sentenza 2 luglio 2002

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Strasburgo) SENTENZA del 2 luglio 2002 (Ricorsi n. 30668/96, 30671/96 e 30678/96) CASO WILSON e NUJ (Sindacato NAZIONALE DEI GIORNALISTI) PALMER, WYETH e NURMTW (Sindacato NAZIONALE DEI LAVORATORI DEI TRASPORTI MARITTIMI E FERROVIARI) e DOOLAN ed altri . Violazione dell'articolo 11 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (diritto alla libertà di riunione e di associazione) in conseguenza dei benefici economici erogati dai datori di lavoro per indurre i lavoratori alla rinuncia del loro diritto alle rivendicazioni collettive per il tramite dei sindacati. A titolo di equa soddisfazione, la Corte liquida a ciascuna persona dei ricorrenti individuali 7.730(settemila settecentotrenta) (Euro) per danno morale e, ad ognuna delle organizzazioni sindacali ricorrenti, 76.500 (Euro) (settantaseimilacinquecento euro) per le spese legali dei procedimenti nazionali, e 45.750 (Euro) (quarantacinquemilasettecentocinquanta euro) per le spese legali del procedimento davanti alla Corte europea .

 
La sentenza così motiva
(traduzione non ufficiale a cura dell’avv. Lara Lunari)

SECONDA SEZIONE
WILSON e NUJ (Sindacato NAZIONALE DEI GIORNALISTI) PALMER, WYETH e NURMTW (Sindacato NAZIONALE DEI LAVORATORI DEI TRASPORTI MARITTIMI E FERROVIARI) e DOOLAN ed altri 
contro REGNO UNITO
(Ricorsi n. 30668/96, 30671/96 e 30678/96)
Sentenza
Strasburgo
2 luglio 2002
Sui Ricorsi n. 30668/96, 30671/96 e 30678/96
presentati da WILSON e National Union of Journalists – « NUJ » (Sindacato NAZIONALE DEI GIORNALISTI) PALMER, WYETH e National Union of Rail, Maritime and Transport Workers – « NURMTW » (Sindacato NAZIONALE DEI LAVORATORI DEI TRASPORTI MARITTIMI E FERROVIARI) e DOOLAN ed altri 
contro il REGNO UNITO

Nel caso Wilson, Sindacato Nazionale del Giornalisti ed altri contro Regno Unito
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Sezione Seconda) riunitasi in una Camera composta da :

J.-P. COSTA, Presidente
A.B. BAKA,
GAUKUR JÖRUNDSSON,
K. JUNGWIERT,
M. UGREKHELIDZE,
A. MULARONI, giudici,
Lord PHILLIPS OF WORTH MATRAVERS, giudice ad hoc 
e Sig.ra S. DOLLÉ, Cancelliere di Sezione

Avendo deliberato in camera di consiglio il 30 gennaio 2002 e l’11 giugno 2002 , rende la presente sentenza, adottata in quest’ultima data:

PROCEDURA 
1§ All'origine del caso vi sono tre ricorsi presentati contro il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (“Regno Unito”) alla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo (“la Commissione”) in virtù del vecchio articolo 25 della Convezione di Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Fondamentali Libertà (“la Convenzione”).
Il primo ricorso (n. 30668/96) é stato presentato il 7 settembre 1995 ed introdotto personalmente da un cittadino del Regno Unito che vive a Londra, Sig. D. Wilson congiuntamente al National Union of Journalists (Sindacato Nazionale dei Giornalisti) (l’“NUJ”), sindacato di lavoratori registrato a Londra.
Il secondo ricorso (n 30671/96) é stato presentato il 14 settembre 1995 ed introdotto da due cittadini britannici residenti nell’Hampshire, Sig. T.A. Palmer e il Sig. A.E. Wyeth, insieme al National Union of Rail Maritime and Transport Workers (Sindacato Nazionale dei Lavoratori dei Trasporti Ferroviari e Marittimi) (la “NURMTW”), sindacato di lavoratori registrato a Londra.
Il terzo ricorso (n. 30678/96) é stato presentato il 19 ottobre 1995 ed introdotto da otto cittadini britannici residenti a Cardiff: Sig. M.J. Doolan, Sig. J. Farrugia, Sig. C.S. Jenkins, Sig. B. Jones, Sig. A.L. Parry, Sig. D.F. Parry, Sig. D. Pine ed il Sig. K. Webber.

2§ Davanti alla Corte i ricorrenti del primo ricorso erano rappresentati dallo studio legale Thompsons, studio legale con sede in Londra. I ricorrenti del secondo e terzo ricorso erano rappresentati dallo studio legale Pattinson e Brewer, studio legale con sede in Londra. Il Governo del Regno Unito (il “Governo”) era rappresentato dal suo agente , Sig. H. Llewellyn, del Ministero degli Esteri e Commonwealth. 
3§ I ricorrenti asserivano che la legge del Regno Unito, permettendo al datore di lavoro di disconoscere i sindacati, non garantiva i loro diritti di proteggere i loro interessi attraverso l’essere membri del sindacato e non garantiva la libertà di espressione, contrariamente da quanto statuiscono gli artt. 11 e 10 della Convenzione. Inoltre, i ricorrenti individuali lamentavano che la legge del Regno Unito comportava una discriminazione tra i lavoratori e i membri del sindacato contraria all’articolo 14 della Convenzione combinato con gli art. 11 e 10.
4§ La Commissione riuniva i ricorsi il 26 febbraio 1997 e li dichiarava ricevibili il 16 settembre 1997. Erano trasmessi alla Corte il 1 novembre 1999 come previsto dall’art 5 § 3, secondo comma, del Protocollo n. 11 della Convenzione, non avendo la Commissione completato il loro esame per quella data.
5§ I ricorsi sono stati assegnati alla terza sezione della Corte (Art. 52 § 1 del Regolamento della Corte). All’interno di questa sezione, la Camera che avrebbe esaminato il ricorso (Articolo 27 § 1 della Convenzione) veniva costituita come stabilito dall’Art. 26 § 1 del Regolamento della Corte. Sir Nicolas Bratza, il giudice eletto per il Regno Unito, si asteneva dall’esame del caso (ex Articolo 28). Il Governo conseguentemente nominava per la seduta Lord Phillips of Worth Matravers quale giudice ad hoc (Art. 27 § 2 della Convenzione e Art. 29 § 1).
6§ I ricorrenti ed il Governo presentavano entrambi osservazioni sul merito (Art. 59 § 1). Inoltre, quali osservazioni di terzi venivano ricevute dal Congresso Sindacati e Libertà, al quale il Presidente aveva dato l’autorizzazione ad intervenire nella procedura scritta (Art. 36 § 2 della Convenzione e Art. 61 § 3).
7§ Il 1 novembre 2001 la Corte cambiava la composizione delle sue Sezioni (Art. 25 § 1).
Questo caso veniva assegnato alla appena composta Sezione Seconda (Art. 52 § 1).
8§ L’udienza aveva luogo in pubblico nel Palazzo dei Diritti Umani a Strasburgo il 30 gennaio 2002 (Art. 59 § 2).

