470.

Su tali soli motivi il detto giudice ha fondato il rigetto del motivo dinanzi ad esso dedotto.

471.

La decisione del Tribunale non può ritenersi viziata da un errore di diritto per il semplice fatto che tale giudice ha poi affermato, al punto 1180 della sentenza impugnata, che è auspicabile che le imprese - per poter scegliere con piena cognizione di causa la posizione da assumere - siano poste in grado di conoscere in dettaglio, mediante qualunque sistema che la Commissione ritenga opportuno, il metodo di calcolo dell'ammenda loro inflitta in una decisione che accerta un'infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza, senza che a tal fine esse debbano proporre un ricorso giurisdizionale contro la decisione.

472.

Il Tribunale, sulla scorta di tale considerazione, che non costituiva il fondamento necessario della sua decisione, ha soltanto sottolineato la possibilità per la Commissione di andare al di là dei requisiti necessari ai fini del rispetto dell'obbligo di motivazione ad essa incombente, consentendo alle imprese di conoscere nel dettaglio le modalità di calcolo dell'ammenda loro inflitta.

473.

Tuttavia, tale facoltà non può modificare l'ampiezza delle prescrizioni che discendono dall'obbligo di motivazione (sentenza Sarrió/Commissione, cit., punto 77).

474.

Inoltre, contrariamente a quanto affermato dalla Degussa, il Tribunale, al punto 1183 della sentenza impugnata, non ha ritenuto sufficiente il fatto che la Commissione avesse presentato, nel corso del procedimento giurisdizionale relativo alla decisione PVC I, una tabella recante precisazioni circa il calcolo delle ammende inflitte con quest'ultima, tabella che era stata unita in allegato ai ricorsi diretti contro la decisione PVC II.

475.

Infatti, alla constatazione di tale fatto, introdotta dalla locuzione «difatti», si è proceduto ad abundantiam nel caso di specie, tenuto conto che il Tribunale aveva già statuito che l'obbligo di motivazione era stato rispettato.

476.

Da quanto sopra consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

20. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo all'erroneo rigetto, perché irricevibili, delle sue conclusioni dirette ad ottenere la condanna della Commissione al risarcimento dei danni

477.

La Montedison si duole che il Tribunale, ai punti 1262 e 1263 della sentenza impugnata, abbia rigettato, perché irricevibili, le sue conclusioni dirette ad ottenere la condanna della Commissione al risarcimento dei danni, rigetto motivato sulla base del fatto che la domanda non soddisfaceva i requisiti minimi prescritti dal regolamento di procedura del Tribunale.

478.

Nondimeno, la ricorrente non avrebbe mai cessato, durante i quattro anni di durata del procedimento, di criticare il comportamento illecito della Commissione. Pertanto, la sua domanda sarebbe stata non solo ricevibile, ma anche fondata. La Montedison richiama inoltre la citata sentenza Baustahlgewebe/Commissione, al cui punto 48 la Corte, in un caso di durata eccessiva di un procedimento giurisdizionale, ha ridotto l'importo dell'ammenda per motivi di economia processuale, effettuando così - ad avviso della Montedison - una compensazione fra tale importo e quello corrispondente al pregiudizio subito, imputato al comportamento della Commissione.

479.

A questo proposito si deve rilevare che, nel ricorso presentato dinanzi al Tribunale, la Montedison si è limitata a formulare, in sede di riepilogo delle sue conclusioni, una domanda di risarcimento danni, non quantificata nel suo ammontare. Essa non ha dunque fondato la detta domanda su alcuna specifica motivazione in fatto e in diritto.

480.

Sulla scorta di tali circostanze, risulta corretta la statuizione del Tribunale, contenuta al punto 1262 della sentenza impugnata, secondo cui il ricorso introduttivo non consentiva di individuare i motivi sui quali la ricorrente intendeva fondare la propria domanda di risarcimento. Il detto giudice ha dunque correttamente statuito, al punto 1263 della sentenza impugnata, che il ricorso non soddisfaceva i requisiti minimi di ricevibilità di un ricorso prescritti dagli artt. 19 dello Statuto CE della Corte di giustizia e 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, a norma dei quali l'atto introduttivo deve contenere, in particolare, l'esposizione sommaria dei motivi dedotti.

481.

Occorre per di più rilevare che la motivazione a posteriori della domanda di risarcimento danni, che la ricorrente fonda attualmente sulla citata sentenza Baustahlgewebe, si riferisce ad un motivo riguardante la violazione del termine ragionevole, motivo da essa non sollevato né nel suo ricorso dinanzi al Tribunale né nel suo ricorso di impugnazione.

482.

Il motivo qui esaminato va pertanto respinto.

B - Quanto ai motivi attinenti al merito

1. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo al mancato esame, da parte del Tribunale, del contesto economico

483.

La Montedison si duole che il Tribunale non abbia proceduto all'esame del contesto economico che si imporrebbe preliminarmente ad ogni decisione in materia di concorrenza, soprattutto se la decisione infligge un'ammenda (sentenza 12 dicembre 1967, causa 23/67, Brasserie de Haecht, Racc. pag. 479, in particolare pag. 491).

484.

La detta ricorrente ricorda che essa, in primo grado, ha sviluppato una tesi, riassunta al punto 736 della sentenza impugnata, secondo la quale i fatti contestati erano imputabili alla crisi petrolifera che, in pochi anni, avrebbe costretto più della metà dei produttori di PVC ad abbandonare il settore. Ora, da tale contesto sarebbero derivate la perfetta legittimità e perfino l'indispensabilità dei contatti intervenuti fra i produttori. Tali contatti sarebbero stati semplicemente diretti a ridurre le perdite.

485.

Al punto 740 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe a torto dichiarato che, se una situazione di crisi del mercato poteva giustificare un'esenzione ai sensi dell'art. 85, n. 3, del Trattato CE, una siffatta esenzione non era tuttavia mai stata richiesta. Infatti, la situazione non avrebbe reso necessaria alcuna esenzione, dal momento che non potrebbe costituire intesa un insieme di comportamenti che ciascuna impresa è obbligata a tenere per ragioni sia giuridiche che economiche.

486.

A questo proposito occorre rilevare che, nella citata sentenza Brasserie de Haecht, richiamata dalla ricorrente, la Corte ha prospettato la necessità di osservare gli effetti di accordi, di decisioni o di pratiche nella cornice del contesto economico nel quale tali accordi, decisioni o pratiche si inscrivono e dove questi possono contribuire, in concomitanza con altri, ad un effetto cumulativo sul gioco della concorrenza. A differenza della presente fattispecie, nella detta sentenza veniva in questione l'esistenza di contratti simili tra loro che, congiuntamente, potevano costituire un contesto economico e giuridico nel cui ambito un dato contratto doveva essere esaminato al fine di stabilire se il commercio fra Stati membri potesse subirne pregiudizio.

487.

Soprattutto, occorre constatare che, nell'ambito dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE, l'esistenza di una crisi sul mercato non vale di per sé a escludere il carattere anticoncorrenziale di un'intesa.

488.

E' pertanto corretta la statuizione del Tribunale, contenuta al punto 740 della sentenza impugnata, secondo cui una circostanza del tipo suddetto non poteva nella fattispecie portare alla conclusione che i presupposti di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE non risultavano soddisfatti. Il Tribunale ha esattamente sottolineato che l'esistenza di una crisi poteva, se del caso, essere invocata per ottenere un'esenzione ai sensi dell'art. 85, n. 3, del Trattato CE, osservando però come nessuna domanda in tal senso fosse stata presentata dalle imprese interessate. Come giustamente sostenutodalla Commissione, l'argomento della Montedison secondo cui un'esenzione non sarebbe stata necessaria priverebbe di qualsiasi significato il meccanismo di notifica previsto dall'art. 4 del regolamento n. 17, permettendo alle imprese colpite da un'ammenda di chiedere a posteriori al giudice comunitario l'esenzione da esse non preventivamente richiesta alla Commissione.

489.

Ad ogni modo, il Tribunale ha rilevato che la Commissione aveva preso in considerazione, in particolare al punto 5 della motivazione della decisione PVC II, la crisi che attraversava il settore e ne aveva tenuto conto in sede di determinazione dell'ammontare dell'ammenda.

490.

La Montedison fa valere inoltre che, se il Tribunale avesse preso in considerazione il contesto economico della vicenda, non avrebbe statuito, al punto 745 della sentenza impugnata, che la fissazione di prezzi obiettivo a livello europeo aveva necessariamente alterato il gioco della concorrenza sul mercato del PVC e limitato i margini di negoziazione degli acquirenti. Infatti, da un lato, spetterebbe alla Commissione dimostrare che il livello dei prezzi di transazione sarebbe stato inferiore in assenza di collusione tra i produttori. Dall'altro, nessuna disposizione stabilirebbe che le regole di concorrenza mirano ad avvantaggiare i produttori di prodotti finiti rispetto ai produttori di materie prime, impedendo che venga proposto a questi ultimi un prezzo idoneo a ridurre le perdite.

491.

A questo proposito, occorre osservare come il Tribunale, al punto 741 della sentenza impugnata, abbia giustamente ricordato che, secondo una costante giurisprudenza, ai fini dell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo, ove risulti che esso ha per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza (v., in particolare, sentenza 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione, Racc. pag. 457, in particolare pag. 520).

492.

Pertanto, il motivo di gravame in questione, nei limiti in cui può essere inteso come volto ad esigere la dimostrazione di concreti effetti anticoncorrenziali, non è fondato, posto che il Tribunale ha sottolineato, sempre al punto 741 della sentenza impugnata, che risultava provato l'oggetto anticoncorrenziale dei comportamenti contestati.

493.

Né del resto il motivo risulterebbe maggiormente fondato qualora potesse essere inteso come diretto a censurare il Tribunale in quanto questo, affermando che la fissazione di prezzi obiettivo a livello europeo «[aveva] necessariamente alterato il gioco della concorrenza», avrebbe semplicemente affermato l'esistenza di un'alterazione, senza esaminare né assumere a sostegno elementi di prova atti a confermarla. Infatti, ai punti 745 e 746 della sentenza impugnata, il Tribunale, riferendosi ad elementi di prova espressamente menzionati, ha enumerato diversi effetti che le iniziative assunte in materia di prezzi dalle imprese interessate avevano concretamente prodotto sul mercato del PVC, nonostante il fallimento di talune delle dette iniziative.

494.

In ogni caso, la Montedison non può sostenere che l'analisi da essa contestata avrebbe come risultato di avvantaggiare i produttori di prodotti finiti rispetto ai produttori di materie prime. Infatti, l'art. 85, n. 1, del Trattato CE mira a garantire il libero gioco della concorrenza a tutti i livelli, sotto comminatoria delle sanzioni da esso previste.

495.

La Montedison fa inoltre valere che il Tribunale, facendo astrazione dal contesto economico, avrebbe snaturato gli elementi di prova, compensando le lacune in ordine a tale punto - che risulterebbero chiaramente dal fascicolo - mediante teorie fondate sulla presunzione di comportamenti anticoncorrenziali. Un modo di procedere siffatto dovrebbe essere sanzionato, in sede di giudizio di impugnazione, in quanto configurante uno snaturamento degli elementi di prova (sentenza 4 marzo 1999, causa C-119/97 P, Ufex e a./Commissione, Racc. pag. I-1341, punto 66).

496.

La ricorrente si duole che il Tribunale abbia dedotto dal semplice svolgimento di riunioni fra produttori l'esistenza di iniziative in materia di prezzi, di scambi di informazioni strategiche e di una ripartizione di quote. Essa censura altresì il Tribunale per aver affermato che le iniziative in materia di prezzi erano di per sé illecite, mentre esse costituivano tentativi di ridurre le perdite e tali tentativi risultavano invariabilmente compromessi dalla potenza di una domanda assai ridotta a fronte di un'offerta eccedentaria.

497.

A questo proposito, occorre ricordare come, in base ad una costante giurisprudenza, emerga dagli artt. 168 A del Trattato CE (divenuto art. 225 CE), 51, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia e 112, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura della Corte di giustizia che il ricorso avverso una sentenza del Tribunale deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l'annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (v., in particolare, ordinanza 14 marzo 1996, causa C-31/95 P, Del Plato/Commissione, Racc. pag. I-1443, punti 18 e 19, e sentenza 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I-5291, punto 34), a pena di irricevibilità del ricorso stesso o del motivo di gravame di cui trattasi.