Sono comparsi dinanzi alla Corte:
(a) Per il Governo
H. LLEWELLYN, Ministero degli Esteri e Commonwealth, Agente,
J. EADIE, Avvocato
J. COPPEL, Avvocato, Difensore,
R. BAKER, Dipartimento Commercio e Industria,
J. STARTUP, Dipartimento Commercio e Industria, Consigliere;

(b) Per i Ricorrenti
J. HENDY QC, Avvocato,
Lord WEDDERBURN OF CHARLTON QC FBA, Avvocato, 
J. EADY, Avvocato, Difensore ,
S. CAVALIER, Avvocato,
P. STATHAM, Avvocato,
J. FOSTER, (Sindacato Nazionale dei Giornalisti) National Union of Journalists, Consigliere
La Corte sentiva i discorsi del Sig.Hendy e del Sig. Eadie, e le loro risposte alle domande poste da Lord Phillips of Worth Matravers
IN FATTO
I LE CIRCOSTANZE DELLA FATTISPECIE
A - Primo e Secondo Ricorrente
9§ Il primo ricorrente (Sig. Wilson) era impiegato quale giornalista al Daily Mail by Associated Newspapers Limited. La succursale locale, o “Chapel” del secondo ricorrente (l’NUJ) era stata riconosciuta almeno dal 1912 con il fine della negoziazione collettiva e con riguardo a tutti gli aspetti sui termini e condizioni di impiego dei suoi membri.
10§ Il 10 novembre 1989, il primo ricorrente, insieme con gli altri impiegati, ricevette la seguente lettera dall’Editore del Daily Mail:
“Caro Dave, 
tu probabilmente sai che il contratto collettivo tra The Chapel ed la Direzione è in scadenza il 1 aprile 1990. La Società ha dato notizia che non intende negoziare un nuovo accordo con The Chapel e che, da questa data, il NUJ non verrà più riconosciuto come organo di negoziazione.
Invece, i salari verranno rivisti annualmente ogni 1 ottobre come già avviene per i redattori senior. I capi di dipartimento raccomanderanno a me ogni singolo membro del loro staff. Discuterò, di certo, di questo con i miei redattori nei dettagli e aggiungerò la mia personale valutazione, come faccio ora, per gli aumenti per merito. Effettuerò poi gli aumenti di salario.
E’ stato redatto un manuale che contiene i benefici e le condizioni che esistono in base al presente accordo. 
Ad ogni membro dello staff verrà dato un nuovo contratto che contiene queste condizioni insieme al manuale. Penso che sia utile far notare che il manuale include la procedura di reclamo.
Tutti i giornalisti che sottoscrivono i loro nuovi contratti prima del 1 gennaio 1990, riceveranno un incremento del 4,5% del proprio salario a partire dal 1 ottobre 1989. Come ho detto, la prossima revisione del salario avverrà il 1ottobre 1990.
Vorrei puntualizzare che, al contrario di quel che sta accadendo in altri giornali nazionali, il nostro nuovo accordo non comporta alcun licenziamento e neanche alcun cambio radicale in materia di produzione dei nostri giornali.
Penso che dovresti sapere che l’iniziativa di porre fine alla negoziazione collettiva è venuta dai redattori e non dalla direzione.
E’ il talento dei giornalisti quali individui che crea i nostri giornali. Reputiamo i giornalisti individui e vogliamo continuarli a trattare come tali per tutta la loro intera carriera qui, in modo che loro e i nostri giornali possano migliorare.
Il successo del Daily Mail è fondato su un team altamente qualificato e giornalisti ben pagati. Intendiamo sviluppare questo successo e con esso le carriere dei nostri giornalisti.
Cordialmente, ……”
11§ Il primo ricorrente rifiutava di sottoscrivere il nuovo contratto, perché obbiettava che questo proibiva l’attività sindacale durante le ore di lavoro ed eliminava il suo diritto di essere rappresentato dal sindacato ed i diritti del sindacato di negoziare con la Direzione e di esser consultato circa le modifiche dei termini e delle condizioni di impiego. Negli anni seguenti lo stipendio del Sig. Wilson è aumentato, ma non ha mai raggiunto lo stesso livello degli impiegati che avevano accettato il contratto individuale.
12§ Dal 1 aprile 1990 il datore di lavoro continuava a rispettare l’accordo con il NUJ solo per i problemi riguardanti la Salute e Sicurezza, ma non riconosceva più al sindacato nessuna altra funzione.
B - Gli altri ricorrenti 
13§ Il terzo ed il quarto ricorrente (Sig. Palmer e il Sig. Wyeth) erano impiegati del Associated British Ports (“ABP”) a Port of Southampton come operai. Erano membri del sindacato quinto ricorrente (NURMTW). Al sindacato era stato riconosciuto dal datore di lavoro ai sensi del contratto collettivo il potere di negoziazione collettiva.
14§ L’8 febbraio 1991 al terzo ed al quarto ricorrente, insieme agli altri operai fu spedita la seguente lettera:
“ Scrivo per avvertire che l’Associated British Ports ha deciso di offrirti un contratto individuale di lavoro con decorrenza 1 marzo 1991.
Probabilmente tu già sai che queste offerte di contratto individuale sono già state fatte ai dirigenti, supervisori, impiegati e allo staff tecnico e allo staff di alcuni operai a Southampton. Offrendo contratti individuali, la Società sta cercando di introdurre un sistema per il quale i meriti ed i contributi individuali del lavoratore possano essere riconosciuti e premiati.
Secondo il nuovo contratto di lavoro, il livello futuro degli incrementi di stipendio compreso quanto dovuto al 1 marzo 1991 e gli altri miglioramenti sulla condizione di servizio, saranno stabiliti dalla direzione. Gli stipendi saranno rapportati alle responsabilità individuali e stabiliti in relazione alle condizioni del mercato del lavoro e alla posizione finanziaria della Società.
Se scegli di accettare il nuovo contratto individuale il contratto collettivo del Sindacato , che oggi è parte del tuo contratto di lavoro, non sarà più applicabile per te. Le tue condizioni di lavoro, comunque, differiranno solo in via limitata rispetto a quelle attuali. Le modifiche più importanti sono che non avrai più il diritto di esser rappresentato dal sindacato, ed in futuro, il tuo salario non verrà più determinato dall’ attuale serie di stipendi negoziati, cioè dal Gruppo 1 al 4 e Vicecaposquadra (Chargehands) non saranno più applicati. Il sistema della pensione non verrà modificato che tu scelga o meno il contratto individuale; ugualmente, i pagamenti per le dimissioni volontarie e per i licenziamenti sono immutati ma il calcolo per il lavoro straordinario aumenterà del 100%.
Come parte del tuo contratto individuale la Società pagherà un aumento di salario a partire dal 1 marzo 1991, come riferito nell’allegata lettera personale, questo nuovo salario include la revisione del salario di marzo corrente.
Questo nuovo salario è stato determinato accrescendo l’attuale salario dopo averlo integrato con le seguenti voci che saranno eliminate secondo i termini del nuovo contratto individuale:
Indennità , per esempio altezza, attrezzi, indennità etc., 
Bonus ferie e pagamenti per mansioni di categoria superiore.
Queste voci si integrano nello stipendio personale che ti è offerto e quindi divengono parte della tua retribuzione pensionabile.
Il lavoro straordinario sarà proposto come e quando necessario. Non sarà un lavoro straordinario contrattuale. 
Secondo le nuove condizioni vi sarà un’unica annuale revisione il 1 aprile, la prima revisione sarà il 1 aprile 1992. I dipendenti con contratto individuale verranno pagati mensilmente con bonifico bancario (BACS).
Se accetti il contratto individuale, la Società, se lo vuoi, fornirà un’assicurazione medica pagandoti il premio alla Corporate Health Plan with Private Patients Plan (PPP). Il tuo coniuge ed i figli potranno essere inclusi nella polizza se sceglierai di pagare un premio addizionale. Ulteriori dettagli sono presenti con questa lettera….
La società ritiene che l’offerta formulata rappresenti un significante miglioramento dei tuoi termini e delle condizioni di lavoro. Spero quindi che tu accetterai questa offerta. Dovresti, comunque, chiaramente capire che sei libero di non accettarla….”
L’aumento offerto agli operai che accettavano il contratto individuale era del 10%.
15§ Il terzo ed il quarto ricorrente rifiutarono di firmare il contratto individuale. Il loro stipendio e le condizioni di lavoro per il 1991/92 venivano stabilite in base alle seguenti contrattazioni tra sindacato e datore di lavoro. Ricevevano un aumento e indennità del 8,9% e non veniva loro offerta un’assicurazione medica privata.
16§ Nel 1992 il datore dava la notizia che sarebbero scaduti tutti i contratti collettivi e disconosciuti tutti i poteri del sindacato.
17§ I restanti ricorrenti (Sig. Doolan e gli altri) erano tutti impiegati del ABP al Bute Ports di Cardiff e membri del sindacato quinto ricorrente, che era stato riconosciuto dal datore di lavoro per la negoziazione collettiva. Il 19 Aprile e il 19 Luglio 1991 ai dipendenti venivano inviate lettere che offrivano contratti individuali ed aumenti. In cambio il lavoratore doveva revocare al sindacato tutti i diritti di rappresentanza, ed accettare che gli aumenti annuali ed i termini e le condizioni non potevano essere più negoziati dal sindacato in suo favore.
18§ I ricorrenti rifiutavano di sottoscrivere il contratto individuale e, come risultato ottenevano un aumento annuale del solo 4% del loro salario-base. Gli impiegati che ricoprivano le stesse posizioni dei ricorrenti e che avevano accettato i contratti individuali ricevevano invece un aumento dall’ 8 al 9% circa più alto di quello dei ricorrenti.
19§ Nel 1992 il datore dava la notizia che sarebbero scaduti tutti i contratti collettivi e disconosciuti tutti i poteri del sindacato.