498.

In particolare, tale obbligo impone al ricorrente che alleghi uno snaturamento degli elementi di prova da parte del Tribunale di indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati da tale giudice e di dimostrare gli errori di valutazione che a suo avviso avrebbero portato il medesimo allo snaturamento in questione.

499.

Orbene, è giocoforza constatare come la Montedison formuli la propria censura relativa ad un presunto snaturamento in termini generici.

500.

Essa si limita ad asserire che lo snaturamento invocato è la conseguenza della mancata considerazione del contesto economico e a citare quale esempio, in via di semplice affermazione, le conclusioni che sarebbero state tratte, nella sentenza impugnata, dal semplice svolgimento di riunioni tra produttori. Così facendo, la Montedison non indica i punti precisi della sentenza impugnata da essa criticati, non enumera idocumenti che costituiscono l'oggetto della sua censura ed omette di dimostrare, in particolare, che il Tribunale si sarebbe fondato soltanto su documenti che confermavano la partecipazione delle imprese alle riunioni controverse, ma che non comprovavano, oltre a ciò, l'oggetto anticoncorrenziale di tali riunioni.

501.

Ne consegue che, entro questi limiti, la censura in questione è irricevibile.

502.

Per il resto, la medesima censura, in quanto diretta a far riconoscere che le iniziative in materia di prezzi non erano di per sé illecite poiché costituivano tentativi di ridurre le perdite e tali tentativi venivano invariabilmente frustrati, si confonde con le precedenti censure, già respinte, formulate nell'ambito del presente motivo per quanto riguarda, da un lato, il carattere di giustificazione che avrebbe presentato l'esistenza di una crisi sul mercato del PVC e, dall'altro, l'allegazione secondo cui sarebbe necessario dimostrare gli effetti concreti, sul mercato, dei comportamenti contestati, comportamenti il cui oggetto anticoncorrenziale sarebbe peraltro provato.

503.

Da quanto precede deriva che il motivo qui esaminato deve essere integralmente respinto.

2. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo al fatto che le sarebbe stata imputata una responsabilità collettiva

504.

L'Enichem si duole che il Tribunale, ai punti 768-780 della sentenza impugnata, abbia respinto il motivo da essa proposto relativo al fatto che la Commissione le avrebbe imputato una responsabilità collettiva, in violazione del principio generale del carattere personale della responsabilità.

505.

Essa sostiene che il Tribunale non poteva validamente inferire dalla sua partecipazione a talune riunioni informali non meglio specificate che essa ricorrente avesse avuto conoscenza di un piano comune delle imprese partecipanti ovvero, secondo le espressioni utilizzate nella decisione PVC II, di un'«intesa vista nella sua globalità» o «nel suo complesso». In mancanza di una partecipazione assidua dell'Enichem alle riunioni, non sarebbe stato possibile imputarle tutte le violazioni prendendo le mosse da una presunzione di conoscenza di tutti gli aspetti dell'intesa.

506.

In ogni caso, posto che il Tribunale avrebbe riconosciuto che i documenti di programmazione raccolti presso l'ICI, menzionati al punto 294 della presente sentenza, non rappresentavano il momento della formazione di una volontà comune, bensì piuttosto un progetto dell'ICI, non sarebbe stato possibile dedurre dai detti documenti che l'Enichem era a conoscenza di un piano comune.

507.

Nell'ambito di una responsabilità limitata ad un'azione individuale, il Tribunale avrebbe dovuto ridefinire i contorni di una partecipazione più ridotta della ricorrente all'intesa, escludendo il suo coinvolgimento nelle iniziative in materia di prezzi o limitandolo nel tempo. Infatti, i documenti che il Tribunale, al punto 940 della sentenzaimpugnata, ha assunto a prova del fatto che le iniziative in materia di prezzi dovevano applicarsi in Italia - circostanza questa non contestata dalla ricorrente - non farebbero mai specifico riferimento a quest'ultima e risalirebbero agli anni 1982 e 1983.

508.

A questo proposito, si è già ricordato, al punto 491 della presente sentenza, che, ai fini dell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE, è sufficiente che un accordo abbia per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza, a prescindere dai suoi effetti concreti.

509.

Di conseguenza, nel caso in cui gli accordi si manifestino in occasione di riunioni di imprese concorrenti:

- si verifica un'infrazione alla detta disposizione qualora tali riunioni abbiano un oggetto siffatto e mirino in tal modo ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato;

- risulta validamente accertata la responsabilità di una determinata impresa per l'infrazione in questione allorché tale impresa ha partecipato a queste riunioni conoscendone l'oggetto, se non ha poi attuato l'una o l'altra delle misure concordate in occasione delle riunioni stesse.

510.

La maggiore o minore assiduità dell'impresa alle riunioni nonché l'attuazione più o meno completa delle misure concordate hanno conseguenze non già sul sussistere della responsabilità dell'impresa stessa, bensì sull'ampiezza di tale responsabilità e dunque sull'entità della sanzione.

511.

La censura di diritto sollevata dall'Enichem consiste nel criticare il fatto che sia stata applicata una presunzione di conoscenza di tutti gli elementi dell'intesa controversa solo perché essa ha partecipato a talune riunioni qualificate come informali. Tale censura si risolve nell'affermare l'avvenuta imputazione di una responsabilità presunta per un'azione collettiva.

512.

La detta censura non è fondata.

513.

Al punto 768 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, in base al tenore del punto 25, secondo comma, della motivazione della decisione PVC II, «data l'assenza di documentazione sui prezzi [che impediva di] provare l'effettiva partecipazione di ciascun produttore a iniziative concordate in materia di prezzi[,] (...) la Commissione ha valutato [in relazione a ciascun sospetto partecipante] l'esistenza o no di prove sufficientemente attendibili a dimostrazione della sua adesione all'intesa nel suo complesso e non già l'esistenza di prove della sua partecipazione ad ogni manifestazione dell'intesa stessa».

514.

Al punto 771 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente statuito che tale approccio non consisteva, per la Commissione, nell'accogliere il principio di una responsabilità collettiva, ossia nell'imputare a talune imprese la partecipazione a fatti ai quali esse sarebbero state estranee per il solo motivo che la partecipazione di altre imprese a tali fatti era, invece, dimostrata. Infatti, un approccio siffatto si risolveva nel fondare la sanzione su una partecipazione individuale provata, e non presunta, a tutta un'azione collettiva ovvero ad una parte di essa.

515.

Al punto 772 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sottolineato come l'infrazione addebitata consistesse nella regolare organizzazione, per un periodo di diversi anni, di riunioni tra produttori concorrenti, l'oggetto delle quali era rappresentato dall'accordo su pratiche illecite, destinate ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato del PVC.

516.

Orbene, ai punti 675, 677, 680-686, 931 e 932, il Tribunale ha statuito, al termine della sua insindacabile valutazione di diversi elementi di prova, contro la quale non è stata mossa alcuna censura di snaturamento, che:

- l'Enichem aveva partecipato a riunioni di imprese concorrenti, nell'ambito di quelle tenute dall'agosto 1980 al 1984;

- l'oggetto delle dette riunioni era effettivamente anticoncorrenziale, essendo diretto a promuovere accordi, in particolare, sul livello dei prezzi e sul controllo dei quantitativi, sebbene dalle discussioni non risultassero precisi impegni sui prezzi.

517.

Contrariamente a quanto sostenuto dall'Enichem, il Tribunale non ha dedotto dai documenti di programmazione la conoscenza, da parte di tale impresa, dell'oggetto anticoncorrenziale degli accordi in questione, posto che tale conoscenza deriva in realtà dalla sua partecipazione alle riunioni.

518.

Il Tribunale ha poi esattamente rilevato, al punto 939 della sentenza impugnata, che la regolarità della presenza di un'impresa alle riunioni influiva non sulla sua partecipazione alla violazione, bensì sul grado di tale partecipazione.

519.

A questo proposito, il Tribunale, al suddetto punto della sentenza impugnata, ha sottolineato che, relativamente all'Enichem, la Commissione aveva tenuto conto - in particolare al punto 8, terzo comma, e, quanto all'ammontare dell'ammenda, al punto 53 della motivazione della decisione PVC II - del fatto che, sulla scorta degli elementi di prova esaminati, la partecipazione dell'Enichem alle riunioni era stata più o meno regolare. Quanto all'ammontare dell'ammenda, il Tribunale, nell'ambito di una valutazione anche di merito, ha affermato che, se la Commissione avesse potuto ottenere la prova della partecipazione di ciascuna delle imprese a tutte le riunioni tra produttori tenutesi nel corso di quasi quattro anni, l'importo delle ammende inflitte risulterebbe proporzionalmente basso rispetto alla gravità della violazione.

520.

Pertanto, il Tribunale, lungi dal convalidare il ricorso ad una presunzione di responsabilità collettiva, ha constatato, a seguito di esame degli elementi di prova, che la Commissione aveva dimostrato l'adesione individuale dell'Enichem all'intesa e, pertanto, la sua responsabilità del pari individuale a motivo della detta adesione, pur tenendo conto, quanto all'entità della sanzione, della sua più limitata partecipazione ai diversi fatti costitutivi della violazione.

521.

Quanto alla contestazione della ricorrente in ordine al proprio effettivo coinvolgimento nelle iniziative in materia di prezzi, è sufficiente osservare come essa miri a rimettere in discussione la valutazione effettuata dal Tribunale relativamente ai numerosi elementi di prova considerati al punto 940 della sentenza impugnata, valutazione all'esito della quale il Tribunale ha unicamente affermato che i produttori italiani non erano rimasti estranei alle iniziative in materia di prezzi e che queste ultime dovevano essere applicate in Italia, anche se l'aumento previsto talvolta non si era verificato, circostanza questa che aveva suscitato le critiche dei concorrenti.

522.

Orbene, non essendo stata sollevata una censura relativa ad uno snaturamento degli elementi di prova esaminati, atta a dimostrare l'erroneità delle suesposte considerazioni generali, la valutazione criticata non può formare l'oggetto di un controllo da parte della Corte nell'ambito di un giudizio di impugnazione, come già ricordato al punto 285 della presente sentenza.

523.

Dalle suesposte considerazioni consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

3. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo all'erronea imputazione dell'infrazione all'Enichem stessa, considerata quale holding di un gruppo, nonché all'erronea esclusione, da parte del Tribunale, della rilevanza del fatturato della holding ai fini della determinazione dell'importo dell'ammenda

524.

Dinanzi al Tribunale, l'Enichem ha dedotto un motivo di annullamento fondato sul fatto che essa non sarebbe stata valida destinataria della decisione PVC II nella sua qualità di holding di un gruppo. Infatti, essa non avrebbe assunto, in tale veste, alcuna responsabilità per le attività nel settore delle materie termoplastiche, tra le quali il PVC.

525.

Nell'ambito della sua valutazione, il Tribunale ha anzitutto sottolineato, al punto 986 della sentenza impugnata, che, secondo quanto affermato nella memoria di replica della ricorrente (pag. 15), il motivo in questione non costituiva sterile argomentazione fine a sé stessa, bensì il fondamento essenziale di ulteriori argomenti in merito all'importo dell'ammenda, la quale - secondo l'Enichem - sarebbe stata evidentemente calcolata in rapporto al fatturato della holding, ben superiore a quello della società operativa. Il Tribunale ha tuttavia osservato che la Commissione aveva determinato previamente - come era in suo potere - un importo globale dell'ammenda e lo aveva in seguito suddiviso tra le imprese in ragione della quota media di mercato detenuta da ciascunae delle eventuali circostanze attenuanti o aggravanti applicabili ad ognuna. Il detto giudice ne ha dedotto che, salva l'applicazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, che fissa l'importo massimo dell'ammenda irrogabile, il fatturato della holding non era stato preso in considerazione per la determinazione dell'importo dell'ammenda individuale inflitta alla ricorrente. In questi limiti, il Tribunale ha affermato che la ricorrente non aveva interesse a sollevare un motivo riguardante l'erronea individuazione del destinatario della decisione PVC II, ma non ha dichiarato irricevibile tale motivo.