C - Procedimenti innanzi ai Tribunale e le Corti nazionali

20§ I ricorrenti individuali con distinti ricorsi adivano il Tribunale del Lavoro lamentando che il requisito di firmare il contratto individuale e di perdere i diritti sindacali , o accettare un aumento di salario minore, era contrario alla sezione 23 (1)(a) della Legge sulla Protezione del Lavoro (Testo Unico) del 1978 “la legge del 1978”; vedi paragrafo 27 seguente).
21§ Nei procedimenti presentati dal Sig. Wilson, Sig. Palmer e dal Sig.r Wyeth, il Tribunale del Lavoro sentenziava a favore dei ricorrenti. I datori di lavoro appellavano con successo dinanzi al Tribunale d’Appello del Lavoro, e i ricorrenti appellavano alla Corte d’Appello.
22§ La Corte d’Appello emetteva la sentenza il 30 aprile 1993 (sentenza Associated British Ports c. Palmer ed altri; Associated Newspapers c. Wilson [1994] I.C.R. 97). Nel caso Palmer dinanzi alla Corte d’Appello veniva accertato che, nella discriminazione contro i lavoratori che non avevano firmato i contratti individuali, il datore aveva adottato una “azione (simile al licenziamento)” contro di loro, rientrando nella violazione della sezione 23 della legge del 1978. La Corte considerava che il concetto di: “essere.....un membro di un sindacato indipendente” nella sezione 23 significava qualcosa in più del possedere una semplice tessera sindacale, ed includeva far uso dei servizi essenziali forniti dal sindacato, quale la rappresentanza collettiva. Nell’offrire un aumento salariale a coloro che rinunciavano al loro diritto di essere rappresentati dal sindacato, il datore di lavoro intendeva indurre i dipendenti ad abbandonare la negoziazione collettiva in modo da ottenere una maggiore flessibilità e porre fine alla necessità di consultare il sindacato. Negando l’aumento a coloro che non avrebbero rinunciato alla rappresentanza collettiva, il datore ha agito con l’intento di penalizzare i membri del sindacato, contrariamente alla sezione 23(1)(a) della legge del 1978.
Nel caso Wilson veniva accertato che la decisione del datore di disconoscere il sindacato dal 1 aprile 1990 non era contraria alla sezione 23, dal momento che il disconoscimento era rivolto al sindacato nel complesso e non era un azione contro ogni singolo impiegato. Il sindacato non ha azione legale contro il disconoscimento e la scadenza dell’accordo sulle condizioni di impiego che aveva negoziato; l’unica azione disponibile era la minaccia di agitazione sindacale. Lo scopo del datore di lavoro nell’offrire aumenti ai lavoratori che accettavano le nuove condizioni di impiego era quello di negare il potere del sindacato in vista di provocare la fine della negoziazione collettiva. Il fine di negare l’aumento al ricorrente che aveva rifiutato di abbandonare la negoziazione collettiva era quello di dissuaderlo dall’essere membro del sindacato.
23§ Gli impiegati si appellavano alla Camera dei Lords che, il 16 maggio 1995, decideva all’unanimità contro i ricorrenti ([1995] 2 A.C. 454). Tre dei cinque Law Lords sostenevano che la parola “azione” nella sezione 23 (1) non avrebbe dovuto essere considerata includente un’omissione, così che il rifiuto dei benefits da parte dei datori di lavoro nei confronti dei ricorrenti non rappresentava un’ “azione (ai limiti del licenziamento)”. Inoltre, quattro dei cinque dei Law Lords trovavano che la condotta dei datori di lavoro non era motivata dal “fine di prevenire, .....dissuadere....o penalizzare” i membri del sindacato, sebbene nel caso Palmer (con parole di Lord Bridge) “era chiaro che i datori di lavoro stessero cercando, attraverso un’invitante offerta, di indurre i loro dipendenti volontariamente a rinunciare alla copertura sindacale della negoziazione collettiva e, per il futuro, di accordarsi per i termini e condizioni di impiego direttamente con i datori”. Tuttavia, i sindacati avrebbero potuto offrire ai loro membri altri servizi oltre a quello di negoziazione di termini e condizioni di impiego, e l’appartenenza al sindacato non avrebbe quindi potuto identificarsi con l’uso dei servizi del sindacato per la negoziazione collettiva.
24§ Seguendo la sentenza della Camera dei Lords, i ricorrenti ritiravano i loro ricorsi innanzi al Tribunale del Lavoro, essendo stati avvisati che potevano non aver successo.

MATERIALE RILEVANTE EXTRA-CONVENZIONE 

A. La legge del Regno Unito

25§ Secondo la legge del Regno Unito il “sindacato” é ogni organizzazione composta del tutto o principalmente da lavoratori ed ha, quale fine principale, il compito di regolamentare i rapporti tra lavoratori e datori di lavoro o associazioni di datori di lavoro (sezione 1 del Trade Union and Labour Relations (Consolidation) Act 1992: “la legge del 1992” Non vi è modo di autorizzare un sindacato prima del suo riconoscimento per la negoziazione collettiva.

26§ All’epoca degli eventi in questione nel presente caso, la negoziazione collettiva era un procedimento del tutto volontario. Non vi era legge nel Regno Unito che impediva la libertà dei datori di lavoro di riconoscere o meno i sindacati al fine della negoziazione collettiva (la Legge sul Lavoro del 1980 che ha abrogato la La Legge sulla Protezione del Lavoro del 1975).
27§ La sezione 23(1)(a) della Legge sulla Protezione del Lavoro (Testo Unico) del 1978 prevedeva:

“23 (1) Ogni impiegato dovrà avere il diritto di non ricevere azioni ( ai limiti del licenziamento) prese contro di lui, come individuo, dal suo datore di lavoro per (a) prevenire o dissuaderlo dall’essere o cercare di diventare membro di un sindacato indipendente, o penalizzarlo per esserlo”

Questa disposizione fu ricostruita come sezione 146(1) della legge del 1992.
28§ Dopo la decisione della Corte d’Appello a favore dei ricorrenti, il Parlamento emanava la sezione 13 del Trade Union Reform e Employment Rights Act 1993 (Legge di Riforma Sindacale e sui Diritti del Lavoro) (“la legge del 1993 per emendare la sezione 148 della legge del 1992 prevedendo che dove “lo scopo del datore era quello di favorire un cambio di relazione con tutte o alcune classi dei suoi lavoratori” qui, a meno che l’azione del datore di lavoro era un’azione che questi ragionevolmente non avrebbe non potuto prendere, la sezione 146 (1) della legge del 1992 non prevedeva rimedi per il lavoratore.
29§ Ebbene uno sciopero dei lavoratori comporta la rottura dei loro rispettivi contratti di impiego ed indire e supportare uno sciopero da parte del sindacato comporta che questo stia commettendo il torto di portare ad una rottura del concernente contratto lavoro, la sezione 219 della legge del 1992 conferisce una protezione quando gli imputati agiscono “in ragione o a favore di un conflitto sindacale” (come definito; vedi Unison c. Regno Unito (dec.), no. 53574/99, 10 gennaio 2002).

1 - La Carta Sociale Europea 1961 

30§ L’articolo 5 della Carta Sociale prevede come segue il “diritto di organizzazione”:
“Per garantire o per promuovere la libertà dei lavoratori e dei datori di lavoro di costituire organizzazioni locali, nazionali o internazionali per la difesa dei loro interessi economici e sociali e di aderire a queste organizzazioni, le Parti Contraenti si impegnano a fare in modo che la legislazione nazionale non leda questa libertà, né sia applicata in modo da lederla . La misura in cui le garanzie previste nel presente articolo si applicheranno alla polizia sarà determinata dalla legislazione o dalla regolamentazione nazionale. Il principio dell’applicazione di queste garanzie ai membri delle forze armate e la misura in cui esse possono applicarsi a questa categoria di persone sono ugualmente determinate dalla legislazione o dalla regolamentazione nazionale”. 

31§ L’art. 6 della Carta è intitolato “Il diritto di negoziazione collettiva” e prevede:
“Per assicurare l’esercizio effettivo del diritto di negoziazione collettiva, le Parti Contraenti si impegnano:
(1) a favorire la consultazione paritetica tra lavoratori e datori di lavoro;
(2) a promuovere, quando ciò sia necessario ed utile, la istituzione di procedure di volontaria negoziazione tra i datori di lavoro e le organizzazioni dei datori di lavoro, da una parte, e le organizzazioni dei lavoratori, dall’altra, per regolare le condizioni di impiego per mezzo dei contratti collettivi; 
(3) a favorire l’istituzione e l’utilizzazione di procedure adatte di conciliazione e di arbitrato volontario per regolare i conflitti di lavoro;
e riconosce
(4) il diritto dei lavoratori e dei datori di lavoro ad azioni collettive in caso di conflitti di interesse, ivi compreso il diritto di sciopero, fermi restando gli obblighi che possano derivare dai contratti collettivi in vigore 
32§ Nel 1995 Committee of Independent Experts (Comitato di Esperti Indipendenti) costituito ai sensi dell’articolo 25 della Carta Sociale esaminava la sezione 13 della legge del 1993 per determinare se fosse coerente con l’art. 5 della Carta e osservava come segue(Conclusioni XIII-3, Consiglio d’Europa, 1996, p. 108):
“ il Comitato era dell’idea che la formulazione della sezione 148(3)(a) era così generale che l’effetto di questa previsione era che, solo in casi eccezionali il tribunale, sarebbe stato in grado di decidere che l’azione intrapresa dal datore era illecita perché violava la libertà di associazione. Considerava che questo indebolimento della protezione della libertà di associazione non era compatibile con i requisiti dell’art. 5. Faceva notare che “ lo Stato Contraente era obbligato ad adeguare la propria legislazione o prendere le altre misure necessarie a garantire l’esercizio del diritto di organizzazione, ed in particolare di proteggere le organizzazioni dei lavoratori da ogni interferenza da parte dei datori di lavoro” (vedi le più recenti Conclusioni XII-2, p. 101). Si riferiva inoltre alle sue conclusioni ex art. 6 § 2 e il suo diritto giurisprudenziale dove una prerogativa fondamentale del sindacato quale il diritto di negoziare collettivamente veniva limitata, ciò significava una violazione della vera natura della libertà del sindacato(vedi le più recenti Conclusioni XIII-2, p. 269).”
33§ Nella sua successiva relazione il Comitato ripeteva nuovamente “che i mezzi necessari vanno presi per evitare [sezione 13 della legge del 1993, inter alia]”, critiche(Conclusioni XIV-I, 1998, pp. 798 e 800):
“Il Comitato ripete la critica sollevata nelle sue precedenti conclusioni in relazione alla sezione 13 della legge del 1993 che è in contrasto con l’art. 5 della Carta perché permette ai datori di lavoro di adottare certe misure quali concedere remunerazioni privilegiate ai lavoratori per convincerli a rinunciare all’attività del sindacato e alla negoziazione collettiva…”