526.

Il Tribunale ha quindi esaminato il detto motivo in modo approfondito ai punti 987-992 della sentenza impugnata, per poi infine rigettarlo.

527.

Nel suo ricorso di impugnazione l'Enichem prende in considerazione, a titolo di elementi criticati della sentenza impugnata, i punti 978-992 di quest'ultima. La detta ricorrente chiede l'annullamento di tale sentenza nella parte in cui esclude, al suo punto 986, la rilevanza del fatturato della holding ai fini del calcolo dell'ammenda inflittale. L'Enichem, prima di sviluppare tale motivo, precisa che il medesimo è connesso alla censura da essa sollevata quanto all'errore di individuazione del destinatario della decisione, censura che essa intende riproporre in sede di impugnazione. Pertanto, l'Enichem domanda anche l'annullamento della sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato tale censura.

528.

A questo proposito, si è già ricordato, al punto 497 della presente sentenza, che il ricorso avverso una sentenza del Tribunale deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l'annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda.

529.

Non è conforme a tali precetti l'impugnazione che, senza neppure contenere un argomento specificamente diretto a individuare l'errore di diritto che vizierebbe la sentenza impugnata, si limiti a riprodurre i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Infatti, un'impugnazione di tal genere costituisce in realtà una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame dell'atto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale, ciò che esula dalla competenza della Corte (v., in particolare, ordinanza Del Plato/Commissione, cit., punto 20, e sentenza Bergaderm e Goupil/Commissione, cit., punto 35).

530.

A fortiori, esula dalla competenza della Corte l'impugnazione che, senza neppure riprodurre un motivo presentato dinanzi al Tribunale, si limiti a dichiarare la riproposizione di tale motivo.

531.

Nel caso di specie, il motivo sottoposto al Tribunale riguardava un presunto errore commesso nell'individuazione del destinatario della decisione PVC II, vale a dire nell'individuazione della persona giuridica responsabile dell'infrazione. Il detto motivo è stato abbondantemente sviluppato nel ricorso introduttivo e, successivamente, nella memoria di replica.

532.

Il Tribunale ha motivato il rigetto di tale motivo ai punti 987-992 della sentenza impugnata.

533.

Tuttavia, l'Enichem omette di sviluppare argomenti specificamente diretti ad identificare l'errore di diritto che inficierebbe tale parte della motivazione del Tribunale. La detta ricorrente si limita ad affermare che intende riproporre tale motivo, accontentandosi di aggiungere che essa in più occasioni ha evidenziato l'incoerenza della scelta della Commissione di indicarla, nella sua veste di holding, quale destinataria della decisione PVC II e responsabile dell'infrazione.

534.

Entro questi limiti, il motivo dedotto nell'ambito del ricorso di impugnazione esula dalla competenza della Corte.

535.

Quanto alla censura formulata contro il punto 986 della sentenza impugnata, si deve constatare che le motivazioni enunciate dal Tribunale in tale punto, ricordate al punto 525 della presente sentenza, costituiscono una risposta a considerazioni conclusive formulate, nei termini più sotto riportati, a conclusione degli ultimi argomenti sviluppati nella memoria di replica dell'Enichem in merito al motivo effettivamente sottoposto al giudizio del Tribunale:

«Concludiamo la trattazione di tale questione sottolineando che quanto precede non costituisce sterile argomentazione fine a sé stessa, ma base essenziale di quanto si tratterà nel seguito circa l'ammontare dell'ammenda, che è stata evidentemente commisurata con riferimento al fatturato della holding, ben superiore a quello della società operativa. Di qui il preciso interesse della ricorrente a veder annullata la decisione [PVC II], per aver quest'ultima attribuito la responsabilità dell'infrazione ed indirizzato la decisione all'Enichem e non, casomai, all'Enichem Anic».

536.

Orbene, siffatte considerazioni non costituivano un elemento del motivo dedotto. Esse si limitavano ad annunciare ulteriori motivi dell'Enichem diretti contro i presupposti di determinazione dell'importo dell'ammenda ed a sottolineare la conseguenza, quanto al fatturato a tal fine preso a riferimento, dell'asserito errore di diritto relativo all'individuazione della persona giuridica responsabile dell'infrazione.

537.

Entro tali limiti, la censura rivolta contro il punto 986 della sentenza impugnata è inoperante, in quanto diretta contro motivazioni sovrabbondanti, che non possono determinare l'annullamento della detta pronuncia (v., in particolare, ordinanza SPO e a./Commissione, cit., punto 47, e la giurisprudenza ivi citata).

538.

Da quanto sopra consegue che il motivo qui esaminato deve essere integralmente respinto.

4. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo all'errore di diritto commesso dal Tribunale circa le conseguenze che esso ha tratto dalla propria constatazione della mancanza di correlazione tra due documenti posti a base dell'accusa della Commissione

Elementi della decisione PVC II in questione dinanzi al Tribunale

539.

Come già ricordato al punto 294 della presente sentenza, la Commissione, nel corso del novembre 1983, ha rinvenuto, presso i locali dell'ICI, due documenti di programmazione risalenti al 1980. Questi erano intitolati rispettivamente «Lista di controllo» e «Risposta alle proposte». Secondo il punto 7, primo comma, della motivazione della decisione PVC II, i detti documenti equivalevano ad un piano di creazione di un'intesa, laddove il primo di essi mirava ad istituire un nuovo quadro di riunioni al fine di gestire un sistema riveduto di calcolo delle quote e di fissazione dei prezzi, mentre il secondo faceva riferimento alla reazione generalmente favorevole riservata dagli altri produttori alla proposta dell'ICI.

540.

Al punto 7, ultimo comma, della motivazione della decisione PVC II, la Commissione ha affermato che la risposta alle proposte compendiava le reazioni dei produttori di PVC alle proposte e mostrava come questi ultimi fossero tutti favorevoli al piano, posto che le uniche riserve formulate riguardavano l'opportunità di permettere una certa flessibilità relativamente alle quote individuali, così come previsto dalla proposta dell'ICI.

541.

Al punto 10, primo comma, la Commissione ha affermato che la risposta alle proposte mostrava che la proposta di calcolare in futuro le quote in base alle tonnellate per società, e non più su base nazionale come avveniva in precedenza, era stata accolta assai favorevolmente dai produttori, così come la proposta di calcolare le quote in percentuali sulla base delle quote di mercato dei produttori nel 1979, anche se restavano da regolare alcune «anomalie».

542.

Al punto 25, primo e ultimo comma, la Commissione ha affermato che:

- la prova essenziale dell'esistenza dell'intesa era data dai documenti di programmazione del 1980, dalla dimostrata realizzazione di un sistema di riunioni periodiche tra imprese apparentemente concorrenti e dai documenti relativi ai sistemi di quote e di compensazione;

- tale prova essenziale dimostrava di fatto non soltanto l'esistenza di un sistema comune, ma identificava anche la quasi totalità dei partecipanti all'intesa, posto che quasi tutte le imprese erano nominate nei documenti di programmazione e che la BASF e l'ICI avevano identificato la maggior parte di quelle che avevano partecipato alle riunioni;

- una conferma dei detti elementi di prova si trovava nei documenti rinvenuti nel corso degli accertamenti effettuati nel 1987, specialmente presso la Solvay e l'Atochem SA.

543.

Al punto 30, secondo comma, la Commissione ha concluso che gli accordi restrittivi permanenti applicati per anni dai produttori di PVC erano incontestabilmentericonducibili alla proposta del 1980, della quale essi rappresentavano l'attuazione pratica.

544.

Quanto alla durata dell'infrazione, la Commissione ha ritenuto, al punto 48, che l'infrazione avesse avuto inizio intorno all'agosto 1980. Essa fondava tale conclusione sulla data delle proposte dell'ICI e sul fatto che il nuovo sistema di riunioni era stato instaurato in tale epoca. La Commissione ammetteva che non era possibile stabilire con certezza la data in cui ciascun produttore aveva iniziato a partecipare alle riunioni. Tuttavia, a suo avviso, il documento del 1980 coinvolgeva nella formazione del piano originario tutti i produttori, tranne la Hoechst, la Montedison, la Norsk Hydro, la Shell e la LVM. Essa aggiungeva che le date probabili in cui tali produttori avevano aderito al piano potevano però essere accertate a partire da altri documenti.

545.

Dinanzi al Tribunale, l'Enichem ha fatto valere, nell'ambito della sua contestazione dell'esistenza di un'infrazione, che i documenti di programmazione erano privi di valore probatorio quanto all'origine dell'intesa. Essa ha sostenuto che la risposta alle proposte non costituiva una risposta degli altri produttori alle proposte formulate dall'ICI nella lista di controllo. A suo avviso, i documenti di programmazione potevano essere semplicemente l'espressione dei pareri di diverse persone in seno all'ICI. La ricorrente ha inoltre obiettato che non era possibile affermare, in assenza di prove, al punto 8 della motivazione della decisione PVC II, che i produttori si erano riuniti «[a] seguito delle proposte del 1980».

Punti contestati della motivazione della sentenza impugnata

546.

L'Enichem precisa che il motivo da essa dedotto ha ad oggetto i punti 663-673 della sentenza impugnata.

547.

Al punto 668 di quest'ultima, il Tribunale ha escluso che i due documenti di programmazione fossero privi di relazione l'uno con l'altro, dopo aver sviluppato la seguente motivazione:

«L'argomento secondo cui i due documenti di programmazione non sarebbero tra loro vincolati non può essere accolto. A questo proposito, si deve anzitutto ricordare che questi documenti sono stati scoperti nei locali dell'ICI e che essi erano materialmente uniti l'uno all'altro. Inoltre, occorre rilevare che la lista di controllo conteneva l'elenco di taluni temi, che, in modo generale, riguardavano meccanismi di controllo dei volumi di vendita e di controllo dei prezzi. Tali temi sono essi stessi affrontati, in modo più preciso, nelle risposte alle proposte. Inoltre, taluni punti più dettagliati si ritrovano nell'uno e l'altro dei documenti. Questo è il caso del riferimento ad un periodo di stabilità di tre mesi, della possibilità di un aumento dei prezzi durante l'ultimo trimestre del 1980, della necessità di trovare una soluzione per tener conto delle nuove capacità di produzione o ancora della possibilità di variazioni in rapporto alle quote di mercato prefissate, con lo stesso riferimento ad una soglia del 5% e alle riserve formulate a questo proposito. (...)».

548.

Al punto 670 della sentenza impugnata, il Tribunale ha tuttavia affermato che il tenore letterale stesso dei documenti di programmazione non consentiva di ritenere - come invece aveva fatto la Commissione ai punti 7, ultimo comma, e 10, primo comma, della motivazione della decisione PVC II - che il secondo di tali documenti costituisse la risposta degli altri produttori di PVC alle proposte fatte dall'ICI, così come non permetteva di concludere che i detti documenti fossero solo la manifestazione di un parere di agenti dell'ICI.

549.

Tuttavia, per statuire, al punto 671 della sentenza impugnata, che i documenti di programmazione costituivano quanto meno la base sulla quale erano state condotte consultazioni e discussioni ed avevano portato alla realizzazione effettiva delle misure illecite previste, il Tribunale si è fondato sulla motivazione che segue:

«(...) come risulta dall'esame a cui si è proceduto in via preliminare, la Commissione ha prodotto numerosi documenti che dimostrano l'esistenza delle pratiche descritte nella [decisione PVC II]. Inoltre, resta fermo che i documenti di programmazione, e più in particolare la lista di controllo, che provengono da un importante responsabile dell'ICI, enunciano in modo chiaro l'esistenza di un progetto di creazione di intesa in capo a tale impresa, che era, alla data di elaborazione di tali documenti, uno dei principali produttori europei di PVC [; inoltre, le pratiche che erano previste in tali documenti sono state accertate, nelle settimane successive, sul mercato del PVC] in Europa occidentale. (...)».

550.

Il Tribunale ha aggiunto, al punto 672, quanto segue:

«A questo riguardo, se è esatto che i documenti prodotti dalla Commissione a sostegno dei propri accertamenti di fatto relativi alle pratiche sul mercato del PVC non fanno alcun riferimento ai documenti di programmazione, il Tribunale ritiene che la stretta correlazione tra tali pratiche e quelle descritte in tali documenti [dimostri] sufficientemente l'esistenza di un legame tra esse».

551.

Infine, al punto 673 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che, pertanto, giustamente la Commissione aveva concluso che i documenti di programmazione potevano essere considerati all'origine dell'intesa che si era concretizzata nelle settimane successive alla loro elaborazione.

Argomenti della ricorrente

552.

Nel suo ricorso di impugnazione, l'Enichem precisa che essa non contesta la constatazione, effettuata dal Tribunale al punto 670 della sentenza impugnata, secondo cui le proposte erano unicamente un progetto dell'ICI, il quale avrebbe trovato un'eco non già nell'approvazione delle altre imprese indicate nella risposta alle proposte, bensì piuttosto negli ulteriori comportamenti posti in essere dalle imprese interessate. Pertanto, contrariamente alla valutazione della Commissione, la risposta alle proposte non avrebbe determinato il momento della formazione dell'accordo.

553.

Tuttavia, la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto tener conto dell'aspetto giuridico della propria constatazione, che avrebbe dovuto portare allo smantellamento di tutte le prove della Commissione. Ad avviso dell'Enichem, il Tribunale avrebbe dovuto prender atto della modifica sostanziale dell'accusa che ne risultava.

554.

Quanto a tale punto, la detta ricorrente si duole che il Tribunale l'abbia ritenuta colpevole di una violazione identica a quella contestata dalla Commissione.

555.

L'Enichem non contesta che, in mancanza di prova di un'adesione formale alle proposte, i suoi comportamenti - suscettibili di apparire come l'applicazione di una linea comune a tutti i produttori - avrebbero potuto essere interpretati come una violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE.

556.

Tuttavia, essa ritiene che in tal caso il proprio grado di colpevolezza avrebbe dovuto essere ridotto alla luce sia della gravità che della durata dell'infrazione. Infatti, un'adesione risultante da un comportamento sarebbe senz'altro meno grave di un'adesione formale ad un accordo o ad una pratica concordata. Inoltre, quanto alla durata, l'epoca assunta quale inizio della violazione non avrebbe potuto essere il mese di agosto 1980, posto che la risposta alle proposte avrebbe perso la propria natura di atto di adesione all'intesa. Così come il Tribunale ammetterebbe al punto 940 della sentenza impugnata, la prima iniziativa in materia di prezzi, che risalirebbe al novembre 1980, non avrebbe in alcun modo menzionato i produttori italiani. Quanto alle tabelle rinvenute presso la Solvay, relative ad informazioni sulle vendite delle imprese interessate nel corso del 1980 (in prosieguo: le «tabelle Solvay»), esse consentirebbero tutt'al più di contestare alla ricorrente uno scambio di informazioni con un concorrente e non certo un'intesa su scala europea.

557.

L'Enichem domanda di conseguenza l'annullamento della sentenza impugnata, nella parte in cui il Tribunale, pur avendo constatato l'assenza di correlazione tra i due documenti di programmazione, non ne ha tratto tutte le conseguenze sotto il profilo della gravità e della durata dell'infrazione contestata.

Giudizio della Corte

558.

L'art. 1 della decisione PVC II fissa «intorno all'agosto 1980» la data dell'accordo e/o la data d'inizio della pratica concordata sulla scorta dei quali i produttori in questione hanno preso parte a riunioni periodiche intese a fissare prezzi obiettivo e quote obiettivo, a programmare iniziative concordate per aumentare i livelli dei prezzi ed a controllare l'esecuzione di tali accordi collusivi.

559.

Conformemente alle indicazioni contenute nella decisione PVC II ed a quelle fornite dall'Enichem nel suo ricorso introduttivo dinanzi al Tribunale (punto V, C, 1), il mese di agosto 1980 così assunto a riferimento è il mese in cui è stata redatta la lista di controllo ad opera di un responsabile dell'ICI. Esso è altresì il mese nel corso del quale - secondo gli elementi di prova presi in considerazione dalla Commissione evalutati dal Tribunale al punto 675 della sentenza impugnata - hanno avuto inizio le riunioni periodiche delle imprese.

560.

Al punto 48 della motivazione della decisione PVC II, la Commissione ha motivato la scelta di tale mese quale data d'inizio della violazione fondandosi sia sulla data delle proposte dell'ICI sia sull'epoca in cui era stato introdotto il nuovo sistema di riunioni.

561.

Pertanto, la Commissione non ha effettuato la propria scelta unicamente sulla scorta di una valutazione consistente nel ritenere che i documenti di programmazione sancissero un accordo illecito già formalmente concluso.

562.

Di conseguenza, la constatazione effettuata dal Tribunale al punto 670 della sentenza impugnata, secondo cui il tenore letterale dei documenti di programmazione non consentiva di ritenere che la risposta alle proposte costituisse la risposta degli altri produttori alle proposte dell'ICI, né, all'inverso, permetteva di concludere che i due documenti esprimessero soltanto il parere di agenti dell'ICI, è priva della portata ad essa attribuita dall'Enichem.

563.

La detta constatazione non determina uno smantellamento degli elementi di prova, né una modifica sostanziale dell'accusa.

564.

Infatti, al punto 668 della sentenza impugnata, il Tribunale, nell'ambito di una valutazione insindacabile degli elementi di prova, contro la quale non è stata mossa alcuna censura di snaturamento, ha statuito che i due documenti di programmazione erano correlati l'uno all'altro. Soprattutto, al punto 671, il Tribunale, all'esito di una valutazione altrettanto insindacabile, ha statuito che tali documenti costituivano quanto meno la base sulla quale erano state condotte consultazioni e discussioni tra produttori ed avevano portato alla realizzazione effettiva, nel corso delle settimane successive, delle misure illecite previste.

565.

Orbene, nel suo ricorso di impugnazione, l'Enichem, approvando la statuizione del Tribunale secondo cui, in sostanza, i documenti di programmazione erano soltanto un progetto dell'ICI, il quale avrebbe trovato un'eco nei successivi comportamenti posti in essere dalle imprese interessate (v. punto 552 della presente sentenza), riconosce ormai implicitamente, ma necessariamente, la fondatezza della conclusione tratta dal detto giudice al punto 671 della sentenza impugnata, secondo la quale esisteva una correlazione tra i documenti di programmazione e le pratiche messe in atto nel corso delle settimane successive.

566.

Tale ammissione non consente alla ricorrente di contestare la considerazione conclusiva enunciata al punto 673 della sentenza impugnata, secondo cui i documenti di programmazione potevano ritenersi all'origine dell'intesa.

567.

La considerazione conclusiva del Tribunale significa soltanto che esso ha ritenuto che i documenti di programmazione costituissero la manifestazione di un'iniziativa,concepita in termini di proposte volte alla conclusione di accordi successivi, e non la constatazione di un accordo sin d'allora concluso.

568.

Orbene, occorre constatare che, nel caso di specie, una conclusione siffatta è sprovvista di una portata concreta quanto alla durata dell'infrazione, considerato che:

- si è ritenuto che l'inizio dell'infrazione dovesse farsi risalire «intorno» all'agosto 1980;

- tale data è stata assunta quale termine iniziale, sia dalla Commissione che dal Tribunale, sempre per il motivo che le riunioni delle imprese hanno avuto inizio nel mese in questione;

- quanto all'Enichem, il Tribunale ha insindacabilmente statuito, ai punti 675, 677, 931 e 932 della sentenza impugnata, che tale impresa aveva partecipato ad alcune delle riunioni tenutesi per svariati anni a partire dal mese di agosto 1980;

- per giunta, la ricorrente stessa aveva riconosciuto dinanzi al Tribunale, nelle considerazioni da essa dedicate, nel suo ricorso introduttivo, alla questione dell'abitualità della sua partecipazione alle dette riunioni (punto V, C, 1, settimo capoverso): «[s]i può tutt'al più sostenere che all'inizio ed alla fine del periodo considerato, l'Enichem ha partecipato a qualche riunione».

569.

Tale constatazione non è contraddetta, in sede di giudizio di impugnazione, dagli argomenti della ricorrente riportati al punto 556 della presente sentenza e riguardanti, da un lato, il punto 940 della sentenza impugnata e, dall'altro, le tabelle Solvay, che sono state prese in esame dal Tribunale ai punti 618-636 della medesima sentenza.

570.

Quanto al primo argomento, è sufficiente constatare come esso reiteri una precedente contestazione, sollevata nell'ambito del ricorso di impugnazione, relativa alla valutazione effettuata dal Tribunale, al punto 940 della sentenza impugnata, in ordine alla questione del coinvolgimento dell'Enichem nelle iniziative in materia di prezzi. Orbene, tale contestazione è già stata presa in esame e respinta ai punti 521 e 522 della presente sentenza.

571.

Quanto al secondo argomento, relativo alle tabelle Solvay, esso mira - al pari del precedente - a rimettere in discussione una valutazione effettuata dal Tribunale in merito a determinati elementi di prova. Pertanto, in conformità della giurisprudenza citata al punto 285 della presente sentenza, tale argomento esula dalla competenza della Corte nell'ambito di un giudizio di impugnazione, salvo in caso di snaturamento dei detti elementi di prova, che però non è stato dedotto nel caso di specie.

572.

Infine, l'Enichem non può utilmente sostenere che la constatazione effettuata dal Tribunale al punto 670 della sentenza impugnata avrebbe dovuto portare tale giudicead una differente valutazione della gravità dell'infrazione, per il fatto che un'adesione ad un'intesa risultante da un comportamento sarebbe meno grave di un'adesione formale ad un accordo o ad una pratica concordata.

573.

Infatti, risulta dal punto 53 della motivazione della decisione PVC II che la Commissione, per valutare la gravità della violazione contestata a ciascuna impresa, non ha operato alcuna distinzione tra adesioni formali e adesioni risultanti da comportamenti concreti. Al medesimo punto della detta motivazione, la Commissione dichiara, da un lato, di aver tenuto conto, in particolare, del grado di partecipazione di ciascuna impresa agli accordi collusivi e del ruolo svolto in tale ambito da ciascuna di esse e, dall'altro, di non aver qualificato alcuna impresa come «capofila» ai fini dell'attribuzione della maggior parte di responsabilità. Orbene, quanto all'Enichem, si è già constatato, al punto 519 della presente sentenza, che tanto la Commissione quanto il Tribunale hanno effettivamente tenuto conto, nel valutare la sanzione, del fatto che la partecipazione della detta impresa alle riunioni era stata più o meno regolare.

574.

Da quanto sopra consegue che il motivo - inoperante - testé esaminato deve essere respinto.

5. Quanto al motivo dedotto dalla Waker-Chemie e dalla Hoechst relativo alla violazione degli artt. 85, n. 1, del Trattato CE e 15, n. 2, del regolamento n. 17

575.

La Wacker-Chemie e la Hoechst sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE. Esse deducono altresì una violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

576.

In primo luogo, esse contestano le motivazioni contenute ai punti 609-612 della sentenza impugnata, riguardanti la partecipazione dei produttori tedeschi di PVC ad un'intesa in materia di quote. In proposito le dette ricorrenti fanno rinvio ad altri tre motivi di impugnazione da esse dedotti riguardanti, rispettivamente, l'esame incompleto dei fatti, lo snaturamento degli elementi di prova, nonché la contraddittorietà e l'insufficienza della motivazione della sentenza impugnata per quanto riguarda la valutazione di alcune prove documentali.

577.

A questo proposito, è sufficiente constatare come la prima censura così sollevata nell'ambito del presente motivo si confonda con i tre motivi ai quali la ricorrente si limita a fare rinvio e che sono già stati respinti ai punti 392-405, 407-413 e 438-442 della presente sentenza.

578.

Pertanto, la detta censura, non avente rilievo autonomo, è priva di oggetto.

579.

In secondo luogo, la Wacker-Chemie e la Hoechst contestano la valutazione effettuata dal Tribunale, ai punti 662-673 della sentenza impugnata, in ordine ai documenti di programmazione rinvenuti dalla Commissione presso i locali dell'ICI nel novembre1983 (v. punto 539 della presente sentenza), documenti che esse qualificano come «nucleo centrale delle risultanze probatorie».