3 - I trattati e i rapporti della Organizzazione Internazionale del Lavoro
34§ Il Regno Unito ratificava la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (“OIL”) sulla Libertà di Associazione e Protezione dei Diritti di Organizzare, 1948 (No. 87) e la Convenzione sul Diritto di Organizzarsi e la negoziazione collettiva, 1949 (No. 98).
35§ La Convenzione N°. 87 prevede, inter alia:
“Parte I. Libertà Sindacale 
Art. 1 Ogni Stato membro della Organizzazione Internazionale del Lavoro per il quale sia in vigore questa Convenzione si impegna a dare esecuzione alle seguenti disposizioni.
Art.2 I lavoratori e i datori di lavoro hanno il diritto , senza alcuna distinzione e senza autorizzazione preventiva, di costituire delle organizzazioni di loro scelta, nonché di divenire membri di queste organizzazioni, alla sola condizione di osservare gli statuti di quest’ultime”
Art.10 Nella presente Convenzione il termine <<Organizzazione>> significa ogni organizzazione di lavoratori o datori di lavoro che abbia lo scopo di promuovere e difendere gli interessi dei lavoratori o dei datori di lavoro.
Parte II. Protezione del Diritto di Organizzarsi
Art.11 Ogni membro della Organizzazione Internazionale del Lavoro per il quale sia in vigore la presente Convenzione si impegna ad adottare tutte le misure necessarie ed appropriate al fine di garantire ai lavoratori e ai datori di lavoro il libero esercizio del diritto di organizzarsi.”
36§ La Convenzione N° 98 prevede, inter alia:
Art.1 1 I lavoratori devono beneficiare di adeguata protezione contro tutti gli atti di discriminazione antisindacale nei confronti del loro lavoro. 
2 Tale protezione dovrà essere applicata con particolar attenzione per le azioni volte a:
a) subordinare l’impiego di un lavoratore alla condizione che egli non aderisca ad un sindacato o smetta di far parte di un sindacato;
b) licenziare un lavoratore o portargli pregiudizio con ogni altro mezzo, a causa della sua affiliazione sindacale o della sua partecipazione ad attività sindacali al di fuori delle ore di lavoro o, con il consenso del datore di lavoro, durante le ore di lavoro. 
Art.3 dovranno essere creati i organismi adeguati appropriati a seconda delle condizioni nazionali, dove necessario, al fine di garantire il rispetto del diritto di organizzazione come definito dai precedenti articoli.
Art.4 Devono essere adottate misure adeguate a seconda delle condizioni nazionali, dove necessario, per incoraggiare e promuovere il completo sviluppo e l’utilizzo del meccanismo per la negoziazione volontaria tra datori di lavori o le loro organizzazioni e quelle dei lavoratori, per regolamentare i termini e le condizioni di lavoro attraverso gli accordi collettivi”.
37§ La Commissione dell’OIL sulla Libertà di Associazione aveva considerato la sezione 13 del la legge del 1993 nel contesto del caso di presunta pressione pianificata per il disconoscimento di due sindacati in un acciaieria in Inghilterra, e l’assenza di ogni rimedio nell’ambito del diritto nazionale (Caso N° 1852, 309mo Rapporto del Comitato sulla Libertà di Associazione, Vol. LXXXI, 1998, Serie B, N° 1). il Comitato concludeva come segue (§§ 337 e 341):
“337. Ricordando che la negoziazione collettiva, per essere efficace, deve essere volontaria e non comportare ricorsi a misure costrittive che altererebbero la natura di volontarietà di detta negoziazione, il Comitato considerava che l’autorità competente avrebbe dovuto, in ogni caso, avere il potere di procedere ad un’obbiettiva verifica di ogni reclamo da parte del sindacato che rappresenta la maggioranza dei lavoratori di un’impresa, prevedeva che tale reclamo appare essere plausibile e che se il sindacato di specie è quello di maggioranza, le autorità dovrebbero prendere apposite misure di conciliazione per ottenere il riconoscimento da parte dei datori di lavoro del sindacato per la negoziazione collettiva. (vedi Digesto, op. cit., paragrafi 845 e 824). Anche se secondo le osservazioni del Governo la negoziazione collettiva è un’opzione per il datore di lavoro , il Comitato conclude che, in questo particolare caso, (il datore di lavoro) ha by-passato le organizzazioni rappresentative e ha intrapreso una diretta trattativa individuale con i lavoratori, contrariamente al principio che prevedere che la negoziazione collettiva tra datori e organizzazioni dei lavoratori va incoraggiata e promossa. Il Comitato nota con interesse l’indicazione del Governo che si sta preparando la Carta Bianca sull’equità al lavoro, con un occhio sul riconoscimento del sindacato. Il Comitato spera che ogni scaturente legge sarà di incoraggiamento per i datori di lavoro per riconoscere le rappresentative organizzazioni di lavoratori e richiede al Governo di tenerla informata su ogni progresso a riguardo.
341. Infine, con riguardo alla precedente argomentazione del Governo in relazione alla rilevanza della sezione 13 della legge del 1993, il Comitato può solo statuire che, in assenza di più dettagliate risposte sul caso di specie basate su una minuziosa e indipendente investigazione, non è in grado di giudicare sulla pertinenza della sezione 13 nel caso in questione. Esso comunque vorrebbe ricordare che era il Governo che aveva avanzato la questione sulla sezione 13 nella sua iniziale replica a questo reclamo e che le conclusioni raggiunte dal Comitato sono state basate totalmente su quelle del precedente caso presentato contro il Governo del Regno Unito per la presunta lesione dei diritti sindacali (vedi 294mo Rapporto, Caso No. 1730) dove essa aveva invitato il Governo a riconsiderare la sezione 13 consultando i partners sociali dato che considerava che questa condizione poteva seriamente costituire un mezzo per incoraggiare e promuovere l’intero sviluppo e l’utilizzazione dei mezzi per la negoziazione volontaria dei termini e delle condizioni di lavoro per mezzo degli accordi collettivi, come previsto dall’art. 4 della Convenzione n. 98 (ratificata dal Regno Unito). A tal proposito, il Comitato ricorda che la sezione 13 prevede un tribunale, quando considera un reclamo per azione effettuata da un datore di lavoro con lo scopo di prevenire o dissuadere un lavoratore ad essere o divenire membro di un sindacato indipendente, di considerare principalmente lo scopo del datore di lavoro di produrre un cambio nelle relazioni con i lavoratori e il Comitato concludeva che questa sezione limitava considerevolmente la competenza del tribunale di decidere se tale azione fosse una violazione della sezione 146 riguardante l’azione simile al licenziamento (vedi 294° Rapporto, Caso N° 1730, par. 199). Il Comitato non considera che i possibili effetti della sezione 13 siano cambiati a riguardo e vorrebbe di conseguenza nuovamente che il Governo facesse passi avanti per emendare questa sezione in modo che garantisca un’adeguata protezione alle organizzazioni dei lavoratori dalle azioni di interferenza da parte del datore di lavoro e in modo che non scaturisca di fatto nel disconoscimento della negoziazione collettiva. Richiede al Governo di tenerla aggiornata a riguardo.”
Il Comitato , inter alia, (e le sue raccomandazioni venivano approvate dal Governing Body dell’OIL):
“(a) Notando con interesse le indicazioni del Governo che sta preparando una Carta Bianca sulla giustizia del lavoro, con particolare attenzione ai sindacati, il Comitato esprime la speranza che ogni futura legislazione avrà l’effetto di incoraggiare il riconoscimento da parte del datore di lavoro delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori e richiede al Governo di tenerla informata sui progressi fatti a riguardo.
(e) Il Comitato nuovamente invita il Governo ad attivarsi per emendare la sezione 13 della legge sulla Riforma dei Sindacati e dei Diritti del Lavoro in modo tale che assicurino alle organizzazioni dei lavoratori un’adeguata protezione dagli atti di interferenza del datore di lavoro e che ciò non abbia come risulatto quello di scoraggiare la negoziazione collettiva . Essa richiede al Governo di tenerla informata a riguardo.”
DIRITTO 

I. SULLA PRETESA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 11 DELLA CONVENZIONE

38§ I ricorrenti lamentavano che la legge applicabile nel Regno Unito al tempo in questione non garantiva i loro diritti ex art 11 della Convenzione, che prevedeva come segue:
“1. Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà d'associazione, ivi compreso il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire ad essi per la difesa dei propri interessi.
2. L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, ……..per la protezione dei diritti e delle libertà altrui…..”
A. A - Le argomentazioni delle parti 
39§ Il Governo si basava sulla giurisprudenza della Corte e sosteneva che l’art.11 non prevedeva un diritto alla negoziazione collettiva e per i membri del sindacato un diritto di ricevere gli stessi benefici accordati agli altri impiegati che hanno rinunciato a farsi rappresentare dai sindacati. Se il Governo obbligasse i datori a concedere gli stessi benefici a tutti i lavoratori, indipendentemente dall’appartenenza al sindacato, verrebbe a mancare il fine dei differenti sindacati di impegnarsi nella negoziazione collettiva per raggiungere migliori termini e condizioni per i loro membri. Il Governo sosteneva che, secondo il diritto interno all’epoca dei fatti, i sindacati avevano la libertà di agire per proteggere gli interessi dei propri membri. Lo spirito del sistema volontario di riconoscimento e di negoziazione collettiva, così come applicato nel Regno Unito, era che restava disponibile ad ogni parte per persuadere gli altri che il riconoscimento sarebbe consentito e che la negoziazione collettiva sugli accordi raggiunti poteva aver luogo. Dove un particolare sindacato non era riconosciuto dal datore, questo aveva la facoltà di agire, anche con lo sciopero, per persuadere il datore a riconoscerlo in relazione al fine della negoziazione collettiva (questo ricadrebbe nella definizione di “trade dispute” “controversie sindacali” prevista dalla sezione 219 del “la legge del 1992”: vedi par. 29 su riportato).
40§ I ricorrenti sostenevano che il diritto di essere membri del sindacato “per la protezione dei propri interessi” ex articolo 11 necessariamente includeva il diritto di ogni lavoratore (1) di essere rappresentato dal suo sindacato nella negoziazione con il datore di lavoro, e (2) di non essere discriminato per la scelta di usufruire del diritto di essere rappresentato. In merito a ciò, i ricorrenti riportavano le conclusioni e le raccomandazioni del Comitato di Esperti secondo la Carta Sociale Europea e della il Comitato OIL sulla Libertà di Associazione (vedi i su citati paragrafi 32-33 e 37), ossia che il diritto di rappresentazione del sindacato è insito nel diritto di partecipazione al sindacato (come previsto dall’Art. 5 della Carta e della Convezione dell’OIL).
Comunque, la sentenza della Camera dei Lords fece sì che la legge interna proteggesse di per sé solo il diritto di iscriversi al sindacato, e nessuna peculiarità dell’esser soci, come la rappresentazione collettiva nella negoziazione contrattuale. A meno che non si fosse potuto dimostrare che un datore di lavoro agisse con l’intenzione di prevenire, dissuadere e penalizzare la semplice partecipazione al sindacato, non vi era nulla per prevenire la discriminazione del datore nei confronti del lavoratore che scelga di avvantaggiarsi di uno dei servizi del sindacato, come la rappresentazione collettiva. 

B - La valutazione della Corte
1 I Principi generali
41§ La Corte osserva all’inizio che sebbene l’essenza della natura dell’art. 11 fosse quella di proteggere l’individuo rispetto all’arbitraria interferenza delle pubbliche autorità nell’esercizio dei diritti protetti, ci dovrebbero essere inoltre obblighi positivi per assicurare l’effettivo godimento di questi diritti. Nel caso di specie, i problemi lamentati dai ricorrenti – principalmente, il disconoscimento da parte dei datori di lavoro dei sindacati per la negoziazione collettiva e le offerte di migliori condizioni di impiego per i lavoratori che accettassero di non essere rappresentati dai sindacati- non prevedevano un intervento diretto dello Stato. La responsabilità del Regno Unito, si radica nel fatto che questi si sarebbe dovuto occupare di verificare se questi problemi nascessero da una mancanza di protezione nel diritto interno dei diritti previsti dall’art.11 della Convenzione (vedi sentenza Gustafsson c. Svezia del 24 Aprile 1996, Reports of Judgments and Decisions 1996-II, § 45).
42§ La Corte ricorda che l’art. 11 § 1 rappresenta la libertà dei sindacati come una forma o un aspetto della libertà di associazione (vedi sentenza National Union of Belgian Police -Unione Nazionale della Polizia Belga- c.. Belgio del 27 ottobre 1975, Serie A n° 19, § 38, e sentenza Swedish Engine Drivers Union -Sindacato Svedese dei Conduttori di locomotive c. Svezia del 6 febbraio 1976, Serie A n° 20, § 39). Le parole “per la difesa dei propri interessi” nell’ Art. 11 § 1 non sono superflue e la Convenzione salvaguarda la libertà di proteggere l’interesse dei membri del sindacato all’attività di questo, la condotta e lo sviluppo del quale gli Stati Contraenti devono permettere e rendere possibile. Il sindacato deve quindi essere libero di adoperarsi per la tutela degli interessi dei suoi membri, e i singoli membri devono avere il diritto, in modo da proteggere i loro interessi, che i sindacati siano ascoltati (vedi la su menzionata sentenza della Polizia Belga, §§ 39-40, e la su menzionata sentenza dei Conduttori Svedesi di locomotive, §§ 40-41). L’art 11 non stabilisce nessun particolar trattamento dei sindacati o dei loro membri e lascia ad ogni stato la libera scelta del modo di assicurare il diritto ad essere ascoltati. (vedi la su menzionata sentenza della Polizia Belga, §§ 38-39, e la su menzionata sentenza dei Conduttori Svedesi di locomotive, §§ 39-40). 
43§ La Corte fa presente, che al tempo dei fatti lamentati dai ricorrenti, la legge del Regno Unito prevedeva un sistema totalmente volontario di negoziazione collettiva, senza obbligo legale per i datori di lavoro di riconoscere i sindacati al fine della negoziazione collettiva. Non esisteva dunque alcun ricorso in diritto di cui i ricorrenti avrebbero potuto avvalersi nella presente fattispecie per impedire ai loro datori di lavoro di disconoscere il loro sindacato e di rifiutare di rinnovare gli accordi della negoziazione collettiva (vedi par. 12, 16, 19 e 26 su detti).
44§ Comunque, la Corte ha costantemente creduto che benché la negoziazione collettiva fosse una delle vie attraverso la quale i sindacati potessero tutelare gli interessi dei propri membri, ciò non era indispensabile per l’effettivo godimento della libertà sindacale. L’obbligatorietà della negoziazione collettiva avrebbe imposto ai datori l’obbligo di condurre la negoziazione con i sindacati. La Corte non era ancora preparata a considerare che la libertà del sindacato di far sentire la propria voce si estendesse fino all’imporre al datore il riconoscimento del sindacato. Il sindacato ed i suoi membri devono comunque essere liberi, in un modo o nell’altro, di cercare di persuadere il datore di lavoro ad ascoltare ciò che hanno da dire in favore dei propri assistiti. In considerazione del carattere delicato delle questioni sociali e politiche che implica il raggiungimento di un giusto equilibrio tra gli opposti interessi e degli ampi gradi di divergenza tra i sistemi interni, in questo campo gli Stati Contraenti godono di un ampio margine di apprezzamento su come la libertà del sindacato possa essere garantita (vedi la sentenza dei Conduttori Svedesi di locomotive, la sentenza Gustafsson , § 45 e Schettini e altri c. Italia (dec.), n° 29529/95, 9 Novembre 2000).
45§ La Corte osserva che non vi erano altri mezzi disponibili per i sindacati ricorrenti con i quali avrebbero potuto difendere gli interessi dei loro membri. Nella specie, il diritto interno conferiva protezione al sindacato che proclamava o supportava uno sciopero “per preparare o sostenere una controversia di lavoro ” (vedi suddetto paragrafo 29). La concessione del diritto di sciopero, mentre sarebbe soggetta ad una regolamentazione, rappresenta uno dei più importanti mezzi attraverso il quale lo Stato possa assicurare la libertà sindacale di proteggere gli interessi occupazionali dei membri (vedi sentenza Schmidt e Dahlström c. Svezia 6 Febbraio 1976, Serie A n° 21, § 36, e la su citata decisione Unison). La Corte non considera che l’assenza nel diritto Britannico di un obbligo da parte dei datori di lavoro di partecipare alla negoziazione collettiva dia luogo, di per sé, ad una violazione dell’art. 11 della Convenzione. 
46§ La Corte si trova d’accordo con il Governo nel ritenere che il sistema volontario della negoziazione collettiva deve prevedere la possibilità per il sindacato non riconosciuto dal datore di lavoro di attivarsi, anche se necessario, organizzando scioperi, al fine di convincere il datore di lavoro ad avviare la negoziazione collettiva su quei problemi che il sindacato ritiene importanti per gli interessi dei suoi membri. Inoltre, il diritto di partecipare ad un sindacato per la protezione dei propri interessi significa che i lavoratori possano essere liberi di dare ordine o permettere al sindacato di rappresentarli davanti al datore e prendere provvedimenti per favorire i loro interessi. Se ai lavoratori viene impedito ciò, il loro diritto di appartenenza al sindacato, per la protezione dei propri interessi, diviene irreale. E’ compito dello Stato assicurare che ai membri del sindacato sia permesso di farsi rappresentare dal sindacato nel tentativo di regolamentare le loro relazioni con i datori di lavoro.
47§ Nel caso in esame, era concesso ai datori di lavoro cercare di frustrare ogni protesta da parte del sindacato e dei suoi membri contro l’imposizione di limiti alla volontaria negoziazione collettiva, offrendo considerevoli aumenti di stipendio ai lavoratori che accettavano l’estinzione della negoziazione collettiva, che non provvedevano o rifutavano di firmare i contratti accettando la fine della rappresentanza sindacale. Il risultato di ciò era che la legge del Regno Unito permetteva ai datori di lavoro di trattare con meno favore i lavoratori che non rinunciavano alla libertà sindacale, che costituisce un aspetto essenziale dell’appartenenza ad un sindacato. Tale condotta comportava un disincentivo o freno dell’utilizzo da parte dei lavoratori dei sindacati per tutelare i propri interessi. In ogni modo, come la sentenza della Camera dei Lords aveva chiarito, il diritto interno non impediva al datore di lavoro di offrire un incentivo a coloro che rinunciavano al diritto di rappresentanza sindacale, anche se lo scopo ed il risultato fosse quello di porre fine alla negoziazione collettiva e di ridurre il potere del sindacato, a meno che non agisse con il chiaro intento di impedire o dissuadere il lavoratore semplicemente dall’esser membro del sindacato.
48§ Secondo la legge del Regno Unito, all’epoca dei fatti, era possibile inoltre che il datore di lavoro effettivamente minasse o frustasse la facoltà del sindacato di adoperarsi per la protezione degli interessi dei suoi membri. La Corte fa presente che questo aspetto del diritto interno è stato oggetto di critica da parte del Comitato degli Esperti Indipendenti della Carta Sociale (Social Charter's Committee of Independent Experts) e del Comitato OIL sulla Libertà di Associazione (vedi sopra paragrafi 32-33 e 37 ). Essa considera che, permettere ai datori di lavoro di usare incentivi economici per indurre i lavoratori a rinunciare ad importanti loro diritti, era una grave mancanza da parte dello Stato che aveva l’obbligo di assicurare il godimento di questi diritti ex art. 11 della Convenzione. Tale mancanza comporta una violazione dell’art. 11, sia per quanto riguarda i ricorrenti individuali che per i sindacati ricorrenti.
II. PRETESA VIOLAZIONE DELL’ART.10 DELLA CONVENZIONE
49§ I ricorrenti lamentavano altresì che la legge del Regno Unito non proteggeva i loro diritti ex art 10 della Convenzione, che nella misura in cui rileva così prevede:
“1 . Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. ….
2. L'esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, …., per la protezione…. dei diritti altrui……”
50§ I ricorrenti lamentavano un’interferenza nella loro libertà di possedere opinioni, l’opinione in questione era che il lavoratore avesse la libertà di scegliere di essere rappresentato dal sindacato nella negoziazione col datore. La Corte non considera, ad ogni modo, che vi siano ulteriori problemi ex art. 10 che non siano già stati trattati in merito all’art 11 della Convenzione. Pertanto non è necessario esaminare separatamente questa doglianza.
III PRETESA VIOLAZIONE DELL’ART. 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATO CON GLI ARTICOLI 10 E 11
51§ Infine, i singoli ricorrenti lamentavano che il diritto interno aveva permesso ai datori di lavoro di discriminarli sottraendo loro il vantaggio di essere rappresentati dai loro sindacati. Invocavano pertanto gli artt. 10 e 11 della Convenzione in relazione all’art 14, che statuisce:
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione”
52§ In ogni modo, visto quanto detto in relazione all’art.11, la Corte non ritiene necessario di esaminare questa doglianza.
IV. APPLICAZIONE DELL’ART. 41 DELLA CONVENZIONE
53§ L’art. 41 della Convenzione prevede che:
“Se la Corte dichiara che vi e stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando è il caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa”
54§ La Corte ricorda che il principio sottostante la previsione dell’equa riparazione è che il ricorrente avrebbe avuto un vantaggio se la violazione della Convenzione non si fosse verificata. La Corte prevederà una compensazione monetaria ex art. 41 solo quando sia convinta che le perdite e i danni lamentati siano stati realmente causati dalla violazione, in quanto lo Stato non può pagare danni che non ha provocato (vedi, mutatis mutandis, Kingsley c. Regno Unito [GC], no. 35605/97, § 40, ECHR-2002).
A. Pretese dei ricorrenti individuali
1 - Danno patrimoniale 
55§ I ricorrenti individuali reclamavano l’indennizzo per la perdita di guadagno, ossia la perdita degli aumenti di stipendio che furono concessi ai loro colleghi che sottoscrissero i contratti individuali. Le domande su questo capo variano approssimativamente tra Sterline 1.300 e Sterline 14.200.
56§ Il Governo sosteneva che questa richiesta era errata, perché se il diritto interno avesse vietato ai datori di lavoro di offrire incentivi in cambio dell’accettazione di non prendere parte alla negoziazione collettiva, il risultato ovvio sarebbe stato che il datore di lavoro non avrebbe offerto incentivi economici a nessuno dei lavoratori.
57§ La Corte si trova d’accordo con il Governo, ed in merito al principio indicato nel suddetto paragrafo 54 rigetta le richieste individuali dei ricorrenti a titolo di danni patrimoniali .
2 - Danni non patrimoniali
58§ I ricorrenti individuali chiedevano risarcimento per i torti da loro sofferti a seguito della violazione. Reclamavano di aver avuto provata umiliazione e perdita di stato per aver dovuto effettuare lo stesso tipo di lavoro dei propri colleghi in cambio di uno stipendio minore, e di aver subito frustrazioni, stress, stato d’ansia per l’impossibilità dei propri sindacati di proteggerli, reclamavano la mancanza nel diritto interno di tutela dei loro interessi e la lunghezza dei vari procedimenti nel Regno Unito e dinnanzi agli organi della Convezione. Per questo i ricorrenti individuali richiedevano 10.000 sterline ognuno.
59§ Il Governo sosteneva l’infondatezza di dette pretese. Inoltre anche se tale comportamento fosse stato in grado di produrre danni di angoscia emotiva per la semplice interferenza, è più probabile che i ricorrenti, ognuno di loro esercitava una libera scelta nel punto del principio, non abbiano sofferto nessuna difficoltà emozionale. Visto che i ricorrenti non avevano presentato nessun reclamo ex art 6 § 1 della Convenzione circa la lunghezza dei procedimenti, e visto che la Corte non ha determinato chi fosse responsabile di tale lunghezza, non era possibile per loro avere compensazione a riguardo.
60§ La Corte ricorda che le pretese per l’equa riparazione debbano, in generale, essere supportate da prove indipendenti. Cosí, l’Art. 60 § 2 del Regolamento della Corte prevede che: 
“La Parte contraente ricorrente od il ricorrente devono quantificare e prospettare per voci analitiche tutte le loro pretese, alle quali devono unire i giustificativi necessari, in mancanza di ciò la Camera può rigettare la domanda, in tutto o in parte.”.