580.

Esse rilevano che, al punto 670 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che il tenore letterale dei detti documenti di programmazione, costituiti dalla lista di controllo e dalla risposta alle proposte (v. punto 539 della presente sentenza), non consentiva di ritenere - come invece aveva fatto la Commissione ai punti 7, ultimo comma, e 10, primo comma, della motivazione della decisione PVC II - che il secondo di tali documenti costituisse la risposta degli altri produttori di PVC alle proposte fatte dall'ICI, così come non permetteva di concludere che i detti documenti fossero solo la manifestazione di un parere di agenti dell'ICI (v. punto 548 della presente sentenza).

581.

Le ricorrenti censurano il Tribunale per avere nondimeno concluso, al punto 671 della sentenza impugnata, sulla base di un effettivo comportamento delle imprese asseritamente conforme ai documenti summenzionati, nel senso dell'esistenza delle corrispondenti misure previste.

582.

A questo proposito, occorre ricordare come, al punto 671 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia statuito, all'esito di una valutazione insindacabile, che i documenti di programmazione costituivano quanto meno la base sulla quale erano state condotte consultazioni e discussioni tra produttori ed avevano portato alla realizzazione effettiva, nel corso delle settimane successive, delle misure illecite previste (v. punto 564 della presente sentenza).

583.

Orbene, la statuizione di cui sopra non ha la portata che ad essa attribuiscono le ricorrenti. Essa non costituisce il fondamento necessario della constatazione dell'esistenza stessa delle misure concretizzanti l'intesa.

584.

La reale portata della detta statuizione viene precisata al punto 672 della sentenza impugnata, laddove il Tribunale assume dimostrata unicamente «l'esistenza di un legame» tra i documenti di programmazione ed alcune pratiche anticoncorrenziali successive già comprovate da altri documenti prodotti dalla Commissione.

585.

Pertanto, la censura sollevata contro il punto 671 della sentenza impugnata non è fondata.

586.

Infine, la Wacker-Chemie e la Hoechst fanno valere che, in ogni caso, la conclusione cui è giunto il Tribunale è priva di fondamento, in quanto, a loro avviso, non è stato dimostrato che esse abbiano partecipato al sistema di quote che sarebbe stato uno degli elementi costitutivi dell'intesa contestata.

587.

A questo proposito, è sufficiente constatare come, mediante tale censura, le ricorrenti intendano nuovamente rimettere in discussione, in via di semplice affermazione, una valutazione dei fatti compiuta dal Tribunale, la quale, salvo il caso di snaturamentodegli elementi di prova, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (v. punto 285 della presente sentenza). Orbene, il motivo dedotto dalla Wacker-Chemie e dalla Hoechst riguardante un presunto snaturamento degli elementi di prova relativi alla loro partecipazione al sistema di quote è già stato preso in esame e respinto ai punti 407-413 della presente sentenza.

588.

Da quanto sopra consegue che il motivo qui esaminato deve essere integralmente respinto.

6. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo alla violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, a motivo di un errore del Tribunale quanto al rapporto esistente tra il fatturato dell'esercizio precedente la decisione PVC II e l'importo dell'ammenda

589.

L'Enichem lamenta che il Tribunale, ai punti 1146-1148 della sentenza impugnata, avrebbe commesso un errore di diritto nel valutare il rapporto esistente tra il fatturato dell'esercizio precedente la decisione della Commissione - fatturato al quale rinvia l'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 - e l'importo dell'ammenda.

590.

Il Tribunale avrebbe erroneamente respinto la censura della ricorrente secondo cui la Commissione, nella decisione PVC II, avrebbe inflitto un'ammenda di importo identico a quello dell'ammenda fissata nella decisione PVC I, senza tenere conto del fatto che, in tali condizioni, il rapporto tra il fatturato considerato e l'ammenda inflitta con la decisione PVC II era necessariamente diverso dal rapporto tra il fatturato considerato e l'ammenda inflitta con la decisione PVC I.

591.

Ad avviso della ricorrente, la decisione PVC II, infliggendo la stessa ammenda malgrado fossero trascorsi sei anni dalla decisione PVC I, ha stravolto la necessaria proporzione tra la dimensione dell'impresa e l'ammenda. In tal modo, la Commissione avrebbe violato l'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, a prescindere dal mancato superamento del tetto massimo del 10% del fatturato rilevante in ciascuno dei due casi.

592.

A questo proposito, occorre constatare come il Tribunale abbia giustamente ricordato, al punto 1146 della sentenza impugnata, che il fatturato indicato all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 determina l'importo massimo dell'ammenda che può essere inflitta ad un'impresa.

593.

Tale tetto massimo, corrispondente al «10 per cento del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente», si riferisce all'esercizio sociale che precede la data della decisione della Commissione (sentenza Sarrió/Commissione, cit., punto 85).

594.

La censura della ricorrente attiene ad un presunto vizio di omessa presa in considerazione dell'evoluzione del suo fatturato tra l'esercizio sociale 1987, che ha preceduto la decisione PVC I, e l'esercizio sociale 1993, che ha preceduto la decisione PVC II.

595.

La detta censura si fonda su due premesse. In primo luogo, il fatturato realizzato nel corso dell'esercizio sociale precedente la data di ciascuna delle due decisioni avrebbe influito sull'ammenda inflitta. In secondo luogo, in caso di annullamento di una decisione seguito dall'adozione di una nuova decisione, la Commissione sarebbe vincolata dall'entità della sanzione inflitta con la prima decisione, nel senso che sarebbe giuridicamente obbligata a fissare l'importo dell'ammenda inflitta con la seconda decisione ad un livello corrispondente ad una proporzione matematica uguale per ciascuno dei due fatturati considerati.

596.

Orbene, senza che occorra esaminare la fondatezza della seconda premessa, è sufficiente constatare come, da un lato, l'Enichem non abbia tentato di dimostrare che la prima premessa è esatta e, dall'altro, che il fascicolo non contiene alcun elemento atto a indicare che la Commissione ha preso in considerazione il fatturato realizzato nel corso dell'esercizio sociale precedente la data della decisione per fini diversi da quello della determinazione dell'importo massimo dell'ammenda da irrogare.

597.

Alla luce di tali fatti, il Tribunale ha correttamente statuito, al punto 1147 della sentenza impugnata, che un mutamento del rapporto, da un lato, tra l'ammenda inflitta con la decisione PVC I e il fatturato realizzato nel 1987 e, dall'altro, tra l'ammenda di uguale importo irrogata con la decisione PVC II ed il fatturato realizzato nel 1993 non determinava di per sé una violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Il Tribunale ha poi giustamente affermato che tale violazione si sarebbe verificata soltanto nel caso in cui l'ammenda inflitta con la decisione PVC II avesse superato l'importo massimo fissato dalla detta disposizione. Orbene, il giudice di primo grado ha constatato che l'ammenda in questione era sostanzialmente inferiore alla detta percentuale massima.

598.

Ne consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

7. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo alla violazione del principio di proporzionalità nella fissazione dell'importo dell'ammenda

599.

L'Enichem si duole che il Tribunale, ai punti 1218-1224 della sentenza impugnata, abbia respinto il motivo da essa dedotto relativo alla violazione, da parte della Commissione, del principio di proporzionalità nella fissazione dell'importo dell'ammenda.

600.

L'Enichem ricorda che l'ammenda inflitta con la decisione PVC II è uguale a quella inflitta con la decisione PVC I. Orbene, il valore reale di tale ammenda, valutata con riferimento alla data di ciascuna delle due decisioni, sarebbe molto diverso, sicché l'ammenda inflitta dalla decisione PVC II sarebbe ingiustamente penalizzante. Infatti, gli ECU 2 500 000 corrisponderebbero, al tasso di conversione del 1988, a ITL 3 842 000 000, mentre, al tasso di conversione del 1994, sarebbero pari a ITL 4 835 000 000. In termini reali, ciò si tradurrebbe in un aumento dell'ammenda del20%, mentre gli elementi sulla cui base quest'ultima è stata calcolata, in particolare la gravità e la durata dell'infrazione, sarebbero rimasti gli stessi.

601.

Al fine di rispettare il principio di proporzionalità, la Commissione - a parere dell'Enichem - avrebbe potuto benissimo adottare un metodo che consentisse di mantenere inalterato il valore dell'ammenda inflitta originariamente. La Commissione avrebbe quindi potuto autorizzare un pagamento al tasso di conversione del 1988 ovvero calcolare l'importo dell'ammenda in ECU al giorno della decisione PVC II, ma sulla base del valore di tale ammenda in moneta nazionale al tasso di conversione del 1988.

602.

Il Tribunale avrebbe a torto ritenuto che i rischi di modifica dei tassi di cambio fossero inevitabili. La fluttuazione dei tassi di cambio rappresenterebbe un'alea tipica degli scambi commerciali, ma estranea all'applicazione del diritto. Nel caso di specie, l'impresa sarebbe stata penalizzata in due modi, prima a motivo dell'ammenda, quindi per effetto del metodo finanziario utilizzato.

603.

A questo proposito, occorre constatare che la censura dell'Enichem si fonda sulla premessa secondo cui, in punto di diritto, nel caso di annullamento di una decisione seguito dall'adozione di una nuova decisione, il controvalore in moneta nazionale delle ammende fissate dalle due decisioni successive deve rimanere identico. Formulata in altri termini, tale premessa implica che la Commissione sarebbe giuridicamente obbligata a mantenere invariato, in valore assoluto, l'importo dell'ammenda fissato nella sua prima decisione.

604.

Tuttavia, senza che occorra esaminare la fondatezza della detta premessa, è sufficiente constatare come il Tribunale, affermando al punto 1222 della sentenza impugnata che i rischi di modifiche dei tassi di cambio rimangono inevitabili, non abbia fatto altro che sottolineare, giustamente, che le fluttuazioni monetarie costituiscono un'alea che può generare vantaggi oppure svantaggi, alla quale le imprese che realizzano una quota delle loro vendite sui mercati d'esportazione devono abitualmente far fronte nell'ambito delle loro attività commerciali e la cui esistenza, in quanto tale, non è idonea a rendere inadeguato l'importo di un'ammenda legittimamente fissato (sentenze 16 novembre 2000, causa C-282/98 P, Enso Española/Commissione, Racc. pag. I-9817, punto 59, e Sarrió/Commissione, cit., punto 89).

605.

Una tale alea può ugualmente presentarsi sia nell'ipotesi in cui la Commissione abbia adottato un metodo di calcolo delle ammende che le abbia consentito di valutare le dimensioni e la potenza economica di ogni impresa nonché l'entità dell'infrazione commessa in rapporto alla realtà economica come si presentava all'epoca in cui quest'ultima è stata commessa (sentenze Enso Española/Commissione, cit., punto 58, e Sarrió/Commissione, cit., punto 86), epoca che può essere anteriore di svariati anni rispetto alla data della decisione che infligge le sanzioni, sia nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, siano trascorsi diversi anni tra una prima decisione ed una secondadecisione che, dopo l'annullamento della prima, infligge un'ammenda di importo identico espresso in ECU.

606.

Ad ogni modo, l'importo massimo dell'ammenda determinato, ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, in base al fatturato realizzato nel corso dell'esercizio sociale precedente l'adozione della decisione costituisce un limite alle eventuali conseguenze pregiudizievoli delle fluttuazioni monetarie (sentenze Enso Española/Commissione, cit., punto 59, e Sarrió/Commissione, cit., punto 89).

607.

Orbene, nella fattispecie, il Tribunale ha sottolineato, al punto 1223 della sentenza impugnata, che l'ammenda inflitta dalla decisione PVC II, anche se espressa in moneta nazionale, rimane sostanzialmente inferiore al detto importo massimo.

608.

Ne consegue che il motivo qui esaminato va respinto.

8. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo al carattere sproporzionato e iniquo dell'ammenda rispetto alla gravità e alla durata dell'infrazione

609.

La Montedison si duole che il Tribunale, ai punti 1216 e 1224 della sentenza impugnata, abbia respinto il motivo da essa dedotto relativo al carattere sproporzionato e iniquo dell'ammenda. A questo proposito, il Tribunale avrebbe erroneamente statuito che la Montedison non aveva in alcun modo dimostrato che l'ammenda fosse sproporzionata.