Tuttavia qualche danno non patrimoniale, inclusa l’angoscia emotiva, per la sua natura non puó sempre essere provato concretamente ( vedi Abdulaziz Cabales e Balkandali contro Regno Unito sentenza 28 maggio 1985, Serie A n. 94 § 96). Ció non impedisce alla Corte di liquidarlo se ritiene ragionevole che un ricorrente abbia patito un danno per il quale richiede un indennizzo economico.
61§ La Corte ritiene valida l’argomentazione che, avendo esercitato una libera scelta su un principio ideologico, è difficile credere che i ricorrenti abbiano sofferto umiliazioni e perdita di status. Tuttavia la violazione ed il susseguente inefficace tentativo di presentare questo diritto dinanzi ai giudici nazionali deve aver causato ai ricorrenti una giustificabile collera, frustrazione e angoscia emotiva. La Corte ritiene che in via equitativa ogni singolo ricorrente deve essere risarcito con 7.730 Euro a tale riguardo.

C - Pretese dei Sindacati Ricorrenti
62§ I sindacati ricorrenti richiedevano un indennizzo per le perdite che loro ritenevano susseguenti a questa situazione, creata dalla violazione in questo caso, che a loro era impossibile proteggere efficacemente gli interessi dei loro membri. Ogni sindacato reclamava per la perdita di reddito causata dal calo di soci della Associated Newspapers e Associated British Ports rispettivamente di Sterline 178.363 per il NUJ e Sterline 298.264 per il NURMTW. Ogni sindacato in aggiunta sosteneva di dover esser risarcito di 100.000 Sterline per indennizzare la perdita della sua credibilitá e del suo status.
63§ Il Governo sosteneva che i sindacati ricorrenti non avevano subito nessuna destabilizzazione e che non vi fosse collegamento tra la non particolareggiata ed infondata perdita e la richiesta di indennizzo. Precisava che i livelli dei membri dei sindacati sono inevitabilmente danneggiati da una gamma di fattori, incluso il livello di impiego nelle industrie in questione
64§ La Corte non ritiene che le perdite lamentate dai sindacati ricorrenti siano state causate dalla violazione accertata in questo caso. Rigetta perciò la richiesta di indennizzo monetario per danno patrimoniale e non patrimoniale avanzata dai sindacati ricorrenti.