610.

La Montedison contesta l'onere probatorio così addossatole, mentre, nel corso dell'intero procedimento, essa avrebbe sostenuto che poteva esserle imputata solo una partecipazione ad alcune riunioni, durante un periodo compreso tra uno e tre anni.

611.

In proposito, occorre osservare che la valutazione del carattere proporzionato dell'ammenda inflitta rispetto alla gravità ed alla durata dell'infrazione - criteri questi contemplati dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 - rientra nel potere di controllo giurisdizionale anche di merito conferito al Tribunale dall'art. 17 del medesimo regolamento.

612.

Affermando, al punto 1216 della sentenza impugnata, che la Montedison non aveva in alcun modo dimostrato per quale motivo l'ammenda inflitta sarebbe stata sproporzionata rispetto alla gravità ed alla durata dell'infrazione, il Tribunale non ha propriamente addossato alla ricorrente un onere probatorio.

613.

Mediante la detta formulazione negativa, il Tribunale non ha fatto altro che esprimere la conclusione cui era giunto nell'esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, al termine della sua valutazione della gravità e della durata dei fatti accertati ed alla luce degli argomenti della Montedison volti a contestare o a ridimensionare queste ultime, argomenti che il detto giudice aveva in precedenza respinto.

614.

Orbene, non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell'ambito di un ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell'esercizio della sua competenza anche di merito, sull'ammontare delle ammende inflitte ad imprese in seguito alla violazione, da parte di queste ultime, del diritto comunitario (sentenza Sarrió/Commissione, cit., punto 96).

615.

Ne consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

9. Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo alla violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda l'ammontare dell'ammenda

616.

La Montedison censura il Tribunale per una presunta violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda l'ammontare dell'ammenda. Essa ritiene che il Tribunale l'abbia trattata allo stesso modo delle altre ricorrenti, le quali avevano continuato ad operare nel settore in questione per tutto il periodo considerato e sembravano aver preso parte attivamente ai comportamenti qualificati come «intesa». La discriminazione sarebbe ancora più evidente alla luce delle riduzioni sostanziali accordate dal Tribunale a tre ricorrenti.

617.

A questo proposito, occorre ricordare che, anche se la Corte, nell'ambito di un giudizio di impugnazione, non può sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell'esercizio della sua competenza anche di merito, sull'ammontare delle ammende (v. punto 614 della presente sentenza), nondimeno, l'esercizio di siffatta competenza non può comportare, in sede di determinazione dell'importo delle dette ammende, una discriminazione tra le imprese che hanno preso parte ad un accordo o ad una pratica concordata in contrasto con l'art. 85, n. 1, del Trattato CE (sentenza Sarrió/Commissione, cit., punto 97).

618.

Tuttavia, si deve ricordare che il ricorso avverso una sentenza del Tribunale deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l'annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda, a pena di irricevibilità del ricorso stesso o del motivo di gravame di cui trattasi (v. punto 497 della presente sentenza).

619.

Orbene, è giocoforza constatare che la Montedison formula la propria censura circa una presunta discriminazione in termini generici.

620.

Essa non indica i punti della sentenza impugnata che intende contestare. Inoltre, per quanto riguarda le altre imprese che avrebbero svolto un ruolo più attivo del suo e che essa non nomina espressamente, la Montedison non precisa le particolarità delle loro rispettive situazioni, l'oggettiva comparazione delle quali con la propria dimostrerebbe l'esistenza dell'asserita discriminazione.

621.

Di conseguenza, il presente motivo non può che essere respinto.

10. Quanto al motivo dedotto dall'Enichem relativo all'erronea interpretazione e applicazione del diritto comunitario e all'insufficiente valutazione delle prove per quanto riguarda il rapporto tra l'ammenda inflitta alla ricorrente e la sua quota di mercato

Argomenti della ricorrente

622.

L'Enichem fa valere di aver sostenuto dinanzi al Tribunale che, nel determinare l'importo dell'ammenda, la Commissione aveva commesso un errore per quanto riguardava la sua quota di mercato, stimandola in media al 6% per il periodo dal 1980 al 1982 e al 15% per gli anni 1983 e 1984. L'Enichem sottolinea di aver dichiarato, in tutte le fasi del procedimento, una quota media inferiore al 4% per il primo periodo, nonché una quota del 12,8% per il 1983 e del 12,3% per il 1984.

623.

La ricorrente si duole che il Tribunale, ai punti 615 e 616 della sentenza impugnata, abbia statuito che i dati da essa dedotti non erano attendibili, per il fatto che essa non aveva precisato le basi sulle quali aveva stabilito la propria quota di mercato per il 1984 ed aveva diluito tale quota rapportando le proprie vendite non alle vendite dei produttori europei, bensì al consumo europeo, per forza di cose più elevato, poiché comprendente anche le importazioni.

624.

Ad avviso dell'Enichem, le affermazioni del Tribunale non sono esatte e mostrano come non siano stati presi in considerazione gli elementi da essa addotti.

625.

Quanto all'accusa relativa alla diluizione della quota di mercato, la ricorrente fa valere che, con tutta evidenza, il mercato di un prodotto non si definisce a partire dalle vendite dei produttori che la Commissione considera quali partecipanti ad un'infrazione, bensì sulla base dell'insieme delle vendite sul mercato geografico di riferimento, il quale comprende pure le importazioni.

626.

L'Enichem si duole inoltre che il Tribunale abbia dichiarato, ai punti 1201-1204 della sentenza impugnata, che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Commissione le aveva attribuito una quota di mercato inferiore al 10%, e non pari al 15%, per il periodo 1980-1984.

627.

La ricorrente sottolinea che la media del 10% - o, più esattamente, del 9,6% - è stata ottenuta partendo dalle cifre del 6% e del 15% assunte come valide dalla Commissione, rispettivamente, per gli anni 1980-1982 e 1983-1984, cifre delle quali la ricorrente ha sempre rifiutato l'attribuzione. L'Enichem sostiene che, sulla base reale della sua quota media di mercato nei quattro anni considerati, pari a circa 7,2%, ed anche applicando la circostanza aggravante della durata, ossia il 110% di tale quota di mercato, l'ammenda inflittale avrebbe dovuto essere inferiore a ECU 2 000 000, anziché pari agli ECU 2 500 000 cui essa è stata condannata. L'Enichem aggiunge che il Tribunale non poteva affermare, senza commettere uno snaturamento dei fatti, che essa non aveva contestato con decisione l'attribuzione di una quota media di mercatodel 10% circa, quando invece, all'udienza, essa aveva espressamente preso posizione su tale punto, ricordando in che misura i dati presi in considerazione dalla Commissione la lasciassero perplessa.

628.

In definitiva, la ricorrente sollecita l'annullamento della sentenza impugnata per il fatto che il Tribunale ha respinto, perché inattendibili, i dati da essa forniti relativi alle sue quote di mercato ed ha ritenuto non contestati i dati presentati dalla Commissione.

Giudizio della Corte

629.

Il motivo di cui sopra mira in sostanza a rimettere in discussione una valutazione degli elementi di prova effettuata dal Tribunale. Pertanto, esso esula dai poteri della Corte nell'ambito di un giudizio di impugnazione, salvo in caso di snaturamento dei detti elementi di prova (v. punto 285 della presente sentenza), snaturamento che la ricorrente deduce in via incidentale.

630.

Al punto 616 della sentenza impugnata, oggetto della prima censura dell'Enichem, il Tribunale ha effettivamente respinto i dati forniti da tale impresa relativamente alla propria quota di mercato, in quanto non potevano in alcun modo essere considerati attendibili.

631.

La valutazione di tali dati si ricollegava all'esame condotto dal Tribunale, ai punti 584-617 della sentenza impugnata, in ordine all'esistenza di un sistema di quote ed era correlato con l'analisi della tabella Atochem, già menzionata al punto 398 della presente sentenza.

632.

L'esame era inteso in particolare a verificare, ai punti 614 e seguenti della sentenza impugnata, se le quote di mercato, per l'anno 1984, delle imprese in questione corrispondessero alle quote obiettivo indicate nella tabella Atochem.

633.

Per quanto riguarda l'Enichem, il Tribunale, al punto 615 della sentenza impugnata, ha motivato nei seguenti termini la conclusione cui esso è poi giunto in merito alla mancanza di attendibilità dei dati forniti da tale impresa:

«L'Enichem sostiene che la sua quota di vendite è aumentata al 12,3% nel 1984, dato nettamente inferiore a quello indicato nella tabella Atochem. Tale obiezione non può essere accolta. Questa ricorrente è stata invitata a precisare le basi sulle quali aveva stabilito la sua quota di mercato per il 1984, ma non è stata in grado di fornire nessuna spiegazione sugli elementi da essa presi in considerazione. Inoltre, il Tribunale rileva che, nei suoi allegati all'atto introduttivo (volume III, allegato 2), la ricorrente ha prodotto una tabella nella quale venivano ricapitolate le vendite dell'Enichem, anno per anno, per il periodo dal 1979 al 1986, da cui si capisce che le quote di mercato sono state calcolate, per ciascuno di questi anni, in modo identico. Orbene, per gli anni 1979-1982, la ricorrente, su richiesta del Tribunale nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha tentato di spiegare come essa aveva calcolato lasua parte di mercato. Ne emerge che la ricorrente si è limitata, da un lato, a dichiarare i suoi dati relativi alle vendite per ognuno di questi anni, senza alcun elemento tale da corroborare tale affermazione. Dall'altro, tali dati sulle vendite sono stati rapportati non a quelli delle vendite dei produttori europei in Europa occidentale, bensì ai dati relativi al consumo europeo, per forza di cose più elevato poiché include anche le importazioni. In questo modo, la quota di mercato dichiarata dalla ricorrente ne risulta sostanzialmente ridotta».

634.

Risulta chiaramente da tale motivazione che il Tribunale ha esaminato in maniera approfondita le informazioni fornite dall'Enichem stessa ed ha chiesto a quest'ultima chiarimenti dettagliati; tuttavia, risulta anche che il detto giudice non ha ottenuto tali chiarimenti, oppure li ha ottenuti, ma non accompagnati da alcun elemento atto a sostenerli.

635.

Dalla stessa motivazione risulta che, contrariamente a quanto affermato dall'Enichem nel suo ricorso di impugnazione, il Tribunale ha giustamente criticato il fatto che i dati relativi alle vendite fatti valere dalla detta impresa erano stati rapportati non a quelli riguardanti le vendite dei produttori europei nell'Europa occidentale, bensì ai dati relativi al consumo europeo, che includevano le importazioni. Infatti, come precisato al punto 614 della sentenza impugnata, l'esame effettuato dal Tribunale mirava a verificare la concordanza tra le quote obiettivo indicate nella tabella Enichem e le rispettive quote di mercato di «ognuno dei produttori», vale a dire le quote del mercato oggetto del sistema di quote e, dunque, dell'intesa.

636.

Date tali circostanze, il Tribunale non ha commesso alcuno snaturamento degli elementi di prova prodotti in atti allorché ha concluso nel senso dell'inattendibilità dei dati controversi e ne ha escluso l'utilizzabilità.

637.

Quanto alla seconda censura della ricorrente, intesa a far dichiarare che il Tribunale non poteva ritenere incontestati i dati forniti dalla Commissione, occorre osservare, anzitutto, come la sentenza impugnata abbia riepilogato chiaramente le contestazioni dell'Enichem:

«1189 Infine, l'Enichem osserva che la Commissione le avrebbe attribuito una quota media di mercato del 15%, sul periodo 1980-1984, sensibilmente più elevata di quella effettiva, e persino più elevata della quota di mercato da essa detenuta nel 1984 (12,3%).

(...)

1199 Quanto all'Enichem, essa sostiene che la sua quota media di mercato corrispondeva al 2,7% nel 1980 e nel 1981, al 5,5% nel 1982, al 12,8% nel 1983 e al 12,3% nel 1984, di modo che la sua quota media di mercato per il periodo complessivo ammonterebbe a poco più del 7%».

638.

Occorre rilevare poi che il Tribunale ha respinto tali contestazioni sulla scorta della seguente motivazione:

«1200 Tuttavia, in primo luogo, come già statuito (v. supra, punto 615), le cifre prodotte dalla ricorrente non sono sufficientemente certe.

1201 In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione non le ha attribuito una quota media di mercato del 15% per il periodo 1980-1984. Nella tabella prodotta dalla Commissione viene infatti espressamente dichiarato che tale quota di mercato si riferisce all'anno 1984. Inoltre, una nota a pie' di pagina indica che detta quota è il risultato dell'acquisizione, nel marzo 1983, delle attività della Montedison nel settore del PVC, il che incontestabilmente aveva aumentato in misura sostanziale la quota di mercato della ricorrente. Difatti, se la Commissione avesse considerato una quota media di mercato pari al 15% sul periodo complessivo, l'ammenda inflitta alla ricorrente avrebbe dovuto essere superiore a quelle comminate alla Elf Atochem e alla Solvay, le quali si trovavano in una situazione identica a quella della ricorrente con riguardo tanto alla durata quanto alla parte avuta nell'infrazione, ma le cui quote di mercato così come valutate dalla Commissione erano inferiori al 15%. Orbene, è chiaro invece che l'ammenda inflitta all'Enichem era sostanzialmente inferiore a quella delle due suddette imprese.

1202 In terzo luogo, la quota di mercato, pari al 12%, indicata nelle particolarità individuali allegate alla comunicazione degli addebiti non è in contraddizione con la quota indicata nella tabella esibita dalla Commissione; infatti, la prima riguarda complessivamente l'anno 1983, mentre la seconda concerne solo la quota di mercato dopo l'acquisizione delle attività della Montedison nel settore del PVC.

1203 Infine, sembra che la ricorrente sia stata condannata ad un'ammenda corrispondente al 10,6% dell'ammenda complessiva. Pertanto, tenuto conto delle modalità di calcolo accolte dalla Commissione, sembra che la ricorrente si sia vista attribuire una quota media di mercato nell'Europa occidentale inferiore al 10%.

1204 Non essendovi contestazioni risolute da parte della ricorrente, non vi è motivo di ridurre l'ammenda che le è stata comminata».

639.

Risulta pertanto evidente che il Tribunale, facendo riferimento all'assenza di «contestazioni risolute da parte della ricorrente» per motivare il rigetto della domanda di riduzione dell'ammenda, non ha in alcun modo rilevato una mancata contestazione dei dati controversi. Esprimendosi nei suddetti termini, il Tribunale ha affermato di essere giunto alla conclusione che le contestazioni dell'Enichem, da esso effettivamente ricordate e successivamente sottoposte a disamina, non erano fondate.

640.

Pertanto, la seconda censura, così come formulata dalla ricorrente, deve essere respinta.

641.

Né la detta censura risulterebbe maggiormente fondata ove si supponesse possibile intenderla come diretta a sollevare anche una censura di snaturamento degli elementi di prova esaminati ai succitati punti 1200-1203 della sentenza impugnata.

642.

Quanto alla decisione del Tribunale di escludere, al punto 1200 della sentenza impugnata, mediante rinvio alla motivazione contenuta al punto 615 di quest'ultima, le cifre fornite dall'Enichem, si è già constatato che la corrispondente valutazione non era inficiata da un vizio di snaturamento (v. punto 636 della presente sentenza).

643.

Per giunta, il semplice tenore letterale della motivazione contenuta ai punti 1201-1203 della sentenza impugnata nonché gli elementi del fascicolo esaminati mostrano come non sia inficiata da un vizio di snaturamento neppure la valutazione del Tribunale - contestata nel ricorso di impugnazione - secondo cui la Commissione avrebbe assunto a fondamento, per il periodo 1980-1984, una quota di mercato inferiore al 10%, e non del 15%. Tale valutazione dimostra altresì come, contrariamente a quanto affermato dall'Enichem, se la Commissione avesse effettivamente preso a base una quota di mercato del 15%, l'ammenda inflitta alla ricorrente sarebbe stata non già inferiore ad ECU 2 000 000, bensì superiore a quelle irrogate alla Elf Atochem ed alla Solvay, sanzionate in forma più severa.

644.

Ne consegue che il motivo appena esaminato deve essere integralmente respinto.

11. Quanto al motivo dedotto dall'ICI relativo al mancato annullamento o alla mancata riduzione dell'ammenda da parte del Tribunale come conseguenza di una violazione del principio del termine ragionevole

645.

L'ICI si duole che il Tribunale abbia respinto le sue conclusioni dirette ad ottenere l'annullamento o la riduzione delle ammende a motivo della violazione del principio del termine ragionevole. Essa rileva che tale rigetto si basa sulla constatazione, da parte del Tribunale, che la durata del procedimento attivato dalla Commissione non era irragionevole. L'ICI sostiene che, se si ammette che tale durata era effettivamente irragionevole, il Tribunale ha commesso un errore anche laddove ha omesso di tener conto di tale circostanza nel valutare l'ammenda inflitta alla detta impresa. A prescindere da tale argomento, l'ICI sostiene che l'ammenda inflittale dovrebbe essere ridotta in maniera sostanziale a causa della durata eccessiva e irragionevole del procedimento considerato nel suo insieme.

646.

Il presente motivo va senz'altro respinto alla luce di quanto statuito al punto 235 della presente sentenza in ordine al motivo relativo alla violazione del principio del termine ragionevole.

VI - Quanto alle conseguenze degli annullamenti parziali della sentenza impugnata

647.

Ai sensi dell'art. 54, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, quando l'impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest'ultimo.

648.

Nel caso di specie, lo stato degli atti consente di decidere sui motivi dedotti dalla Montedison relativi, da un lato, alla violazione del suo diritto di accesso al fascicolo della Commissione e, dall'altro, al definitivo trasferimento al giudice comunitario del potere di infliggere sanzioni dopo la decisione della Commissione.

A - Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo alla violazione del suo diritto di accesso al fascicolo della Commissione

649.

La Montedison, nelle sue osservazioni depositate dinanzi al Tribunale il 28 luglio 1997, fa valere che essa, avendo avuto accesso al fascicolo della Commissione a seguito della misura di organizzazione del procedimento adottata dal Tribunale con lettera datata 7 maggio 1997, ha preso conoscenza di quattro documenti illustranti taluni aspetti del mercato italiano del PVC del tutto incompatibili con l'esistenza di un'intesa.

650.

Essa sostiene che, se avesse potuto disporre di tali documenti per preparare la propria difesa in vista dell'audizione delle imprese nel corso del procedimento amministrativo nonché, successivamente, nella prospettiva dei ricorsi diretti contro le decisioni PVC I e PVC II, avrebbe potuto farli valere per dimostrare l'infondatezza delle contestazioni.

651.

A questo proposito, risulta dai punti 369-377 della presente sentenza che il motivo di cui trattasi, pur non essendo stato dedotto nell'ambito del ricorso introduttivo di primo grado, è ricevibile ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, in quanto fondato su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

652.

Di conseguenza, si deve procedere all'esame oggettivo dei documenti controversi alla luce delle circostanze assunte dalla Commissione nella decisione PVC II, al fine di stabilire se i detti documenti contenessero elementi utili alla difesa della ricorrente (sentenza Hercules Chemicals/Commissione, cit., punti 75, 78, 80 e 81).

653.

La Montedison afferma che i documenti in questione si riferiscono a resoconti di riunioni preparatorie del comitato esecutivo della Solvay trasmessi alla consociata italiana di quest'ultima, la Solvic SpA.

654.

La Montedison non formula commenti espliciti in merito al primo di tali documenti, unito quale allegato 1 alle sue osservazioni del 28 luglio 1997.

655.

Tale documento, datato 6 marzo 1981, è intitolato «Visita del comitato esecutivo in data 13 marzo 1981». Esso è costituito dalla copia di un'unica pagina del resoconto in questione, sulla quale la ricorrente ha sottolineato la seguente frase, inserita in un paragrafo relativo ai prezzi in Italia: «La situazione generale è assai complicata ed in fase di evoluzione, ed in questo momento non è possibile alcuna seria previsione».

656.

Tramite tale documento, la Montedison mira a dimostrare che avrebbe potuto far valere l'esistenza, in Italia, di una situazione incompatibile con l'accusa di attuare iniziative in materia di prezzi.

657.

Tuttavia, la frase sottolineata esprime in termini generici l'esistenza di difficoltà, ma non confuta l'esistenza stessa di iniziative in materia di prezzi.

658.

Per di più, le tre frasi precedenti, che riferiscono anch'esse di difficoltà, fanno riferimento, per parte loro, a:

- un «prezzo tariffario (...) di 825-840 [ITL]/kg dal gennaio 1981»;

- una «situazione (...) malgrado tutto relativamente buona [a fine gennaio] in Italia», dove «si era ottenuto un prezzo medio di circa 760 [ITL]/kg»;

- alcune «decisioni di ottenere almeno per il 1° marzo il prezzo tariffario».

659.

Il secondo documento invocato dalla Montedison, unito quale allegato 2 alle sue osservazioni, reca la data del 22 marzo 1983 ed è intitolato «Visita del comitato esecutivo in data 28 e 29 marzo 1983».

660.

La Montedison sostiene che tale documento evidenzia una riduzione globale dei prezzi assai preoccupante sul mercato italiano nel 1982.

661.

Mediante il documento in questione, essa intende anche dimostrare che avrebbe potuto contestare l'accusa di attuare iniziative in materia di prezzi.

662.

Tuttavia, anche se il documento in questione fa certamente riferimento ad un «crollo brutale» nel corso dei primi quattro mesi dell'anno 1982, ad un nuovo «crollo» nei mesi di luglio e agosto del medesimo anno, nonché ad una «riduzione assai preoccupante» a partire dalla fine del gennaio 1983, d'altro canto esso fa menzione anche di:

- un «tentativo di rialzo tra il maggio ed il giugno [1982]»;

- un «rialzo considerevole a partire dal settembre [1982]», che è stato il risultato di una «politica più severa assunta da alcuni produttori (in particolare dalla Solvic) allo scopo di risollevare una situazione assai preoccupante» e che «ha dato risultati soddisfacenti».

663.

Inoltre, il medesimo documento contiene la seguente considerazione conclusiva: «Oggi noi siamo, ancora una volta, alla vigilia di un tentativo di rialzo dei prezzi».

664.

Appare chiaro, pertanto, che i due documenti datati 6 marzo 1981 e 22 marzo 1983 non hanno la portata attribuita loro dalla ricorrente e contengono anche elementi che avrebbero potuto suffragare le accuse della Commissione.

665.

Il documento unito quale allegato 4 alle osservazioni della Montedison reca la data dell'11 aprile 1983 ed è intitolato «Riunione politica preparatoria alle linee direttrici (...) Milano, 13 aprile 1983».

666.

La Montedison ritiene che tale documento confermi la prassi di una politica dei prezzi aggressiva da parte della società Enoxy (joint venture tra l'ENI e la Occidental Petroleum sino alla fine del 1982). Essa aggiunge che nel detto documento non viene fatta alcuna allusione particolare ai prezzi da essa praticati.

667.

Dalle sue osservazioni del 28 luglio 1997 risulta che la Montedison ritiene che il documento in questione avrebbe potuto anche suffragare le sue negazioni quanto all'attuazione di iniziative in materia di prezzi.

668.

Occorre constatare che il suddetto documento evidenzia effettivamente che la società Enoxy, tramite una «politica dei prezzi aggressiva, ha recuperato la posizione di Anic + Sir + Rumianca nel 1980».

669.

Nondimeno, alla base di tutte le allegazioni della Montedison che la riguardano, così come di quelle relative ai documenti precedentemente esaminati, si trova l'affermazione inespressa secondo cui l'attuazione di iniziative in materia di prezzi risultava contraddetta da un'accesa concorrenza esistente sul mercato italiano.

670.

Orbene, risulta dalla decisione PVC II che la Commissione, nella sua valutazione, ha tenuto conto della circostanza che diverse decisioni delle imprese perseguite erano state contrastate nei fatti da comportamenti concorrenziali di talune di esse e da un contesto generale di forte concorrenza.

671.