C. Spese legali 
65§ I sindacati hanno pagato le spese legali dei ricorrenti individuali e oltre alle proprie dinnanzi alle Corti e Tribunali nazionali, oltre alle spese dei ricorrenti individuali dinnanzi agli organi della Convenzione. Richiedono perciò rimborso di queste spese oltre l’I.V.A. cosi come segue:
(1) spese del primo ricorrente dei procedimenti dinnanzi le Corti del Regno Unito, innanzi al Tribunale del Lavoro e alla camera dei Lords: Sterline 85.172,23;
(2) spese del terzo e del quarto ricorrente per i procedimenti dinnanzi al Tribunale del Lavoro e alla Camera dei Lords: Sterline 73.633,76;
(3) spese per i ricorrenti dal quinto al dodicesimo dinnanzi al Tribunale del Lavoro Sterline 3.865,75;
(4) spese totale pagate dal primo, terzo e quarto ricorrente ai loro datori di lavoro a seguito della sentenza della Camera dei Lords: Sterline 159.915,46;
(5) Costi e spese del primo e secondo ricorrente innanzi agli organi della Convenzione: Sterline 98.700,89;
(6) Costi e spese dei ricorrenti dal terzo al tredicesimo innanzi agli organi della Convenzione: Sterline 51.229,85 .
66§ Il Governo sosteneva che i ricorrenti non erano legittimati ad essere rimborsati di nessuna parte delle spese per i processi interni, perché questi procedimenti non concernevano i problemi esaminati sotto il profilo della Convenzione. In ogni modo, il Governo precisava che, non avendo i ricorrenti prodotto nessuna prova dei costi per i processi interni, la Corte non poteva liquidare questa voce. Inoltre, il Governo sosteneva che i ricorsi per le spese dei procedimenti dinnanzi alla Convezione non erano supportate da nessuna prova su come queste spese fossero avvenute. Se la Corte desiderasse nonostante tutto liquidarle 20.000 Sterline sarebbero piú che sufficienti.
67§ La Corte ricorda che il riconosciuto principio in relazione alle spese per processi interni prevede che un ricorrente debba essere risarcito dei costi sostenuti realmente e necessariamente per prevenire o rimediare alla violazione della Convenzione riconosciuta dalla Corte, nei limiti che le spese siano di un ammontare ragionevole (vedi la su menzionata sentenza Kingsley § 49). Essa considera che il problema nei processi interni, ossia che fosse necessario rinunciare al diritto di essere rappresentati dal sindacato per ricevere un aumento equivale ad un “azione (simile al licenziamento) con lo scopo di prevenire o dissuadere” di associarsi ad un sindacato, era sufficientemente simile a quella derivata dall’art 11 per giustificare il principio dell’indennizzo per i ricorrenti dei costi per i procedimenti interni. Era ragionevole per i ricorrenti insistere che la Legge del 1978 non avrebbe permesso un azione del datore di lavoro che fosse in contrasto con i diritti dell’art.11.
68§ Comunque, come detto sopra nel paragrafo 60, tutte le pretese per l’equa riparazione l’indennizzo devono essere particolareggiate e supportate da prove, altrimenti la Camera puó rigettare il ricorso in toto o in parte. I ricorrenti non hanno presentato conti particolareggiati delle spese alla Corte in relazione ai loro ricorsi. Senza dettagli del lavoro fatto e delle tariffe orarie, con riferimento al quantum non è possibile per la Corte determinare comunque i costi che necessariamente sono avvenuti. Ciò considerato la Corte liquida solo un totale di Euro 76.500 per le spese dei ricorrenti dinnanzi ai Tribunale interni, oltre ogni tipo di tassa I.VA. che deve essere pagata.
69§ Le richieste dei ricorrenti per le spese sostenute dinnanzi agli organi della Convenzione sono ugualmente non particolareggiate e non provate. La Corte liquida Euro 45.750 su questo punto oltre ogni tipo di tassa I.VA. che deve essere pagata.
D - Interessi Moratori
70§ Secondo le informazioni di cui dispone la Corte, il tasso di interesse legale applicabile nel Regno Unito alla data di emanazione della presente sentenza é il 7,5% annuo
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE ALL’UNANIMITA’
1. Dichiara che vi é stata una violazione dell’art 11 della Convenzione;
2. Dichiara che non é necessario esaminare separatamente le doglianze sotto il profilo dell’articolo 10 della Convenzione o dell’art.14 della Convenzione combinato con gli articoli 10 e 11;
3. Dichiara (a) che lo Stato convenuto deve versare, entro 3 mesi, le seguenti somme:
(i) 7.730 Euro (settemilasettecentotrenta euro), ad ogni ricorrente individuale per danni non patrimoniali;
(ii) 76.500 Euro (settantaseimilacinquecento euro) ai sindacati ricorrenti per le spese legali dei procedimenti interni, oltre ogni tassa I.VA. che deve essere pagata;
(iii) 45.750 Euro (quarantacinquemilasettecentocinquanta euro) ai sindacati ricorrenti per le spese dei processi innanzi agli organi della Convenzione oltre ogni tassa I.VA. che deve essere pagata;
(b) che l’interesse semplice del 7,5% annuo deve essere pagato dalla scadenza dei su menzionati 3 mesi sino al versamento
4. Rigetta il resto delle richieste dei ricorrenti per equa soddisfazione.
Redatta in inglese e comunicata per iscritto il 2 luglio 2002 in applicazione all’Art. 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte
J.P. COSTA (Presidente)
S. DOLLE’ (Cancelliere di Sezione) 
Ai sensi dell’articolo 42 § 2 della Convenzione e dell’Art. 74 § 2 del Regolamento della Corte, la seguente concorde opinione del Sig. Gaukur Jörundsson é parte integrante della sentenza
CONCORDE OPINIONE DEL GIUDICE GAUKUR JÖRUNDSSON
L’art. 11 protegge il diritto di chiunque di formare e partecipare ai sindacati “per la difesa dei suoi interessi”. E’ in questa espressione “per la difesa dei suoi interessi” che si richiama la speciale attenzione e la considerazione nel presente caso.
E’ importante notare che per il Sindacato Nazionale della Polizia Belga sentenza 27 ottobre 1975(Serie A n. 19) e per il Sindacato Svedese dei Conduttori di locomotive sentenza 6/2/1976 (Serie A no. 20), la Corte arrivava al punto di dichiarare che le parole “per la protezione dei propri interessi” non fossero superflue. La Corte dichiaró che la Convenzione salvaguarda la libertà di proteggere gli interessi occupazionale dei membri dei sindacati attraverso l’azione sindacale, la condotta e lo sviluppo dei quali gli Stati Contraenti devono entrambi permettere e rendere possibile. Esso sottolineava che i membri del sindacato hanno il diritto “in modo da proteggere i loro interessi, che i sindacati possano essere ascoltati”. La Corte trovó che il diritto di essere ascoltati era soddisfatto dal fatto che, in questi casi, era possibile per i sindacati rappresentativi “di presentare ricorsi, per rappresantare la protezione degli interessi dei [loro] membri o di parte di questi...” (§§ 39, 40 nel caso Belga; §§ 40, 41 nel caso Svedese; la citazione è presa dal caso Svedese).

E’, comunque, chiaro che questo diritto di essere ascoltati è limitato. Nel su menzionato caso Belga La Corte accennó che il diritto di essere ascoltato non supponeva ancora un diritto ad essere consultati e, le caso Svedese, che il diritto di essere ascoltato non implicava un diritto per i sindacati ricorrenti di essere autorizzati a partecipare alla negoziazione collettiva con i datori di lavoro.
Rimane il fatto che il processo ha chiaramento concluso che il diritto di essere ascoltati è tutelato dall’art 11. Si puó dire, quindi, che questo diritto è il minimo che dovrebbe essere protetto. Questa interpretazione è supportata dalla Carta Europea Sociale del 1961 e dalla Convenzione (No. 87) del 1948 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sulla Libertà di Associazione e Protezione dei Diritti di Organizzare, e dalla Convenzione del 1949 (No. 98) sul Diritto di Organizzarsi e la Negoziazione Collettiva.. (vedi paragrafi 30-37 della sentenza nel presente caso).
La situazione legale interna in discussione in questo caso oltre quella del caso Belga e di quello Svedese spoglia i sindacati del potere di proteggere gli interessi dei loro membri. Il diritto interno permette ai datori di lavoro di ignorare tutte le rappresentanze dei sindacati in favore dei loro membri, e, inoltre, di usare incentivi economici per indurre i lavoratori a rinunciare ad importanti diritti sindacali. Lo stato convenuto ha quindi, secondo me, mancato di attuare l’obbligo positivo che assicurasse il godimento dei diritti ex art. 11 della Convenzione. Ció, di conseguenza, comporta una violazione dell’art 11 a discapito dei sindacati ricorrenti e dei ricorrenti individuali.