Infatti, la Commissione non ha sostenuto che i prezzi avevano subito un aumento costante durante il periodo dell'infrazione e neppure che i detti prezzi erano rimasti stabili durante tale periodo. Al contrario, le tabelle allegate alla decisione PVC II mostrano come i prezzi non abbiano mai cessato di fluttuare, raggiungendo il loro livello più basso nel primo trimestre del 1982.

672.

Ai punti 22 e 36-38 della motivazione della decisione PVC II, la Commissione ha:

- fatto riferimento ai comportamenti «aggressivi» di talune imprese;

- esplicitamente riconosciuto che le iniziative in materia di prezzi avevano avuto un successo ridotto e potevano persino considerarsi, in taluni casi, dei fallimenti;

- indicato alcune delle ragioni che spiegavano tali risultati.

673.

E' pertanto alla luce di tutte queste considerazioni che la Commissione ha determinato l'ammontare dell'ammenda inflitta alle ricorrenti.

674.

Soprattutto, per quanto riguarda i tre documenti suddetti, occorre rilevare, alla luce del punto 20, quarto comma, della motivazione della decisione PVC II, che la Montedison, al pari di altri produttori, non si è vista contestare l'attuazione delle iniziative in materia di prezzi, in quanto la Commissione non era riuscita ad ottenere dalla Montedison documenti relativi ai prezzi praticati. Per contro, dai punti 20, quinto comma, e 26, ultimo comma, della motivazione della detta decisione risulta che la Montedison è stata chiamata in causa unicamente per la sua partecipazione alle riunioni informali tra produttori nel corso delle quali veniva decisa la fissazione di prezzi obiettivo.

675.

Da quanto sopra consegue che la Montedison non può sostenere che i documenti datati 6 marzo 1981, 22 marzo 1983 e 11 aprile 1983 contenevano elementi utili alla sua difesa.

676.

Quanto al documento unito quale allegato 3 alle osservazioni della Montedison, esso porta la data del 23 marzo 1983 ed è intitolato «Visita del comitato esecutivo in data 28 e 29 marzo 1983».

677.

La ricorrente asserisce, in primo luogo, che tale documento sottolinea la tendenza dei consumatori italiani a rivolgersi, per i loro acquisti di PVC, a più di un fornitore, configurando così fenomeni di «turismo dei clienti».

678.

E' necessario interpretare l'argomentazione della ricorrente come riguardante la contestazione, da parte sua, dell'oggetto delle discussioni tenutesi nel corso delle riunioni periodiche delle imprese perseguite per le violazioni.

679.

Al punto 7, quinto comma, della motivazione della decisione PVC II, la Commissione ha stabilito, sulla base di uno dei documenti di programmazione, ossia la lista di controllo, che tali riunioni si prefiggevano di discutere questioni come quelle, in particolare, delle «misure intese ad assicurare il successo [delle iniziative in materia di prezzi], ivi comprese [le misure intese a dissuadere i clienti dal fare del turismo (ossia volte a scoraggiare gli acquirenti dal cambiare fornitore per rivolgersi a quello che offre il prezzo più basso)]». Al punto 39, terzo comma, della motivazione della detta decisione, la Commissione ha poi affermato che «[g]li accordi intesi a scoraggiare il cosiddetto turismo dei clienti - ad esempio un congelamento [della clientela]o il respingimento di richieste - erano chiaramente finalizzati ad impedire lo sviluppo di nuove relazioni commerciali».

680.

A questo proposito, la Montedison sottolinea un passaggio del documento del 23 marzo 1983, nel quale:

- si afferma che, «in diversi casi», clienti che avevano in precedenza la possibilità di scegliere tra svariati fornitori nazionali «difficilmente accetteranno di essere vincolati ad un solo fornitore»;

- si aggiunge che, «[i]nfatti, già a partire dalla fine del 1982, siamo stati contattati da clienti tradizionali MTE ed Enoxy che volevano conoscere la nostra disponibilità a rifornirli in modo regolare».

681.

Tuttavia, la prima osservazione esprime, nell'intenzione del suo autore, la volontà di conseguire il risultato che un dato cliente rimanga vincolato al proprio fornitore italiano tradizionale piuttosto che sollecitare anche altri fornitori. Quanto alla seconda osservazione, essa prospetta quale rischio nascente rispetto a tale obiettivo alcuni contatti presi in vista di possibili forniture. Orbene, in una normale situazione di concorrenza, siffatti contatti sarebbero a priori percepiti dall'impresa contattata come un'opportunità di accrescimento della propria quota di mercato, e non come un rischio.

682.

Pertanto, la segnalazione di difficoltà riscontrate o previste, esterne ai fornitori in questione, confermava, piuttosto che infirmarla, l'intenzione di premunirsi contro la messa in concorrenza dei detti fornitori da parte dei loro clienti.

683.

Pertanto, la Montedison non può sostenere che, in merito a tale punto, il documento invocato conteneva elementi utili alla sua difesa.

684.

La ricorrente sostiene, in secondo luogo, che il documento del 23 marzo 1983 contiene un'analisi della struttura commerciale del gruppo Montedison fondata più su stime che su elementi certi. Tale documento metterebbe dunque in evidenza il fatto che tra i produttori non si era verificato alcuno scambio di informazioni relativamente al mercato italiano.

685.

Tuttavia, è sufficiente constatare che:

- l'estratto prodotto, benché faccia riferimento ad una «tabella 6» per illustrare la ripartizione delle vendite tra i diversi produttori, non è accompagnato da una copia di tale tabella, sicché non è possibile verificare il carattere di stima dei dati su cui si basa l'analisi;

- la sola frase del documento citata dalla Montedison nelle sue osservazioni [«Riteniamo che alla vendita del PVC in Italia (...) fossero destinate 15 unità circa (...)»] non è idonea a corroborare le negazioni della detta ricorrentequanto a scambi di dati numerici specificamente riguardanti le vendite realizzate.

686.

Di conseguenza, la ricorrente non può sostenere, neppure in ordine a tale punto, che il documento del 23 marzo 1983 conteneva elementi utili alla sua difesa.

687.

Da quanto sopra consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

688.

Quindi, va respinto anche il ricorso della Montedison in quanto fondato su tale motivo.

B - Quanto al motivo dedotto dalla Montedison relativo al definitivo trasferimento al giudice comunitario del potere di infliggere sanzioni dopo la decisione della Commissione

689.

Nel suo ricorso, la Montedison fa valere in sostanza che, per effetto degli artt. 172 del Trattato CE e 17 del regolamento n. 17, letti in connessione all'art. 87, n. 2, lett. d), del Trattato CE, i quali attribuiscono al giudice comunitario una competenza giurisdizionale anche di merito in ordine agli atti della Commissione che infliggono ammende in materia di concorrenza, la Commissione è irrimediabilmente privata del potere di infliggere tali ammende qualora una sua decisione sia oggetto di un ricorso giurisdizionale.

690.

La Commissione avrebbe il preciso obbligo di chiedere in via subordinata al giudice comunitario di esercitare la propria giurisdizione piena e di statuire nel merito, nell'ipotesi in cui vengano accolte le censure del ricorrente fondate sulla violazione, da parte della Commissione, di forme prescritte ad substantiam. Ove la Commissione omettesse di fare ciò, le sarebbe proibito, dopo la pronuncia della sentenza che annulla la sua decisione, di adottare una nuova sanzione per i medesimi fatti.

691.

La ricorrente contesta che la Commissione possa, nel corso del procedimento pendente dinanzi al Tribunale o dopo la pronuncia di una sentenza, reiterare la propria decisione, eventualmente all'infinito in caso di ulteriori ricorsi. A sostegno di tale interpretazione, essa invoca la sentenza 3 marzo 1982, causa 14/81, Alpha Steel/Commissione (Racc. pag. 749).

692.

A questo proposito, è sufficiente ricordare che le disposizioni invocate dalla Montedison riguardano soltanto l'intensità del controllo esercitato dal giudice comunitario sulle decisioni della Commissione in materia di concorrenza. Al di là del semplice controllo di legittimità, che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento o di annullare l'atto impugnato, la competenza giurisdizionale anche di merito di cui il giudice comunitario dispone lo legittima a riformare l'atto censurato, anche in assenza di annullamento, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, al fine di modificare, ad esempio, l'importo dell'ammenda inflitta.

693.

Tuttavia, la semplice presentazione di un ricorso in sede giurisdizionale non comporta un trasferimento definitivo, al giudice comunitario, del potere di infliggere sanzioni. La Commissione viene definitivamente privata del suo potere una volta che il giudice ha effettivamente esercitato la propria competenza giurisdizionale anche di merito. Per contro, quando il giudice si limita ad annullare una decisione a motivo di un'illegittimità, senza statuire direttamente sull'effettiva sussistenza della violazione e sulla sanzione, l'istituzione da cui promana l'atto annullato può riprendere il procedimento dal punto in cui si è verificata l'illegittimità accertata ed esercitare nuovamente il proprio potere sanzionatorio.

694.

Aderire alla tesi della Montedison sarebbe contrario alla struttura ed alla finalità del controllo di legittimità. Posto che il giudice comunitario non è evidentemente competente a sostituirsi alla Commissione ai fini della prosecuzione di un procedimento amministrativo annullato in tutto o in parte, l'eliminazione dell'illegittimità constatata sarebbe priva di qualsiasi effetto ove non sussistesse il potere sanzionatorio della Commissione a conclusione del procedimento da quest'ultima regolarizzato.

695.

Nel caso di specie, la sentenza della Corte 15 giugno 1994 non ha dato luogo all'esercizio di competenze giurisdizionali anche di merito, bensì ad un semplice controllo di legittimità. La detta sentenza, pertanto, non ha privato la Commissione del suo potere di infliggere sanzioni.

696.

La citata sentenza Alpha Steel/Commissione, fatta valere dalla ricorrente, non è pertinente rispetto alla situazione del presente procedimento. Nella causa conclusasi con la detta sentenza, la Commissione, nel corso del procedimento giurisdizionale, aveva revocato la decisione impugnata, sostituendola con un'altra decisione. Ad ogni modo, tale sentenza ha confermato il diritto della Commissione di adottare una nuova decisione.

697.

Da quanto sopra consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.

698.

Quindi, va respinto anche il ricorso della Montedison in quanto fondato su tale motivo.

Sulle spese

699.

Ai sensi dell'art. 122, primo comma, del regolamento di procedura della Corte, quando l'impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte stessa, quest'ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del detto regolamento, applicabile al procedimento d'impugnazione ai sensi dell'art. 118 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, essendo rimaste soccombenti nei motivi da esse proposti, qualirisultanti dai loro ricorsi di impugnazione ovvero come interpretati dalla Corte, vanno condannate a sostenere le spese relative ai presenti procedimenti, conformemente alle conclusioni presentate dalla Commissione in tal senso. Quanto alle spese relative ai procedimenti di primo grado che hanno dato luogo alla sentenza impugnata, saranno ripartite secondo le modalità stabilite al punto 5 del dispositivo di quest'ultima.

Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) Le cause C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P sono riunite ai fini della sentenza.

2) La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, è parzialmente annullata, e precisamente nella parte in cui:

- ha respinto il motivo nuovo dedotto dalla Montedison SpA relativo alla violazione del suo diritto di accesso al fascicolo della Commissione;

- ha omesso di pronunciarsi sul motivo dedotto dalla Montedison SpA relativo al definitivo trasferimento al giudice comunitario del potere di infliggere sanzioni dopo la decisione della Commissione.

3) Le impugnazioni sono respinte per il resto.

4) Il ricorso della Montedison SpA, in quanto fondato, da un lato, sul motivo relativo alla violazione del suo diritto di accesso al fascicolo della Commissione e, dall'altro, sul motivo relativo al definitivo trasferimento al giudice comunitario del potere di infliggere sanzioni dopo la decisione della Commissione, è respinto.

5) Le ricorrenti sono condannate alle spese relative ai presenti procedimenti. Le spese relative ai procedimenti di primo grado che hanno dato luogo alla citata sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione saranno ripartite secondo le modalità stabilite al punto 5 del dispositivo di quest'ultima.

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 ottobre 2002.

Il cancelliere R. Grass

Il presidente  G.C. Rodríguez Iglesias